
Lodo Mondadori, esposto Fininvest: «Paghiamo per il taglio di una frase»
È stato presentato oggi al Ministro della Giustizia ed al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione un esposto del Presidente della Fininvest, Marina Berlusconi, che documenta un fatto gravissimo relativo alla sentenza con cui il 9 luglio scorso la Corte d’Appello di Milano ha condannato la Fininvest a pagare 564 milioni di euro alla CIR per la vicenda “Lodo Mondadori”. L’esposto evidenzia come, nella sentenza d’appello, una pronuncia della Cassazione determinante ai fini del verdetto venga riportata con il “taglio” di un passaggio decisivo e la mancata citazione di altri passaggi, altrettanto decisivi.
Il risultato è che si fa dire alla Cassazione l’esatto contrario di quanto invece la Cassazione stessa chiaramente afferma nella sua sentenza. E solo in questo modo viene superato un limite giuridico altrimenti insuperabile. In sostanza si crea letteralmente un “precedente” che non esiste, perché quello esistente è
un precedente di segno contrario che avrebbe comportato una decisione opposta, favorevole a Fininvest.
Nella sentenza di luglio la Corte milanese, ritenendo che il verdetto della Corte d’Appello di Roma del 1991 – che aveva annullato il Lodo dando ragione a Fininvest – fosse frutto di corruzione, ha stabilito che poteva e doveva rifare la causa del 1991 e rideciderla, e ha dato ragione a CIR. Il codice di procedura civile dispone esplicitamente, invece, che per ottenere l’annullamento e l’eventuale sostituzione di un verdetto già passato in giudicato bisogna proporre azione di revocazione. Azione che CIR non aveva proposto. Nella sentenza di luglio la Corte d’Appello di Milano ha però dichiarato di volersi attenere al principio affermato dalla Cassazione penale in una sua decisione secondo cui, in caso di corruzione del giudice, la sentenza è inesistente e qualsiasi giudice civile può e deve rifare la causa e rideciderla.
Nell’esposto si dimostra – peraltro chiunque, leggendo nella sua versione integrale e originale il “precedente” citato dalla Corte di Milano, lo constata senza possibile ombra di dubbio – che la Cassazione ha invece affermato esattamente l’opposto, e cioè che non esiste altra via – diversa dalla revocazione – per rimettere in discussione quanto deciso dalla Corte d’Appello di Roma. Ciò che è sconcertante è che la Corte milanese non solo ha omesso di citare i numerosi passi nei quali, inequivocabilmente, la Cassazione afferma il contrario di quanto le si fa dire, ma ha anche trascritto un ampio stralcio della decisione della Corte Suprema sostituendo, con puntini di sospensione, un inciso nel quale ci si riferiva in modo esplicito, ancora una volta, alla revocazione. “E’ un fatto la cui gravità è fuori discussione”, commenta Marina Berlusconi. “Di fronte a un’enormità del genere, la presentazione dell’esposto, in cui si sottopone quanto è successo alla valutazione delle autorità competenti, è un atto dovuto. Questo naturalmente al di là del ricorso per Cassazione, che seguirà la sua strada”.
“Abbiamo sempre saputo – aggiunge la presidente della Fininvest – di essere dalla parte del giusto, di aver operato nella più assoluta correttezza e di averlo documentato in modo inconfutabile. Nonostante ciò, abbiamo subito, per decisione prima del Tribunale e poi della Corte d’Appello di Milano, un esproprio di dimensioni spropositate a favore del gruppo De Benedetti”. “Ma non saremmo mai arrivati a pensare che una condanna a pagare 564 milioni di euro potesse fondarsi addirittura sul “taglio” materiale di una frase e su altre incredibili omissioni nel riportare una sentenza della Cassazione. E’ stato creato, insomma, un precedente precedente decisivo ‘su misura’ per condannare la Fininvest”. “Si tratta di una vicenda su cui non possiamo tacere, che abbiamo il dovere di rendere nota e davanti alla quale non si può non rimanere che profondamente sconcertati”.
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