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Non c’è bisogno di indossare il cappellino rosso MAGA per nutrire profonde perplessità sulla condizione ideologico-culturale in cui versano le università americane. L’Economist, tanto per citare un organo che più establishment non si può, da anni critica in modo tambureggiante la deriva woke e illiberale che nei campus degli Stati Uniti ha trovato la sua manifestazione più compiuta. La grande operazione che l’amministrazione Trump sta mettendo in atto per costringere – con la minaccia di chiudere i rubinetti dei fondi federali, ma è soltanto l’inizio – le istituzioni ad abbandonare i precetti woke, a stralciare i corsi su diversity, inclusion, and equity e a liberarsi delle ossessioni identitarie può legittimamente essere considerata promettente e meritoria, e si può perfino arrivare a concedere che quest’opera di correzione degli eccessi del sistema inevitabilmente avrà effetti collaterali che vanno digeriti nel nome della restaurazione del free speech, il grande mantra trumpian-muski...
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