
L’Oscar quasi invisibile. Mancino quasi uno Stealth
Scalfaro non si può proprio considerare un grande sostenitore dell’elezione a presidente della Repubblica del suo vecchio collega di partito Mancino. Al quale sarebbe spettato come presidente del Senato sostituirlo a tutti gli effetti, anche come capo delle Forze Armate, nel caso in cui egli si fosse dimesso subito dopo il referendum elettorale del 18 aprile. Così lo stesso Scalfaro si era pubblicamente impegnato di fare per anticipare l’elezione del successore di una decina di giorni. Che, in verità, erano e sono pochini ma pur sempre utili a ridurre il fastidioso accavallamento fra elezioni presidenziali in Parlamento e campagna elettorale nel Paese per il rinnovo del Parlamento europeo. Come capo supplente anche delle Forze Armate, in piena crisi internazionale esplosa con la guerra della Nato contro la Serbia, Mancino avrebbe potuto mettere altra acqua nella sua borraccia di corridore sulla strada del colle più alto di Roma. Ma Scalfaro proprio di fronte alla crisi bellica nei Balcani ha annullato la disponibilità alle dimissioni e ha deciso di rimanere al suo posto fino all’ultimo giorno, anzi sino all’ultimo minuto del suo mandato, magari per ottenerne il rinnovo all’insegna dell’emergenza internazionale, come si sussurra sulle terrazze romane e si sono affrettati a proporre Cossiga e Marini. Quante cose può fare una guerra!
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