
L’INCIAMPO DEL SEN. LUZI
Nella pianura lo scontro dei treni ha dato luogo ad una scultura tremenda, ad un’istallazione, come dicono oggi gli artisti, formidabile e dolorosa. Com’era più violentemente umana e perciò più saggia, la privatamente addolorata e deprivata moglie del macchinista, che ha terminato così, in quel lancio impennato all’alto, la sua esistenza di mattine presto per andare a lavorare, rispetto al dolore pubblico e pubblicizzato di chi non c’entrava niente in quella piana, su quei binari… Come era più presidenziale, più governatrice, più da votare lei che diceva: «non ammazzetemelo una seconda volta, non dire che è stata solo colpa sua…». La retorica uccide la vita e la parte viva della morte. Poi ragionino certo i politici, gli amministratori, sul binario unico, sui tagli per la sicurezza. Ma lo facciano nel chiuso degli uffici, non davanti ai lenzuoli allineati sui cadaveri. Lo facciano nelle loro commissioni. E lo facciano prima, magari.
Guazza, l’uomo che si è presentato come slegato da partiti e potentati, si è trovato, dopo la nomina all’antitrèst (come dicono a Bologna, in riferimento alla sua depressione post batosta) al centro di una polemica su raccomandazioni e legami. Per uno come lui che ha sempre pensato che la politica è solo amministrazione, un incarico tecnico è la soluzione migliore.
A Mario Luzi che con battute infelici peraltro rimangiate si era messo a paragonare Berlusconi a Mussolini abbiamo chiesto di concentrarsi da poeta-senatore su faccende più importanti come lo stato dell’educazione nel Paese. Ai plausi poco lungimiranti di teatranti del regime (che non c’è), si sono opposti gli attacchi dei centrodestri più livorosi. Non ne aveva bisogno Luzi, né noi.
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