
L’Italia è un Paese spaccato a metà? Sì, ma tra religiosi e idolatri
Ci son due modi per affrontare la presunta divisione del paese. Crederci o non crederci. Io non ci credo. Altre sono le divisioni e corrono tra nichilisti e non, tra cinici e non. Tra religiosi e idolatri. Ci vorrà tempo, e volontà, per superare le anomalie prodotte da un ricambio di classe politica e di poteri ottenuti da un movimento giustizialista come quello che coinvolse poco più di dieci anni fa tante forze politiche e culturali, troppe – anche tra quelle che poi si dissociarono e tra coloro che poi hanno finto di aver le mani pulite. Quel trauma ha prodotto una rappresentanza di parte moderata debole e povera di cultura e, a sinistra, un impoverimento di radici autentiche in favore di un salottiero rivoluzionarismo.
La transizione sarà ancora lunga, e purtroppo in un momento di disagi sociali che acuiranno i problemi. Il guasto è stato grave. E intanto si può lavorare sulle connessioni, sulle empatie, sui riconoscimenti culturali reciproci e sui richiami ad essere seri con la storia e la civiltà italiane. E a desiderare, più che il potere, il vero. L’alternativa è una sclerosi, un irrigidimento cadaverico. E più che una divisione in due, una decomposizione. Già si vedono frattaglie. Ma anche, qua e là, l’allegria di incontri costruttivi.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!