In Libano assaltano le banche. E la gente applaude

Di Rodolfo Casadei
15 Agosto 2022
Correntisti esasperati cercano di recuperare i propri soldi con le maniere forti. Il paese è allo stremo, in preda a una grave crisi finanziaria
Forze di polizia libanesi all'esterno della banca a Hamra assaltata da un uomo armato l'11 agosto 2022.
Forze di polizia libanesi all'esterno della banca a Hamra assaltata da un uomo armato l'11 agosto 2022.

Giovedì mattina Bassam S.H. è entrato in una filiale della Federal Bank di Hamra, il quartiere della moda e dei ristoranti di Beirut, armato di un fucile d’assalto e di una latta piena di kerosene, e ha preso in ostaggio clienti e impiegati. Una rapina? No, il tentativo da parte di un depositante esasperato di ritirare dal suo conto corrente bancario (ccb) una forte somma in dollari. Bassam deve pagare le cure mediche per il padre gravemente malato, ma da due mesi la banca si rifiuta di consentirgli di prelevare denaro dal suo conto, nonostante accordi presi in precedenza.

Tetto mensile al prelievo

Dall’autunno del 2019, data della grande crisi finanziaria che ha colpito il Libano, in assenza di provvedimenti del governo le banche libanesi hanno deciso autonomamente di applicare controlli sui movimenti di capitale. Questi consistono in buona sostanza nell’imposizione di un tetto mensile risibile ai prelievi in dollari dai ccb (tutti i depositanti possono averne dal 1997, quando su suggerimento della Banca centrale le autorità decisero di agganciare la lira libanese al dollaro al cambio fisso di 1.507,5 lire per 1 dollaro) mai superiore ai 300-400 dollari, ovvero nell’autorizzazione a prelevare dollari solo se rapportati alla svalutazione che dopo il 2019 ha conosciuto la lira libanese.

Questo significa che se volete prelevare 100 dollari dal vostro conto, dovete fare un’operazione bancaria del valore di 500 dollari, di cui 400 vi saranno addebitati come passivo. E dovreste pure essere contenti, perché fra la fine del 2019 ed oggi la lira libanese ha perso oltre il 90 per cento del suo valore…

Uscito tra gli applausi

Giovedì mattina fuori dalla filiale della Federal Bank di Hamra si è riunita una folla di sostenitori del signor Bassam che per ore ha scandito lo slogan «Siamo tutti dei depositanti!», ai quali sono uniti avvocati dell’Unione dei depositanti. Alle ore 18 gli ostaggi sono stati rilasciati e Bassam S.H., che aveva cosparso di combustibile i locali minacciando di dare loro fuoco, è uscito fra gli applausi della folla, scortato da poliziotti che lo hanno portato in commissariato ma senza manette.

L’ondata di simpatia per l’azione di un uomo che ha messo in pericolo la vita di decine di persone si spiega almeno in parte col fatto che i correntisti libanesi, piccoli e grandi, possono fare scarso affidamento sulla giustizia ordinaria libanese e sul potere esecutivo per vedere rispettati i loro diritti. A causa dei costi delle procedure giudiziarie, delle pressioni esercitate dalla politica sulla magistratura, del mancato intervento dell’esecutivo sulle banche che hanno perso le cause giudiziarie ma si rifiutano di ottemperare alle sentenze, finora pare che soltanto 400 piccoli risparmiatori abbiano fatto ricorso alle vie legali con l’assistenza dell’Unione dei depositanti per ottenere soddisfazione. Altri, residenti all’estero e perlopiù grandi uomini d’affari, stanno portando in giudizio le filiali delle banche libanesi a Parigi, Londra, ecc. che si rifiutano di consentire a grossi prelievi dai loro conti.

Prestiti e condizioni

La situazione generale appare incancrenita nonostante l’accordo preliminare dell’aprile scorso fra Fondo monetario internazionale (Fmi) e Libano che nel corso dei prossimi 46 mesi consentirà al paese di accedere a 3 miliardi di dollari di prestiti. Ma a condizione che vengano fatte le riforme del settore bancario che non furono accettate nel luglio 2020, quando i negoziati abortirono principalmente a causa dell’ostruzionismo delle banche libanesi, spalleggiate dalle personalità politiche e di governo che siedono nei loro consigli di amministrazione personalmente o attraverso loro parenti o fedelissimi.

Il giudizio del Fmi sul sistema libanese, contenuto nella dichiarazione che annunciava l’accordo preliminare, è spietato: «Questa crisi è una manifestazione di vulnerabilità profonde e persistenti generate da molti anni di politiche macroeconomiche insostenibili che alimentano ampi disavanzi gemelli (fiscali ed esterni), dal sostegno a un tasso di cambio sopravvalutato e da un settore finanziario sovradimensionato, combinati con gravi problemi di responsabilità e trasparenza e mancanza di riforme strutturali».

Debito pubblico da 2,3 a 35 mld di dollari

Dopo la fine della guerra civile (1975-1991) la ricostruzione del Libano è avvenuta attirando capitali dall’estero che le banche commerciali si incaricavano di versare alla Banca centrale (Banca del Libano) in cambio di titoli di credito con rendimenti in certi periodi anche a due cifre; la Banca del Libano finanziava poi la spesa pubblica in deficit dei governi coi dollari depositati dalle banche.

In questo modo il debito pubblico è passato da 2,3 miliardi a 35 miliardi di dollari tra il 1992 e il 2004, spingendo il rapporto debito/Pil da meno del 50 per cento a più del 150 per cento nel periodo.

Allo stesso tempo, la quota di debito detenuta dalle banche commerciali è costantemente aumentata, raggiungendo a fine 2015 oltre il 65 per cento. All’inizio di quest’anno il debito pubblico libanese interno ha raggiunto i 61,9 miliardi di dollari, pari al 190 per cento del Pil. Se si aggiunge il debito estero, pari a 38,5 miliardi di dollari, si sfonda la barra dei 100 miliardi di dollari.

La crisi della Banca del Libano

La situazione attuale, che ha spinto sotto la soglia della povertà i tre quarti della popolazione libanese (fino a tre anni fa era in tale condizione solo il 28 per cento), si è venuta creando dal momento in cui (marzo 2020) la Banca del Libano non è stata più in grado di pagare 1,2 miliardi dollari di interessi di 32 miliardi di eurobond comprati dalle banche libanesi, né tanto meno di rimborsarli. Le banche si sono così ritrovate con scarsa liquidità a disposizione, e hanno cominciato a penalizzare i correntisti.

Oggi il totale delle perdite del settore bancario è stimato a 72 miliardi di dollari. La Banca del Libano ha usato quei soldi per stabilizzare la lira libanese artificiosamente agganciata al dollaro e per finanziare la spesa dello Stato.

Piano di risanamento

Una bozza di piano di risanamento, che prevede una ristrutturazione del settore bancario, è stato approvata nel maggio scorso dall’esecutivo del premier uscente Najib Mikati e costituisce la base dell’accordo di principio firmato con il Fmi ad aprile. Ma non è per nulla condiviso da banchieri, alcuni depositanti e la classe politica più compromessa col settore bancario.

Questo piano prevede di far sopportare alle banche commerciali la maggior parte delle perdite, proteggendo al contempo piccoli i correntisti fino a 100 mila dollari di deposito, sempre ricorrendo a risorse del settore finanziario, scaglionate nel tempo. Circa l’88 per cento dei depositi verrebbe così interamente rimborsato.

Le banche si sono quasi tutte ferocemente ribellate, affermando che i costi del salvataggio devono essere sostenuti dallo Stato. Intanto continuano ad accettare prelievi dai ccb solo col contagocce. Anche se così rischiano di vedersi puntare la canna di un fucile allo sportello.

Foto Ansa

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