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Scrivo queste poche, sporche e inutili righe a un mese esatto dalle elezioni. Come avevo previsto saremmo stati in piena campagna elettorale con Giorgia Meloni prima all’applausometro del Meeting di Rimini.
Tutti, al solito, le sparano grosse. Un grande classico, non strappiamoci le vesti, si promette l’impossibile, si evocano spauracchi, si demonizza il nemico. Non hanno cominciato i social. Nel 1948 era uguale. Ricordate la celebre vignetta del grande Giovannino Guareschi? C’è un tizio in un seggio e sopra campeggia la scritta: «Nella cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no».
Non si inventa niente, però almeno allora avevamo qualche speranza, la pace, il frigorifero, l’utilitaria, la televisione, le vacanze a Riccione. Adesso abbiamo solo preoccupazioni, la guerra, le bollette. E il calcio italiano derelitto.
Belin, nell’unico posto dove dovremmo essere sovranisti duri e puri e respingere lo straniero, non facciamo che imbarcarne. Nella seconda giornata di campionato su 13...
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