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Londra celebra i duecento anni dalla nascita di Charles Dickens
Amato da adulti e bambini, Charles Dickens (1812 – 1870) è l’emblema dello scrittore londinese per eccellenza. «Gentiluomo una volta, gentiluomo per sempre» diceva, stretto e fiero nella sua bella ed elegante figura da Lord britannico, non lasciando mai da parte quell’aria un po’ bohémien di chi la vita l’ha vissuta intensamente, lottando contro tutti i possibili rovesci della medaglia. La Londra sporca e infestata da topi del XIX secolo che si affaccia affannosamente all’industrializzazione, la Londra della peste, dei grandi incendi, degli orfanotrofi e dei morti di fame è il set non solo delle sue storie, ma anche dei suoi straordinari bozzetti. E nel bicentenario della nascita (7 febbraio 1812 – 7 febbraio 2012) di questa sottile penna, limpida come poche, la città del Big Ben omaggia colui che l’ha raccontata in tutte le sue sfumature. Alla National Portrait Gallery fino ad aprile, è in programma la mostra Charles Dickens: Life & Legacy che esplora attraverso stampe, schizzi e foto gli aspetti chiave della vita dello storyteller, la sua famiglia, gli amici e l’influenza che ebbe sui suoi contemporanei.[internal_gallery gid=25397]
Sempre nel cuore della City, al 48 di Doughty Street nel quartiere di Bloomsbury, brilla un’altra meta imperdibile: portone verde e finestre bianche nascondono la tipica casa georgiana in cui l’autore visse tra il 1937 e il 1839 e che lui stesso descrisse come «la mia casa in città». Museo (Charles Dickens Museum) dal 1925, questa tipica casa inglese su più livelli con la cucina – riprodotta nei minimi dettagli – nel seminterrato (dove è possibile vedere un video che racconta la vita e le opere dell’illustre proprietario) ed annessa cantina d’epoca, diede i natali alle due figlie dello scrittore e a numerosi suoi scritti, tra cui l’indimenticabile Oliver Twist. Oltre ai numerosi arredi dell’epoca sono presenti anche manoscritti e bozzetti originali, ma ciò che spicca maggiormente è il disegno Il Sogno di Dickens del 1875 (citato nel film Hereafter di Clint Eastwood) del pittore Robert W. Buss, dove il romanziere viene raffigurato seduto e circondato da tutti i suoi personaggi, che gli appaiono come fantasmi nella sua biblioteca.
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