
Macroregioni e regioni autonome. Un lettore scrive e Robi Ronza risponde
Dopo l’intervista, che il giornalista Robi Ronza ha concesso a Tempi.it, con argomento la proposta del Governatore della Lombardia Roberto Formigoni su un possibile accorpamento delle Regioni italiane, istituendo le Macroregioni, che realizzerebbe di fatto un’antica idea del politologo Gianfranco Miglio, della fine degli anni Ottanta e attualizzandola all’interno del dibattito sull’attuazione di un reale federalismo, abbiamo ricevuto in redazione il commento di un lettore, Francesco Taddei, che poneva alcune questioni importanti, non toccate dall’intervistato.
Ecco, in sintesi, le domande:
La Valle d’Aosta non potrebbe diventare provincia autonoma del Piemonte?
I bolzanini che chiedono l’abolizione della lingua italiana, non sarebbe ora che smettessero con il loro rancore?
Non sarebbe ora che si armonizzassero le aliquote Iva fra le varie regioni speciali/statuto ordinario?
Le Regioni a statuto speciale sono intoccabili? Non fanno anch’esse parte di una comunità che si chiama Stato Italiano?
Ecco le risposte di Ronza:
Le Regioni a statuto speciale si spiegano nel quadro di uno Stato come il nostro che, essendo unitario, è perciò per sua natura incapace in via ordinaria di dare riconoscimento e adeguato spazio politico a territori con una forte specificità o linguistica o geografica. Il giorno in cui l’Italia diventasse davvero federale (oggi non lo è nemmeno embrionalmente) non ce ne sarebbe più bisogno: allora la specialità sarebbe non più l’eccezione bensì la regola per ogni territorio federato.
Finché però restiamo uno Stato unitario le Regioni e statuto speciale e le Province autonome continuano a mio avviso ad essere del tutto giustificate.
Come nel caso dei Comuni e delle Province, così in quello delle Regioni vanno considerati nel loro insieme vari elementi, dei quali la consistenza demografica è uno, ma non l’unico; ce ne sono anche altri, tra cui appunto l’identità culturale e il territorio.
La Valle d’Aosta è un lembo cisalpino dell’antica parte francofona degli Stati di Savoia: se non riscopre e ricupera la propria specificità culturale a lungo andare la sua autonomia politica non sarà più sostenibile.
Dal principio della primazia della persona e della comunità rispetto allo Stato deriva tra l’altro la conseguenza che è lo Stato che deve parlare la lingua dei cittadini, e non i cittadini la lingua dello Stato. Pertanto in una provincia come quella di Bolzano, dove due terzi degli abitanti sono di lingua tedesca, a mio avviso il tedesco dovrebbe essere la prima lingua ufficiale e l’italiano la seconda.
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