
Lo scandalo dell’attrice cinese che diventa uno spot pro utero in affitto

La notizia è diventata che Prada l’ha licenziata (Bbc) ma anche che la retorica dei monomaniaci dei diritti si va raffinando: se prima andava forte l’idea di una legge per regolamentare (leggi: sdoganare) la maternità surrogata per “proteggere” le donne da abusi e sfruttamento, oggi “grazie” allo scandalo che ha travolto l’attrice cinese Zheng Shuang la necessità di normare viene brandita per «affrontare la crescente domanda di coppie infertili», fare fronte al «calo demografico» (Cnn), «sperando che, in un Paese dalle tante zone grigie, questa non lo resti ancora a lungo, nell’interesse dei bimbi che nascono così» (Repubblica). E non è un caso che a far lievitare la retorica sulla libertà delle donne sia uno scandalo emerso in questi giorni nella patria dei diritti negati, la Cina.
I fatti: Zheng Shuang, 29 anni, è una delle più famose e pagate attrici del Dragone che nel 2018 rende pubblica la sua relazione con un talentuoso produttore di varietà, Zhang Heng, un anno più di lei. La giovane coppia vive sotto i riflettori, lavora insieme, le loro foto imperversano sui giornali e viaggiano in rete, si trasferiscono negli Usa, si sposano in segreto, si lasciano, lei torna in patria, lui no, iniziano a litigare per questioni di soldi, la stampa smette di occuparsi di loro, fine della storia. Per questo, quando all’inizio del mese Heng ha denunciato su Weibo, il twitter cinese, che non si è dato alla macchia ma da più di un anno vive da solo negli Stati Uniti per «prendersi cura e proteggere due piccole vite innocenti», i fan trasecolano e i media si sguinzagliano. Viene fuori che la coppia si è separata dopo aver commissionato due bambini a due donne americane diverse, bambini di cui, stando ai giornali cinesi, Zheng Shuang non voleva più sapere niente. Diffusi da un media locale iniziano a circolare delle foto di due presunti certificati di nascita (una che risale a dicembre 2019 e una a gennaio del 2020), i nomi di Zheng e Zhang che figurano come quelli di genitori, nonché l’audio di una telefonata dell’attrice che si lamenta perché non può risolvere la faccenda con l’aborto, visto che entrambe le surrogate sono entrate nel settimo mese di gravidanza e a cui viene consigliato di abbandonare o dare in adozione le due creature.
CONDANNATA DAL PARTITO E SCARICATA DA PRADA
Nel giro di pochi giorni quello di Zheng diventa uno scandalo nazionale, duramente condannato dalle agenzie del Partito: «Tutti i tipi di maternità surrogata sono chiaramente vietati nel nostro paese», è il commento diffuso dall’emittente di Stato Cctv, «surrogata e l’abbandono dei bambini sono contrari alla morale sociale e l’ordine pubblico». La commissione per gli affari politici e legali ha accusato l’attrice di aver «approfittato delle scappatoie legali» cercando madri surrogate negli Stati Uniti, definendo le sue azioni «decisamente non rispettose della legge», «la maternità surrogata è vietata in Cina poiché utilizza l’utero delle donne come strumento e vende la vita come prodotto commerciale». Per tutta risposta l’attrice non ha confermato né smentito, rilasciando solo su Weibo laconiche dichiarazioni rattristandosi per i riflettori accesi su una «questione privata molto triste», assicurando che del famigerato audio sono stati estrapolati solo pochi minuti e di non aver «mai violato i regolamenti dello Stato mentre mi trovavo sul suolo cinese» e aver rispettato «tutte le leggi e i regolamenti mentre mi trovavo all’estero». Ed è sempre su Weibo che il Gruppo Prada, pochi giorni dopo averla scelta come ambasciatrice del marchio in Cina, scarica l’attrice adducendo la recente sovraesposizione mediatica della sua vita personale come il motivo per chiudere «tutte le relazioni» e rescindere il contratto pubblicitario.
LA CNN RIVOLTA LA FRITTATA
Sul twitter cinese diventa di tendenza l’hashtag #DoYouSupportSurrogacy, il caso diventa quello del licenziamento da Prada, lo scandalo dal tema “surrogata” si sposta sull’“abbandono di minore”. E la vicenda diventa occasione per rinfrescare la retorica su chi salvare da cosa. Scrive la Cnn che Zheng ha ragione: dal 2001 una serie di regolamenti emanati dal ministero della salute vietano a medici e operatori sanitari di «praticare qualsiasi forma di tecnologia surrogata», vietano altresì il commercio di sperma, ovuli, zigoti ed embrioni, prevedendo pene severissime per chi contravviene. Ma non vieta esplicitamente a persone o agenzie di commissionare o fornire servizi di surrogata favorendo un mercato clandestino e un esodo di massa di facoltose coppie cinesi all’estero. In primis negli Stati Uniti, che «grazie a un’industria matura ed elevati standard di sicurezza» sono diventati una “top choice” per le élite del Dragone. «Inoltre un bambino nato negli Stati Uniti avrà la cittadinanza americana» continua la Cnn declamando il paradiso dell’utero in affitto e ricordando il pulpito da cui arriva la predica del Partito: quello di un governo che ha utilizzato l’aborto forzato per controllare la popolazione e ora «ha un tasso di natalità in calo e una società che invecchia rapidamente, il che significa che ha urgente bisogno di più neonati per evitare una crisi demografica incombente». Un governo che «vieta ancora l’uso commerciale di molte tecnologie riproduttive, come il congelamento degli ovuli, che darebbero alle donne la libertà di avere figli in età più avanzata» e toglie, vietando la maternità surrogata, «la possibilità di avere una prole» a coppie infertili, coppie anziane e coppie Lgbt. Il fervorino si chiude con la strumentalizzazione dell’ennesimo tragico caso per dimostrare che «una mancanza di regolamentazione nel settore equivale a una scarsa protezione per madri e bambini surrogati», quello di una coppia che ha stracciato l’accordo con una surrogata che aveva contratto la sifilide in gravidanza, costringendo la donna ad allevare una figlia da sola ma senza poterla registrare perché aveva venduto il certificato di nascita del bambini al mercato nero per pagarsi le spese ospedaliere dopo il parto.
MAGAZZINI DI EMBRIONI ABBANDONATI
Difficile dividere il mondo in sfruttati e sfruttatori quando il corpo umano fa il suo ingresso nell’economia di mercato. Mentre il caso dell’attrice licenziata da Prada tiene banco sui giornali in Cina il Global Times ha realizzato un reportage sui figli della fecondazione in vitro: non quelli che vengono al mondo, circa 200 mila ogni anno, ma i milioni congelati e stoccati nei bidoni di azoto liquido ad ogni trattamento. E lì abbandonati. «Al momento, ci sono circa 100.000 embrioni congelati conservati nel centro riproduttivo del nostro ospedale – spiega un medico di Zhengzhou, la capitale della provincia dell’Henan della Cina centrale – ma le tasse per la conservazione di circa 80.000 di questi embrioni non sono state pagate». Un problema che coinvolge tutti i centri che offrono servizi di fertilità in tutto il paese. Gli ospedali non sanno cosa fare, per “liberarsi” degli embrioni ci vuole un consenso scritto dei genitori, ma la maggior parte di questi si rifiuta di acconsentire alla loro distruzione e al contempo di pagare la quota annuale per conservarli. «Dal punto di vista di un medico, un embrione è in potenza un bambino. Ci sentiamo a disagio nel distruggerlo – aveva già spiegato un medico di Pechino alla Cgtn -. Tuttavia ci sono pazienti che non visitano il nostro centro da più di un decennio, stiamo conservando i loro embrioni ma stiamo esaurendo lo spazio per immagazzinare il numero crescente di serbatoi di azoto. Cosa dovremmo fare?». Commerciare embrioni è vietato e senza un consenso scritto non è possibile destinarli nemmeno alla ricerca medica, troppi i guai legali e le spese se un ospedale provvedesse da sé. E nessuno sventola in questo caso i dati sulla denatalità e delle tecniche di riproduzione assistita come panacea di tutti i mali.
La Cina non sa come disfarsi dei suoi embrioni in eccesso e il mondo usa il caso di Zheng Shuang come stress test dei diritti e della libertà riproduttiva nel paese della politica del figlio unico che oggi invecchia senza bambini. Il refrain è sempre lo stesso: manca una legge. Una legge per tutelare adulti committenti o portatori, non per arginare il numero delle vittime di vitro, provette e uteri affittati, chiusi in bidoni di azoto liquido o nel grembo di una madre per conto terzi: una legge per assicurarsi la fornitura continua di bambini nel supermercato dei diritti invocata «nel loro interesse».
Foto Ansa
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