Liguria, 150 giorni dopo l’alluvione: «Eravamo sommersi dal fango, così ci siamo rialzati»

Di Daniele Ciacci
21 Marzo 2012
Intervista a Massimo Ciocconi, proprietario di Autoservice, concessionario di Brugnato colpito dall'alluvione e sommerso da due metri e settanta di fango: «Ci siamo messi a pulire tutto e la prima macchina è stata rivenduta a 40 giorni dalla tragedia».

«Nessuno aveva mai visto una tragedia del genere». A 150 giorni dall’alluvione che ha colpito la Liguria, Massimo Ciocconi, a capo di una concessionaria di Brugnato – uno dei Comuni più colpiti – racconta a tempi.it la storia della rifondazione. «La nostra azienda era sommersa da tre metri di fango. Per non parlare di casa mia, che ho perduto in toto insieme al giardino e alla macchina. Il giorno dopo, davanti alla piazza dove sorgeva la struttura, c’era solo un’immensa distesa di fango e sabbia. Allora io e i miei colleghi ci siamo rimboccati le maniche, e abbiamo costruito da zero». E adesso, l’azienda è ripartita con un centinaio di auto nuove.

Massimo Ciocconi, cos’è stata l’alluvione per lei?
Sicuramente l’esperienza più traumatica della mia vita. La nostra azienda si chiama Autoservice e commerciamo automobili nuove e usate. L’anno scorso ne avevamo circa 150. Non ne abbiamo salvata neanche una. Durante l’alluvione, io ero in officina. Poi, quando ho visto che la situazione era irrimediabile, sono tornato a casa da mio figlio. Ho detto ai miei dipendenti che era meglio salvare la vita che l’azienda e ho spinto anche loro a tornare dalle proprie famiglie. A casa, io e il mio bambino di dieci anni siamo andati a dormire al secondo piano. La mattina dopo, in casa avevamo quattro metri di fango. Ho salvato solo il cane. Il resto è andato distrutto. Mia moglie è arrivata da noi dopo tre giorni, perché era a La Spezia e tutte le strade erano sommerse. Mia figlia maggiore si trovava nel paese di fianco a Brugnato, dove sapevo c’erano stati molti morti. Pur essendo a soli tre chilometri di distanza, non riuscivamo a metterci in contatto.

La sua azienda, invece, com’era ridotta?
Il giorno successivo, il concessionario era sotto due metri e settanta di fango. Io e i miei soci ci siamo guardati per un po’ attorno, cercando qualcosa che si fosse salvato. Ma niente. Solo dopo un mese di lavoro con quattro ruspe, forniteci dalla Protezione civile, siamo ripartiti.

In che modo?
Sistemando le pratiche amministrative più urgenti. Avevamo già pagato 80 macchine usate. Perse. Quelle nuove, forniteci dalle diverse ditte produttrici, ci sono state rimborsate quasi tutte. La Fiat e la Volkswagen si sono sobbarcate l’intera perdita. La Lancia ci ha dato grossi problemi e non ci ha restituito nulla.

A quanto ammontavano i danni?
Guardi, l’ultima cosa che volevamo fare era il computo delle perdite. Sinceramente, volevamo ricominciare e basta. Al di là delle macchine, tutto il necessario era stato spazzato via. La cancelleria, i computer, l’impianto elettrico. Tabula rasa. Bisognava ripartire dalle fondamenta. Anzi, prima ancora, bisognava ripulire tutto. Allora, pezzo per pezzo, abbiamo liberato il magazzino. Ogni piccolo spazio liberato ci dava la forza per proseguire.

Qualcuno vi ha aiutato?
Sì. Asconauto, un consorzio di concessionarie, ha organizzato una raccolta fondi per la nostra società e ci ha dato una mano a comprare dei pezzi di attrezzatura. A poco a poco siamo riusciti a riacquistare il necessario. Per ora non abbiamo ancora ricevuto nessun ausilio dalle istituzioni, a parte un mese di cassa integrazione. Solo adesso è uscito un bando statale, che dovrebbe sostenere il 40 per cento delle spese per la rifondazione. Ma parliamo di una cifra ancora di là da venire. Certo, la Protezione civile ci ha dato un contributo pratico. Gli alpini organizzavano nella piazza centrale le cene da campo per tutto il paese. Anche i volontari ci sono stati vicini e ci trasmettevano la forza per andare avanti.

Dopo quanto tempo Autoservice è tornata operativa?
La prima macchina è stata venduta a 40 giorni dalla tragedia. Abbiamo riaperto subito perché la città aveva un bisogno impellente di autovetture. Spesso, se non ha danneggiato le strutture, la marea di fango si è portata dietro le macchine in strada. Per cercare di riprenderci subito, abbiamo aperto. È stato bello ricominciare a lavorare. La gente del paese, per aiutarci, ha aspettato che riprendessimo a pieno ritmo per venire a comprare da noi. Desideravano aiutarci. Non abbiamo perso neanche un cliente. Allo stesso modo, per ricostruirmi la casa ho chiesto una mano a una azienda locale. Ci siamo aiutati a vicenda: io ho pagato loro e loro me.

Che cosa vi ha spinto a ripartire?
È stata una cosa spontanea, condivisa e senza troppi pensieri fumosi. Nessuno ha messo in dubbio il fatto di ripartire. Qualche dipendente ha temuto per il suo posto di lavoro, ma un solo dipendente ci ha lasciato. Si è spaventato della situazione. Era con noi da pochi giorni. Adesso, però, quel dipendente è ancora qui. L’ho richiamato e l’ho convinto a tornare da noi. Abbiamo mantenuti tutti i posti di lavoro precedenti, con le stesse persone, e nessuno ha perso un giorno di stipendio.

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