Liberalizzazioni: «Ora il governo Monti deve stringere. Serviranno a tutti»

Di Carlo Candiani
20 Gennaio 2012
Intervista a Linda Lanzillotta, deputata per Api e presidente di Glocus, che ha presentato con l'Istituto Bruno Leoni un documento sulle liberalizzazioni: «L’ultima bozza del governo è già il risultato di mediazioni, in particolare nel settore delle professioni. Ora bisogna difendere questo testo in Parlamento dalle lobby»

«Abbiamo bisogno di politiche che rimettano in moto il paese, che levino incrostazioni, che creino opportunità di lavoro, che abbassino le barriere di accesso alle attività produttive, che riducano le tariffe dei servizi pubblici essenziali, che incidono sia sui cittadini che sulle imprese». È questo che sta alla base delle dieci proposte di liberalizzazione a costo zero, contenute nello studio “Liberalizzare per crescere”, presentato a Montecitorio mercoledì 18 gennaio durante un convegno realizzato da Glocus e dall’Istituto Bruno Leoni. «Le liberalizzazioni, una volta operanti, non avranno effetto immediato e bisognerà valutarle nel medio e lungo periodo – spiega a tempi.it Linda Lanzillotta, deputata per Api e presidente di Glocus -. Ma saranno fondamentali per portarci a standard di competitività e di dinamismo pari agli altri paesi europei».

Se ne parla da anni, con scarsi risultati.
Si tratta di politiche rinviate per almeno quindici anni, perché le resistenze corporative hanno bloccato le coalizioni sia di destra che di sinistra, anche se personalità riformiste non mancavano di certo. Oggi, con questa coalizione molto vasta e un governo tecnico, ci sono le condizioni per una “sferzata” al nostro sistema paese.

Il vostro documento è stato presentato a pochi giorni dall’approvazione del decreto sulle liberalizzazioni dell’esecutivo Monti.
Nella bozza del governo Monti ci sono molte misure che abbiamo proposto anche noi, comunque voglio sottolineare che le nostre attengono in larga parte alle liberalizzazioni, ma anche a settori essenziali come il funzionamento della giustizia civile o quello delle università. Favorire una maggiore meritocrazia è la condizione per la mobilità sociale in questo paese, che oggi è bloccata perché non c’è diritto allo studio, le capacità dei nostri giovani non vengono valorizzate. Abbiamo pensato anche ad una proposta che riformi il sistema di welfare, perché favorisca l’immissione nel mondo del lavoro di giovani e donne.

Liberalizzazioni a tutto campo, dunque.
Sì, e non solo in senso tecnico. Servono a rendere più dinamici i settori fondamentali per attrarre investimenti: la giustizia civile, la certezza delle regole e dei rapporti contrattuali. Sono condizioni essenziali per attrarre investimenti, che in Italia latitano perché chi viene coinvolto in contenziosi non sa mai come andrà a finire. E questo dipende dall’incertezza del Diritto.

Questo documento ha ricevuto un plauso bipartisan, l’hanno apprezzato tutti gli schieramenti. Secondo lei anche imprenditori e sindacati lo approverebbero?
Me lo auguro. Le aspettative imprenditoriali sono tenute in considerazione. Per quanto riguarda i sindacati, anche se non lo apprezzassero, penso che sia arrivato il momento di rappresentare anche i non organizzati, senza per questo intaccare la presenza molto importante del sindacato che rappresenta i lavoratori già occupati, prevalentemente con contratti a tempo indeterminato e i pensionati. C’è però una larga fetta di paese esclusa e il Parlamento deve fare politiche per questi nostri concittadini, in modo che si sviluppino opportunità per realizzare il loro futuro, senza dover essere costretti ad emigrare. Con il sindacato bisogna confrontarsi, ma poi bisogna decidere per l’interesse generale.

Come volete “spendere” questo documento?
L’abbiamo messo a disposizione delle forze politiche; è molto importante che ci sia stata una larga condivisione, così magari si potrà tradurre in legge sul piano parlamentare. Noi sosteniamo il governo, sperando che duri il tempo necessario alla risoluzione dei problemi, un risultato che non si ottiene con la bacchetta magica. Ci vuole molto tempo.

Il decreto governativo dovrà uscire indenne da un estenuante braccio di ferro tra l’esecutivo e le categorie interessate. Monti deve dialogare di più o di meno?
L’ultima bozza è già il risultato di mediazioni, in particolare nel settore delle professioni; io penso che adesso si tratta di chiudere, di difendere questo testo in Parlamento dalle lobby e dai gruppi di interesse. Questo è un passaggio importante per il governo Monti: è già riuscito a far approvare con determinazione e coerenza la riforma delle pensioni, con sacrificio di molti lavoratori, con la stessa energia deve agire con questo decreto. In fondo, visto che “colpisce” tutti, nessuno deve sentirsi perseguitato, anzi. Gli uni potranno cogliere i vantaggi dalle liberalizzazioni di altri. Ci saranno penalizzazioni ma anche vantaggi e opportunità.

Opportunità in una fase negativa come questa?
È proprio adesso che si devono creare le condizioni per lo sviluppo perché, quando l’economia invertirà questo ciclo di crisi, dobbiamo essere pronti alle nuove sfide. Non come abbiamo fatto quando siamo entrati nell’euro, quando abbiamo usato i tassi tedeschi, ahimè, per aumentare il debito pubblico, invece di rendere più competitiva la nostra economia. I tedeschi, invece, hanno fatto delle riforme di cui oggi tutti vedono gli effetti.

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