
Il Deserto dei Tartari
L’islam politico ha vinto. Voltaire è morto
La pretesa universalista del principio della tolleranza illimitata, pietra d’angolo della visione del mondo liberal e della cultura relativista, è definitivamente morta in questi giorni di settembre dell’anno 2012. Hanno posto fine alla sua agonia il fuoco, il fumo, le pietre, i colpi di arma da fuoco, le bottiglie incendiarie, le folle inferocite che hanno investito ambasciate e consolati degli Stati Uniti e di altri paesi occidentali come conseguenza della diffusione di immagini del film anti-islamico “L’innocenza dei musulmani”.
«Non sono d’accordo con ciò che dici, ma darei la vita perché tu lo possa dire», il motto attribuito a Voltaire che nei secoli ha conferito nobiltà e grandezza morale al relativismo etico, all’agnosticismo religioso, al laicismo politico, ha perduto definitivamente l’egemonia culturale conquistata decennio dopo decennio a partire dalla Rivoluzione francese. Il governo degli Stati Uniti ha ceduto di schianto al ricatto, ha fatto capire a tutti che non intende rischiare la vita dei suoi funzionari e dei suoi cittadini pur di permettere ad alcuni individui di esprimere liberamente le loro discutibili idiosincrasie in materia religiosa attraverso un prodotto cinematografico. Prima vari portavoce governativi hanno riproposto la classica distinzione liberale secondo cui atti di libera espressione dei privati cittadini non implicano la responsabilità del governo, che è imputabile solo per le politiche che promuove direttamente; poi hanno apertamente condannato i contenuti del film oggetto dell’ira islamica, cosa che normalmente le autorità nei paesi occidentali non fanno: avete mai sentito un presidente, un capo di governo o un ministro americano o europeo biasimare un film, un dramma teatrale o un’opera d’arte figurativa percepita da molti o da pochi cittadini come offensiva nei confronti dei loro sentimenti religiosi?
Attraversata questa linea rossa, il resto è venuto di conseguenza: le autorità americane hanno chiesto a Google, pare senza successo, di rimuovere le immagini del film dai suoi server, la polizia ha arrestato e interrogato per alcune ore il produttore di “L’innocenza dei musulmani” per indagare se abbia violato i termini della libertà condizionale relativi ad un reato di frode bancaria per il quale era stato condannato due anni fa. Censura e intimidazione! Voltaire è morto, l’America ha rinnegato i suoi sacri princìpi della libertà di espressione illimitata garantita dalla costituzione e della tolleranza verso ogni forma di discorso pro-religioso o anti-religioso. L’islam politico ha vinto. È stato creato il precedente e sono state poste le basi per la realizzazione dell’obiettivo che da tempo l’islam politico si è dato: l’approvazione in sede Onu di una risoluzione che impegni tutti gli stati del mondo – compresi quelli occidentali – ad adottare severe leggi antiblasfemia.
Si tratta – si badi bene – di una vittoria dell’islamismo in generale e non dei soli salafiti che animano le manifestazioni in Egitto, Tunisia, Libia, ecc. I partiti che si ispirano ai Fratelli Musulmani e i gruppi, legali o illegali, di obbedienza salafita vogliono la stessa cosa: una legge internazionale recepita da tutti i paesi del mondo che metta giuridicamente al riparo la sacralità dell’islam da ogni genere di offesa, attraverso la parola, la stampa o la rappresentazione artistica. I governi degli islamisti “moderati” in Egitto, Tunisia e Libia hanno buon gioco a condannare le violenze contro le ambasciate nel mentre che proclamano la legittimità di manifestazioni di protesta pacifiche: è grazie alle manifestazioni violente, che si permettono il lusso di condannare, che verrà realizzato un obiettivo politico che condividono pienamente: zittire ogni critica contro l’islam con la forza di leggi penali mondiali.
Lo scenario ricorda gli anni Settanta in Italia, quando i gruppuscoli dell’ultrasinistra nelle scuole e nelle fabbriche creavano situazioni di conflitto estremo, che poi il Pci e la Cgil si incaricavano di mediare e di risolvere in termini più ragionevoli, ma che comunque configuravano un’acquisita egemonia della sinistra. Il legalista Pci raccoglieva i frutti del “lavoro sporco” dei gruppi della sinistra extraparlamentare.
Nei paesi della “primavera araba” sta succedendo una cosa simile: i salafiti tentano di imporre alla società una versione estrema della sharia, i neo-legalizzati e neo-legalisti Fratelli Musulmani intervengono per riportare la calma sponsorizzando una versione più moderata della sharia, ma comunque più avanzata di quella vigente in precedenza: l’egemonia dell’islam politico avanza. Lo stesso modello di azione politica, portato su scala planetaria col pretesto del film “L’innocenza dei musulmani”, darà risultati simili a quelli che avvengono su scala nazionale.
L’anello di congiunzione delle forze in azione e la prova regina della convergenza fra islamisti e salafiti la troviamo nella persona di Rachid Ghannouchi, il leader storico di Ennahda, il partito degli islamisti tunisini. In Tunisia i salafiti non sono rappresentati in parlamento, ed Ennahda, salito al potere dopo le elezioni dell’ottobre 2011, è l’equivalente del Partito libertà e giustizia dei Fratelli Musulmani in Egitto. Ma non che condannare le violente manifestazioni tunisine che hanno causato quattro morti, Ghannouchi ha attribuito in una sua dichiarazione la responsabilità di quanto è accaduto all’Onu, che non ha ancora provveduto ad approvare una norma internazionale contro la blasfemia.
La sconfitta politica globale del principio relativista della tolleranza assoluta che si profila è sensazionale, ma solo fino a un certo punto. Il principio volterriano della difesa ad oltranza del diritto del nostro avversario ad esprimere le sue posizioni da tempo non era più applicato coerentemente dall’intelligentsia liberal internazionale. Clamoroso il caso del discorso di Benedetto XVI a Ratisbona nel 2005, quando dal New York Times in giù quasi tutti i giornali liberal-radicali avevano condannato l’intervento del Papa, inteso da molti musulmani come una provocazione inaccettabile. Anziché difendere il diritto di Benedetto XVI a esprimere un punto di vista che molti potevano non condividere, la stampa secolarista anglosassone lo aveva biasimato per avere messo a repentaglio la pace internazionale. La cosa era stata interpretata come l’ennesima mancanza di fair-play verso il mondo cattolico da parte di opinionisti di background protestante ed ebraico secolarizzati, ma in realtà era il sintomo di un tracollo morale e politico ormai difficile da nascondere: i liberal non hanno più il coraggio di difendere il diritto dei bastian contrari e dei provocatori di professione a compiere dissacrazioni (a meno che ad essere dissacrati non siano simboli cattolici).
Il problema è molto serio, perché la tolleranza illimitata basata sul presupposto della relatività di ogni fede e credenza è l’unico principio di coesione sociale riconosciuto e praticato dalla cultura sino ad oggi dominante. I rapporti dentro alle nostre società e gli stessi sistemi giuridici in cui viviamo sono fondati quasi esclusivamente su questo principio. Adesso che l’islam politico lo ferirà a morte, non si vede bene che cosa lo sostituirà. Si può forse invece rispondere alla domanda circa come sia stato possibile prima il declino e oggi la fragorosa caduta del principio come tale. L’eroica tolleranza volterriana è il prodotto filosofico delle guerre di religione: guerre in cui si uccideva in nome della verità e della fede. Il principio della tolleranza verso il diversamente pensante permetteva di mettere fine alle guerre senza che una delle due parti dovesse essere interamente massacrata o costretta a sottomettersi, permetteva di far cessare lo spargimento di sangue che altrimenti sarebbe proseguito.
È abbastanza naturale che chi proponeva la soluzione della tolleranza fosse disposto a mettere in gioco la sua vita, perché essa era già in gioco nelle interminabili guerre confessionali in corso. Fra il rischiare la vita in battaglie e congiure che non finiscono mai e il rischiarla per permettere il successo del principio di tolleranza, che una volta accettato avrebbe messo fine alle guerre una volta per tutte, la seconda soluzione appare logica, conveniente e realistica. Il problema è che il grande successo del principio di tolleranza e l’imporsi dell’egemonia culturale del relativismo hanno finito per cancellare ogni memoria e ogni esperienza di guerre di religione. Di conseguenza la tensione morale è caduta. Oggi lo spirito della guerra di religione si ripresenta sul palcoscenico della storia, e i fautori della tolleranza relativista si ritrovano sprovvisti delle qualità morali dei loro antenati, imbelli e impauriti di fronte alle minacce di morte. E perciò cedono.
Agli islamisti trionfanti si potrebbe provare a questo punto a proporre uno scambio alla pari: noi vi offriamo leggi antiblasfemia che proteggano le religioni dalla dissacrazione, anche se siamo certi che oltre alle offese gratuite voi volete impedire anche le legittime critiche e in generale il libero pensiero, ma in cambio voi dovete approvare nei vostri paesi leggi che riconoscano in pieno la libertà di coscienza, compresa quella di cambiare religione o di non credere più, e che quindi aboliscano il reato di apostasia. Potrebbe essere un buon affare per tutti, no?
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3 commenti
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Caro Rodolfo, la sua proposta finale mi sembra molto sensata, ma non la farà mai nessuno di noi nè, quand’anche fosse fatta, sarebbe mai accettata da loro. La loro egemonia si basa sulla costrizione e non sulla libertà. La colpa maggiore, però, è nostra, purtroppo, che viviamo con indifferenza quanto accade nei loro paesi, ma ormai anche qui da noi, preoccupandoci solo se e quando viene ucciso un diplomatico, non se viene messa in galera una bambina psichicamente minorata o se vengono uccisi dei cristiani in un lontano Paese a maggioranza islamica…
Io temo molto il giorno del Giudizio: credo che ci verrà chiesta ragione anche delle loro vite! che diremo allora?
grazie del lavoro che fa: leggo sempre i suoi articoli e li condivido. Continui così!
Generalmente mi sento in piena sintonia con le opinioni espresse – in modo peraltro eccellente – da Casadei.
Stavolta no, in quanto ritengo che il principio di tolleranza non sia mai stato realizzato compiutamente neanche qui da noi.
Quasi ogni questione politica è stata ridotta a guerre di religione, anche qui da noi, tra forme diverse di dogmatismo e di militanza “chiesastica”.
Il relativismo è l’essenza profonda della democrazia, ma questo non riduce l’importanza del messaggio religioso.
A mio modo di vedere, lo restituisce solo al suo corretto ambito, che non è quello della politica ma della trascendenza.
Purtroppo è la violenza a vincere, il pre-ricatto. Chi mai oserà da oggi dispiacere alla religione islamica? Quale autorità pubblica non interverrà a censurare un’offesa o presunta tale?
Certo si salveranno la “coscienza” radical-laicista riconoscendo come opera d’arte un film in cui una donna si masturba con il nostro Cristo Crocifisso. Tanto noi cattolici, a differenza dei figli della Riforma, siamo lassisti, indietro di 200 anni.