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Amicone sapeva risvegliare un compagno d’armi anche in chi di noi si era imborghesito

Di Emiliano Ronzoni
21 Novembre 2021
Gli bastava un bagliore d’occhi per dargli la certezza che sì, noi eravamo quelli di sempre, pronti a sguainare la spada per difendere il giusto, il vero, il bello
Luigi Amicone

Credevamo, allora, di essere il pacchetto di mischia – tutti giù allacciati di spalle, uniti, a spingere – in quella strana partita che nemmeno sapevamo definire, ma che ci piaceva: Cristo. Cristo del cui splendore ogni cosa è bella, Cristo del cui amore ogni cosa è buona.
Antonio, Luigi, Giancarlo, Simone, Laura, Nori, altri. A metà degli anni Settanta Gius aveva scorto non so che cosa in quel gruppetto di giovani che erano arrivati a lui per vie e strade diverse e aveva voluto – aveva amato – circondarsene. Così, intorno a lui, mangiavamo lenzuola di realtà, passavamo di cosa in cosa, di avvenimento in avvenimento, viaggiavamo quasi immemori, e pur presenti, con l’orgoglio e l’andatura dell’animale giovane e sano.
A prescindere e a dispetto di tutti
Luigi Tommaso Amicone, detto Luigino, era bello, giovane, e magro. Piaceva. Quando prendeva la chitarra e accompagnava con un filo di voce: «Buonanotte, buonanotte fiorellino… buonanotte tra il cielo ed il mar…», le ragazze si s...

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