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Mi sono domandato se a qualcuno interessa quanto io racconto dell’Armenia. Getto il sasso, in questo lago di Tempi, come fosse quello argentato di Sevan. Si formano cerchi. Non strabordano da questo lago, non invadono il mare della cultura e della sensibilità italiana (peraltro più che un mare è un brodo sciapo). E che importa? Importa tanto. Perché se ci salveremo sarà grazie a questo mistero che il popolo armeno custodisce forse senza neppure esserne pienamente cosciente.
È un popolo portatore di libertà e di pace, per una sorta di disegno divino. Io lo posso dire senza conflitto di interessi e senza esibire vanteria, non essendo armeno, ma molokano, di stirpe russa. I miei avi fuggirono dalla persecuzione perché ritenuti eretici, bevitori di latte come ci usano definire. E dal XVII secolo ci ospitano volentieri nella loro «terra di pietre» (Vasilij Grossman). Non tentano di convertirci. Ci circondano di rude e delicato rispetto, con le loro croci intarsiate nella roccia, c...
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