
Mai rinunciare alla clandestinità per l’orrore di una cena a quattro

Cara Guia, mi sa che ho fatto una cazzata.
Ho avuto un marito piuttosto impegnativo, per motivi che non sto a spiegarti. Insomma, a un certo punto divorziamo, e Tom (il marito) pone una condizione: che io non devo farmi vedere in pubblico con altri uomini per cinque anni. Ti dirò: ho acconsentito in un amen. Primo, perché mi dava un sacco di soldi di buonuscita, e non fargli fare la figura del cornuto mi pareva una contropartita tutto sommato ragionevole. Secondo, perché avevo già sperimentato con lui cosa volesse dire una vita di coppia in pubblico: fotografi, illazioni, tutti che hanno un’opinione – roba che dopo un po’ ti viene la nausea (che è molto comoda perché sei magra e fotogenica e ai paparazzi risulta più difficile mostrificarti, però
insomma).
A un certo punto, però, inizio a uscire con uno che mi piace, un certo Jamie, e la segretezza ci pesa. Uscire separatamente dagli alberghi. Mettersi la parrucca per andare al ristorante. Insomma, sembrava un film di spie: per due giorni è divertente, ma dopo un po’ ti scocci talmente a mascherarti che tutta la tua vita di coppia si svolge sul divano ordinando Foodora. Non ho mai avuto tanta voglia di vita mondana come da quando non potevo più farne.
Senonché, a giugno sono scaduti i cinque anni. Ed è lì che è cascata l’asina, cioè io. I termini dell’accordo di divorzio erano scaduti da tre quarti d’ora, e io ero già lì che passeggiavo sulla spiaggia mano nella mano in favore di paparazzo. Siccome, per quanto uno stia chiuso in casa a ordinare pizze a domicilio, le voci girano, tutti sapevano già che stavamo insieme. Lo ipotizzavano, lo spettegolavano, ma non avevano uno straccio di prova. Ma alla prima foto, s’è aperta la stagione di caccia. Stavo molto più tranquilla quando dovevo nascondermi, di ora che tutti s’affannano a dire «Ve l’avevo detto». Se prima potevamo sfangarla a cenare fuori con parrucca e occhiali, ora sono tutti lì ad aspettarci, e non servono gli inseguimenti alla Lady Diana: hanno tutti un cellulare, ogni cellulare fa le foto, ogni cliente di ristorante sa che se le invia a un sito di pettegolezzi ci farà due spicci (se avessero tutti un ex marito generoso come il mio, i media non sarebbero ridotti così).
Mi vien da pensare che dovevamo restare nascosti. Che vita d’inferno.
[Katie H.]
Cara Katie, nella prossima stagione di Curb Your Enthusiasm, una serie che in Italia nessuno si degna di trasmettere ma tu di certo conosci, il molto ebreo e molto sarcastico protagonista fa una battuta sull’islam. Ne segue una fatwa, e alcune scene parecchio ridicole: lui che vive in albergo sotto falso nome, va in giro con parrucca e baffi finti, crea falsi allarmi di purissima paranoia. Finché un giorno decide d’andare a chiedere consiglio a Salman Rushdie. Il quale gli domanda cosa gli dica il cervello, gli strappa la parrucca, e gli illustra i vantaggi della situazione: fatwa-sex. Rushdie, nel ruolo di Rushdie, spiega che non ha mai scopato così tanto e così bene come quand’era braccato. Le donne impazziscono se pensano che potresti morire domani. Glielo prova portandolo in un ristorante dove, senza parrucca, il ricercato del momento viene rimorchiato da una tizia ben al di fuori della sua abituale portata. Questo per quanto riguarda la parte parrucche&ristoranti.
Per quanto riguarda l’uscire allo scoperto, invece, hai tutta la mia disapprovazione. Mai niente di buono è venuto dall’ufficializzazione d’una storia. Solo un sacco di domande, da «Come va con Jamie?» a «Quand’è che mettete su famiglia?», che chiunque si sente autorizzato a farti. E inviti a cene a quattro: c’è qualcosa di peggio del frequentarsi tra coppie? L’inferno sono gli altri, quando sanno della tua relazione. Per non parlare della prima volta che passeggerete sulla spiaggia senza tenervi la manina: già mi vedo i titoli sulla crisi di coppia. Fosse per me, tutte le relazioni sarebbero clandestine. Regola che tra l’altro impedirebbe alle mie amiche di presentarsi a cena coi mariti che nessuno aveva invitato.
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