
Libertà di educazione: lezione Usa
Ogni paese ha quel che si merita: in Italia sindacati degli insegnanti e collettivi studenteschi promettono per l’autunno alla signora Moratti una “pantera” decisa a dare l’assalto a quel po’ di libertà educativa che il ministro cerca di introdurre nel sistema scolastico; negli Stati Uniti il Manhattan Institute for Policy Research, prestigioso centro studi, ha elaborato un Indice della Libertà di Educazione che misura il tasso di libertà di un sistema scolastico e, raffrontando le due prime ricerche sulle scuole Usa basate su questo indice, ha concluso che all’aumento della libertà di educazione corrisponde un miglioramento del profitto degli studenti, almeno per quanto riguarda i risultati dei test di matematica. L’Education Freedom Index (questo è il nome originale dell’indice, abbreviato in Efi) risulta dalla media ponderata di quattro indicatori: la presenza di charter-schools e di una legislazione che ne faciliti la scelta; l’esistenza di politiche dei “buoni scuola” e la percentuale di studenti che ne usufruiscono; la percentuale di studenti che frequentano l’home-schooling, cioè scuole direttamente gestite da associazioni di genitori; la facilità con cui ci si può trasferire da una scuola pubblica del proprio distretto a quella di un altro. Il Manhattan Institute ha classificato gli stati dell’Unione sulla base dell’Efi. Un particolare merita di essere notato: fra gli Stati che vantano un Efi di prim’ordine compaiono sia alcuni che votano tradizionalmente Repubblicano, sia altri che votano tradizionalmente Democratico: a riprova che negli Usa la libertà scolastica è un tema bipartisan.
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