
Lupi: «Provo l’amarezza di un padre nel vedere sbattuto il proprio figlio in prima pagina»

«Se avessi chiesto di far lavorare mio figlio o di sponsorizzarlo, sarebbe stato un gravissimo errore e presumo anche un reato. Non l’ho fatto». Risponde così a una domanda di Repubblica il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, cui tocca difendersi a causa di un’inchiesta della procura di Firenze su alcune presunte tangenti su appalti legati alla realizzazione di opere pubbliche. Lupi non è indagato, ma il suo nome compare oggi su tutte le prime pagine dei giornali. L’inchiesta ha portato all’arresto di quattro persone. Altre cinquantuno persone sono indagate. I reati contestati sono corruzione, induzione indebita, turbata libertà degli incanti.
IL FIGLIO. Lupi è tirato in ballo perché il figlio avrebbe ottenuto favori (un impiego e un orologio). «Provo soprattutto l’amarezza di un padre – dice il ministro a Repubblica – nel vedere sbattuto il proprio figlio in prima pagina come un mostro senza colpa. Quando per tutta la vita ho educato i miei figli a non chiedere favori, né io ho mai cercato scorciatoie per loro». La pressione politica e mediatica sul ministro è forte, ma egli esclude le dimissioni, «anche se, per la prima volta, vedendo tirato in ballo mio figlio, mi sono chiesto se il gioco vale la candela». Il ragazzo, racconta, «si è laureato al Politecnico di Milano nel dicembre 2013 con 110 e lode. Dopo sei mesi in America presso uno studio di progettazione, nel febbraio dello scorso anno gli hanno offerto un lavoro. Ci ha messo un anno, come tutti, ad avere il permesso di lavoro e da marzo di quest’anno lavora a New York. Lo scorso anno ha lavorato presso uno studio per 1.300 euro netti al mese in attesa di andare negli Usa».
INCALZA. A proposito di Incalza, l’esponente Ncd, oltre a ricordare che vale «la presunzione di innocenza» e che si tratta «di uno dei tecnici più stimati nel suo settore», ammette che «se dovessero risultare fondate le accuse sarebbe una sconfitta per tutti». Sui quotidiani appaiono le intercettazioni di telefonate del ministro che difende Incalza, e Lupi spiega che la sua era «una battaglia politica, non difendevo la persona, ma l’integrità del ministero»; quel che diceva nelle telefonate lo diceva anche «nelle discussioni politiche, parolacce comprese: dicevo che era un errore togliere al ministero quella struttura (la Struttura tecnica di missione, ndr), amputandolo di un braccio operativo. Qualora non ci fosse stata la fiducia nel ministro si faceva prima a cambiare ministro, non depotenziando il ministero».
Foto Ansa
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