Terra di nessuno

Il maestrale di fine agosto e l’estate che muore

Tratto dal numero di Tempi di settembre

Gallura, fine di agosto – A mezzogiorno il sole sulla spiaggia picchiava spietato, in una vampa da piena estate. E il mare piatto come un lago, immobile, come in attesa. Il maestrale ha preso a soffiare al tramonto, ripulendo l’orizzonte da vaghe frange di nuvole. Il disco del sole è rosso porpora mentre cade nel mare. Il cielo della notte, mai così limpido, si illumina di una luna piena lucentissima, che svela i particolari minimi nell’ombra dei campi e delle strade. Le Orse e le altre stelle impallidiscono in un tale chiarore. Nell’aria tiepida, echi di mirto. Una bellissima notte d’estate.

Ma, quel vento: si alza, si fa più freddo, rende inquieto il mare che si gonfia di piccole onde bianche sotto la luna. Se ne sente fin qui lo sciabordare. Nel chiudere gli scuri delle finestre percepisci in questa notte come un’attesa palpitante. Qualcosa, o qualcuno, sta arrivando, dal cielo e dal mare.

Ti sveglia, all’alba, il fischiare cupo di un vento che nella notte ha preso forza. Orde di nuvole avanzano da nord-ovest, minacciose, in assetto da battaglia. È maestrale, il vento severo che spazza la Gallura e dura tre giorni, come una prestabilita penitenza. Ma un maestrale alla fine di agosto condanna l’estate. Farà ancora bello, ancora caldo. Ma non sarà più, il sole, allo zenit sopra il mare, non manderà più quell’ardore di fuoco. Il furore di ieri a mezzogiorno, capisci ora, era un addio.

Questa mattina le onde in burrasca si alzano, si infrangono e spumeggiano, candide, sulle spiagge deserte. Chiusi gli ombrelloni, tirati a secco i pedalò, scappati i bagnanti. Oscillano e tintinnano gli alberi delle barche spogli delle vele, nel porto. Il mare tumultua fragoroso e l’acqua lambisce quasi le prime case a riva. (La doppia vita del mare: così limpido, trasparente, così innocente quando è calmo, così livido e gonfio d’ira, certe mattine).

Il vento scuote furioso gli oleandri fin quasi a strapparli, come fossero, coi loro bei fiori rosa, dei nemici, e si porta via il profumo del mirto. Nei pascoli le mucche si acquattano a terra, pazienti, ubbidienti a un istinto che si tramanda da millenni. Nei forni la pasta del pane non lievita come dovrebbe. Lievita adagio, il pane del maestrale.

Ma questo suo arrivare alla fine d’agosto segna, lo percepisci nella pelle, che l’estate va a morire. Quando il vento infine cade il cielo torna azzurro, ma di un azzurro diverso, meno profondo, più chiaro. Il sole non brucia come prima. E nelle foglie degli alberi il verde ha una nota d’improvviso spenta. Una sfumatura giallognola si allarga nelle chiome. È tornato buono ora il mare, calmo, innocente, e in riva ritornano i bambini a giocare.

Ma questa luce, è diversa. Domato, vinto il fuoco dell’estate. E il maestrale di fine agosto quest’anno, lo senti, ti riguarda, tu che vai per l’autunno della vita. Sulla strada del ritorno a Milano ti meraviglia un viale di platani già dolcemente dorati lungo la strada diritta, in un’ampia prospettiva. Che possa essere questo, magari, che ti aspetta? E timidamente speri. Le nuvole del maestrale ora una linea gonfia in fondo all’orizzonte, esercito nemico che si ritira.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.