
L’ipocrita condanna dei mostri nazisti che giustifica l’eugenetica moderna

Quando circa un anno fa sul Foglio apparve l’articolo “Non solo mostri” di Giulio Meotti, si scatenò un putiferio. L’idea del bravo giornalista era di mostrare che i medici nazisti, responsabili degli eccidi nei campi di concentramento, non potevano essere solo sbrigativamente bollati come dei pazzi assassini, privi di senno e sadici, ma che la loro biografia e le loro intenzioni andavano indagate più in profondità, per comprendere che si trattava di brillanti scienziati, osannati in quel tempo in cui già si discuteva di vite “degne” e “indegne”.

Figuratevi se un ragionamento del genere poteva essere compreso dai cretini da tastiera che si affollano sui social, che iniziarono a prendere di mira Meotti, accusandolo di apologia di nazismo. Chi? Meotti? Uno che da anni scrive di ebraismo e Israele con instancabile audacia e cognizione di causa.
In realtà, il giornalista del Foglio andava a mettere il dito in una piaga che ancora oggi sanguina e che si chiama eugenetica, quella “scienza” che – oggi, come allora – giustifica interventi sulla vita in base a un calcolo cinico e spietato.
È questo il vero “scandalo” che fu capace di sollevare Meotti, che oggi raduna, completa e dà spessore a quella inchiesta, pubblicando per Lindau il libro Ippocrate è morto ad Auschwitz. La vera storia dei medici nazisti (360 pagine, 24 euro). È un volume prezioso e che va contromano rispetto all’ipocrisia di chi si scandalizza per i “mostri” nazisti, ma tace sul quotidiano tradimento del giuramento di Ippocrate. Qui sta il punto: i medici del Terzo Reich, svolgendo i propri esperimenti sulle cavie ebree, non violarono alcuna legge. Lo fecero in nome del progresso e del bene.
Quelli che oggi tolgono la vita ai bambini belgi e olandesi, non lo fanno forse per il loro miglior interesse e il loro bene? Come ricorda Meotti, «i medici nazisti passarono gradualmente dalla sterilizzazione eugenetica all’eutanasia infantile e adulta e infine all’omicidio e al genocidio».
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