
Lettere al direttore
Mani pulite, Sanremo e simpatici abbonati no vax e “complottisti”

Gentile direttore, ho letto con interesse il servizio di copertina del numero di gennaio 2022 (“Mani pulite, Mani legate”) sul devastante tramonto della stagione di Tangentopoli. Condivido buona parte delle analisi fatte ma mi chiedo se il tramonto della politica, che anche nei giorni dell’elezione del presidente della Repubblica è apparso con una nitidezza abbagliante, non sia dovuto soprattutto ad una crisi profonda che è al tempo stesso morale e sociale del nostro Paese. Se non ci sono più i politici della prima Repubblica che hanno fatto grande l’Italia non penso dipenda solo dal fatto che sono stati spazzati via dal tintinnio delle manette di Di Pietro & company ma anche dal fatto che non esiste più l’Italia che ha formato schiere di persone appassionate al bene comune, da Andreotti e Berlinguer per citare due fra quelle del periodo in cui sono diventato adulto. Un’Italia che aveva visione, passioni, ideali. Costituita da persone che certo hanno commesso errori (come tutti) ma che avevano una statura morale che le fa apparire dei giganti rispetto a quasi tutti i parlamentari di oggi. Non l’Italia populista, ripiegata su se stessa e individualista che ha smarrito la tensione a costruire una società migliore. I politici di oggi, secondo me, sono figli della mancanza di ideali, di un Paese senza nerbo e senza valori più che della stagione infausta di Mani Pulite. Quel Paese però siamo noi. E allora sentiamoci tutti chiamati in causa se abbiamo ridotto l’Italia a quello che oggi politicamente è. Cordiali saluti.
Alberto Federici
Caro Alberto, condivido il giudizio sulla nostra attuale classe politica e anche il fatto che occorra interrogarsi, tutti quanti, sul declino morale del paese (fatta la tara a una certa retorica sull’età dell’oro della prima Repubblica, è vero che ognuno ha i politici che si merita). Resta il fatto che Tangentopoli fu una cesura tra quel periodo e questo, una “rivoluzione” che spazzò via i partiti, introdusse il germe del sospetto sistematico, rese difficile, se non impossibile, molte riforme di cui il Paese ha ancora bisogno. Di queste e altre cose parleremo nell’incontro online “Mani pulite 30 anni dopo. Una stagione finita ma non risolta” (giovedì 10 febbraio, 21.15. Con Frank Cimini, Lorenzo Castellani, Lodovico Festa).
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Risposta a Gloria Amicone (“Da dove arriva tutta questa aridità? Lettera su Sanremo”). La domanda non è tanto da dove arriva tutta questa aridità, ma semmai da dove arriva tutta la vitalità. E soprattutto perché non è riuscita a sfondare il gap di generazione e ad esserci trasmessa. La loro vitalità non ci intercetta più, non riesce a dialogare con la nostra aridità. La nostra aridità ci sembra più reale, la loro vitalità solo un bagliore in lontananza che niente ha a che vedere col vuoto che ci divora dentro, con l’incapacità ad esprimerci. Non riescono neanche a vederlo il vuoto che ci brucia dentro. Allora, cara amica, la domanda vera è: c’è qualcuno che vede questo mio vuoto? C’è qualcuno che può riempire questo vuoto e dare acqua a questa aridità? Altrimenti è solo rimpianto e lamento per non essere più quella generazione. Ma io non scambierei il mio vuoto, la mia aridità, con la vitalità di un altro. Non rimpiango di non essere qualcuno che non sono. Non invidio i vitali. Resto con la mia aridità e attendo che arrivi una goccia d’acqua a dissetarmi.
Patrizia Vergni
Cara Patrizia, non mi pare che l’articolo di Gloria scadesse nel lamento e nel rimpianto, anzi. Mi pare ponesse senza infingimenti una domanda vera e radicale. A me è piaciuto moltissimo.
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TG3, tutto fa brodo cioè audience e politicamente corretto. Porto l’attenzione alle sequenze del brano di telegiornale su Rai Tre che ho ascoltato il 7 febbraio, alle 19. Stessi i tempi dedicati alle tre sequenze. Si parte da un commento molto laudativo sulle parole del Santo Padre, con approfondimenti sulla bella storia di solidarietà di un piccolo borgo che ha pagato il rientro per morire a un giovane migrante malato di cancro, dunque si loda l’aiuto a una persona in estrema debolezza. Subito dopo, sull’onda della pietà, siamo invitati a commuoverci per un altro tipo di sofferenza, per un’altra persona in stato di debolezza: è una giovane che soffre perché rischia di non poter, a causa degli ospedali, abortire subito e, pertanto, (parole sue) di sentire la sofferenza del bambino che cresce dentro di lei (sic). Da qui parte uno sproloquio con tanto di slide sui casi di aborto richiesti e non eseguiti, con la correttezza un po’ inusuale, del mettere, a fondo della slide, l’indicazione della fonte dei dati: l’Associazione Luca Coscioni, della quale si fa sapere che chiede a gran voce dati ufficiali recenti agli organi competenti. Infine la terza sequenza è sulla piaga del bullismo, qui il debole che ha bisogno di protezione è un ragazzo che racconta la sua storia (certamente triste). Niente di nuovo, si dirà, tuttavia mi ha colpito che le tre sofferenze, le tre debolezze, fossero una di seguito all’altra. Mi fa riflettere questo mettere, tra la prima e la terza storia di persone che soffrono, la storia della fanciulla che soffre di non poter far fuori subito il feto. Spero che qualcuno avrà notato, sentendo il Tg, che c’era qualcosa di stridente, su cui pensare un attimo. Oppure chi organizza il Tg imita, ormai certo di fare un colpo garantito, Sanremo, dove il pietoso, il serio, il bello, il brutto, il banale e magari l’arguto, il trans e l’etero, il vecchio e il giovane si mescolano in un orrido calderone da audience… Mi son detta: se non ci sembra un bel modo di pensare, ci aspetta un bel lavoro… ognuno come può.
Innocenza Laguri
Cara Innocenza, la televisione è sempre più questo: un calderone di cose sovrapposte e accostate senza criterio. Mancando ragioni per sostenere quel in cui si crede, si punta sull’emotività. È quel che scrivevamo nel numero di Tempi “Appesi a una emozione”, dove, tra gli altri, era pubblicato un articolo del professore Giovanni Orsina che meriterebbe di essere riletto. E, sì, hai ragione: ci aspetta un bel lavoro.
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Gentile direttore, leggevo Tempi tutti i giorni. Non trovo più niente che riguardi la mia vita. Niente (o pochissimo) sulla follia del Green pass, niente sulla inefficacia del siero genico, sull’occultamento dei dati riguardanti gli effetti avversi della sperimentazione in atto, niente sulle terapie domiciliari, sulle difficoltà di milioni di famiglie, sul ricatto operato su una minoranza. Ci siete ancora? Eravate il mio giornale, ma forse sono rimasta indietro io, che non riesco a gradire il sig. Draghi e rimango sbalordita a vedere il Parlamento svuotato e usato solo per ratificare i decreti governativi… Per piacere, potete tornare? Una lettrice in attesa.
Elisabetta Zattin
Gentile Elisabetta, noi siamo sempre qui, dove eravamo prima. Semplicemente, abbiamo un giudizio diverso dal suo. I vaccini funzionano, è bene vaccinarsi perché ci si protegge dalle forme più gravi del virus, il green pass – come abbiamo sempre scritto – è un modo ipocrita per spingere tutti a farsi inoculare il farmaco. Se lei cerca su Tempi la lagna contro i “poteri forti”, la “dittatura sanitaria”, il “siero killer”, non la troverà. Non la pensiamo così, perché dovremmo scrivere ciò che non pensiamo? C’è anche chi lo fa senza crederci, perché redditizio dal punto di vista dei clic e delle vendite, ma non è mai stata la nostra filosofia. Detto questo, se ci sono critiche puntuali e costruttive rispetto alla gestione della pandemia (tipo questa) o denunce dell’uso strumentale della crisi sanitaria per reprimere la popolazione come in Cina (Grotti sul prossimo numero), qui troveranno sempre spazio. Abbiamo sempre rifuggito la demonizzazione dei no vax, la “santificazione” del vaccino (è un farmaco, non un miracolo) e della scienza (ci abbiamo pure fatto una copertina), il ricorso iper-prudenziale alle serrate da parte del governo, il concetto di emergenza sine die… però non è che, siccome non la pensiamo come lei, allora non ci siamo più. Poi, come ho già avuto modo di scrivere, a mio parere, di Covid se ne parla fin troppo e a sproposito continuando a ripetere sempre le stesse cose.
In ogni caso, che aspetta a tornare? Un direttore in attesa.
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Chi scrive è abbonato a codesta rivista, è vaccinato con la terza dose, ha rispettato, rispetta e rispetterà tutte le normative in materia di prevenzione e lotta al Covid emesse legittimamente dalla autorità politica ed amministrativa. Come noto, tra le disposizioni emanate alcune di esse sono rivolte a quanti, per tutta una serie di motivazioni, più o meno valide, rifiutano di sottoporsi al ciclo vaccinale. Accetto non senza evidenziare perplessità di natura costituzionale, campo nel quale comunque evito di soffermarmi per mancanza di più approfondite conoscenze. Vale il detto: chi non sa, taccia! Ma allo stesso modo ritengo non si possa tacere lo sdegno provocato da interventi pubblici di alcune personalità in campo politico, sociale medico ed economico. Di seguito un campionario di stupidaggini: […] La domanda comunque sorge spontanea. Ma possiamo ancora dirci un paese civile?
Roberto Federici
Caro Roberto, ti devo una spiegazione per aver messo i puntini e le parentesi quadre al tuo lungo elenco di bestialità contro i non vaccinati. L’ho fatto perché ho visto che le frasi lì elencate sono inesatte e decontestualizzate quindi, a riportarle, si rischia la querela (e vorrei evitarti ed evitarci di prenderla). Al contrario, a riportarle tutte e a contestualizzarle, faremmo notte e non mi pare il caso. Resta il fatto che quel che tu denunci contiene un aspetto di verità. Come c’è una insopportabile propaganda no vax, così ce ne è un’altra asfissiante pro vax che ha, tra l’altro, secondo me, grandi responsabilità nell’avere ingenerato la reazione di una parte della popolazione. Quando il presidente francese Emmanuel Macron o il sottosegretario Pierpaolo Sileri dicono che “vogliono fargliela pagare ai non vaccinati” dicono una gigantesca idiozia che non può essere lasciata passare. Ed è altrettanto vero che molti media hanno trasformato la discussione sulla pandemia in una guerra, dove, a seconda del momento, l’untore è il no vax, il giovane che fa l’aperitivo, il bambino che va a scuola, il padre di famiglia che va a lavorare. Mi chiedo: esiste un modo per discutere senza sputarsi in faccia?
Carissimo direttore, eccomi di nuovo qua a mugugnare, credo con qualche ragione. Faccio parte di quella cattivissima schiera di “no-vax”, anche se preferisco definirmi free-vax, responsabili a detta dei più dell’attuale situazione dei contagi, ricoveri, morti e financo della crisi economica. Praticamente siamo visti come gli odierni untori. Infatti per punirci e obbligarci, con un vile ricatto, al siero, ci hanno imposto, prima il GP da tampone, a pagamento, poi il super GP senza il quale non possiamo partecipare alla comune vita sociale fino ad arrivare al falso obbligo vaccinale per i lavoratori over 50. In pratica i giovani come me dal 15 febbraio se non muniti delle tre dosi saranno sospesi e senza stipendio fino al 15 giugno. Il governo ci vuole prendere democraticamente per fame. Eh sì perché il GP, ci avevano promesso, ci rende tutti più liberi… e belli! Non voglio entrare del merito dell’efficacia di queste misure sul Covid, anche se dai dati emerge che le belle promesse sull’immunizzazione e sicurezza di qualche mese fa sono andate a farsi friggere ma voglio limitarmi a elencare le numerose infrazioni della libertà personale che i Dpcm hanno introdotto, con la scusa dello stato di emergenza. Per prima cosa si è creata una spaccatura nella società tra cittadini buoni e fedeli e quelli cattivi e disobbedienti, cittadini di serie A e serie B, gli uni armati contro gli altri. I primi fiduciosi nella “scienza” e responsabili, i secondi irresponsabili e ignoranti, nemici della “scienza”. Quanti amici vedo che girano alla larga, con mille scuse, oppure che senza alcun pudore mi sbattono in faccia il fastidio se non il disprezzo per la mia libera scelta. L’Occidente che affonda le sue radici nella cultura giudaico cristiana e greca, che ha impiegato secoli per ottenere quella libertà a costo di innumerevoli lotte e sacrifici, ha perso quella spinta ideale ed è diventato privo non solo di un’anima caritatevole, cristiana ma oserei dire neppure umana. Non siamo più liberi di spostarci con i mezzi pubblici, nemmeno dalle isole e per le urgenze, non ti accettano negli ospedali e non ti curano, non puoi entrare negli uffici pubblici, alla posta, nelle Banche… e dulcis in fundo per 1.700.000 lavoratori, dal 15 febbraio, ci sarà la sospensione, l’esproprio dello stipendio e una multa e il rischio di ulteriori richieste di danni per il disservizio che la sospensione comporterà al datore di lavoro. Poi non mi si dica che noi non siamo discriminati ma, come dicono alcuni (anche amici sic!), che raccogliamo le conseguenze delle nostre scelte e quindi sono ca…i nostri. A mio parere siamo ormai in un regime totalitario, pseudo sanitario, che è peggio di una dittatura perché nei totalitarismi la gente ormai è stata vinta e convinta dal regime e diventa complice e diligente soldatino al servizio del Potere. Vorrei sapere poi dove sono finiti i movimenti vari, i politici, sindacati, giornalisti, filosofi… da sempre pronti a difendere ogni piccolo diritto umano, bestiale o planetario, dalla difesa del green, delle foche, delle balene, del pianeta, dei LGTB… di ogni più disparata minoranza??? C’è un silenzio assordante!!! Peccato che la Costituzione italiana sia fondata sul lavoro e che la libertà di coscienza sia ascritta a tutti i Trattati, le Convenzioni e i Codici, vedi Oviedo, Ginevra, Norimberga, Cee… Ormai in nome della “Sicurezza Sanitaria” sono considerati carta straccia. Non esiste più l’obiezione di coscienza e non si vuole vedere ciò che molti Stati, ancora civili, stanno facendo, ritirando o attenuando la stretta sulla libertà, perché stanno capendo che il “vaccino” non è un dogma di fede laica ma semplicemente una delle armi per combattere il Covid e quindi non ci può essere costrizione, oltretutto lasciando tutti gli eventuali rischi a carico del paziente. Mi auguro che quanto prima il nostro Governo capisca che non può più procedere su questa strada se non vuole portare la nostra bella Italia nel baratro di un fallimento e di una guerra civile. Oggi ho detto al mio Dirigente, che si è quasi scusata dicendo che lei risponde alle direttive: “Mi dica, secondo il nostro governo, dal 15 febbraio, che cosa dovrò fare per portare il pane a casa? Dovrò rubare? E vivere sotto un ponte, visto che il luogo di lavoro per me coincide con l’alloggio?”. Confido nella residua umanità di qualche politico che si arrenda alla realtà, in tutti i suoi fattori e nel risveglio di una coscienza popolare e solidale del popolo italiano ma soprattutto nella Provvidenza che non mi ha mai deluso! Cordialità.
Danilo Maffone
Con il lettore Maffone ci siamo già scambiati qualche email privatamente. Come avete capito dalle risposte alle precedenti lettere, sul vaccino la pensiamo in maniera opposta e ce lo siamo scritti tra noi più volte. Il risultato è che non siamo riusciti a venirne a una. Però lui ha continuato a scrivermi e devo confessare di avere una certa ammirazione per questa sua tenacia in cui rintraccio sempre, almeno nei confronti di Tempi, una stima di fondo che non è scalfita dalla differenza di vedute. A Natale ci aveva mandato gli auguri firmandosi così: «Un caro saluto e un augurio di un fecondo lavoro da un fedele abbonato, “complottista” e free vax». Che vi devo dire? Mi è stato subito simpatico.
Foto Ansa
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