L’eutanasia ne ammazza più di sette al giorno. E il Belgio applaude

Di Caterina Giojelli
05 Marzo 2020
Nel 2019 sono state uccise con l'iniezione letale 2.655 persone (+12,5% rispetto al 2018). L'omicidio «compassionevole» è ormai prassi

Dal settembre 2002, data dell’entrata in vigore della legge vigente, il numero delle morti per eutanasia in Belgio non ha fatto che aumentare: erano 349 nel 2004, sono state 2.028 nel 2016, 2.309 nel 2017, 2.357 nel 2018. E nel 2019, con un incremento del 12,5 per cento rispetto all’anno precedente, hanno ricevuto la “buona morte” 2.655 persone.

CRESCONO I MORTI DA “BUONA MORTE”

Lo annuncia il rapporto 2019 della Commissione Federale per il controllo e la valutazione dell’eutanasia che, ricordiamolo, riporta solo i casi dichiarati ufficialmente dai medici alla Commissione. Questi, secondo studi di Lancet e British Medical Journal, rappresenterebbero solo il 50 per cento delle eutanasie effettivamente somministrate. Un’analisi più dettagliata dei casi dichiarati, specifica lo stesso rapporto, verrà effettuata nella prossima relazione biennale della Commissione, su raccolta dati 2018-2019. Ma il trend di crescita è più che confermato.

BOOM DI MALATI «NON TERMINALI»

Duemilaseicentocinquantacinque persone significa oltre sette pazienti al giorno uccisi da un’iniezione endovenosa di tiopentale sodico seguita o meno da quella di un farmaco a base di curaro che provoca la paralisi muscolare. Per quali ragioni? È qui che insieme al numero dei decessi andrebbe annotato un incremento delle richieste da parte di malati non terminali: per 448 persone su 2.655 la morte non era infatti attesa «a breve», cioè entro settimane o mesi, dal momento che si trattava di pazienti con «polipatologie», vale a dire una combinazione di problemi, nessuno mortale (classica situazione che si presenta invecchiando con l’insorgere di problemi cardiovascolari, respiratori e metabolici), che tuttavia «non avrebbero potuto migliorare», al massimo causare «sempre più gravi disabilità».

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CINQUANTA «MATTI» E UN BAMBINO

Se le polipatologie sono alla base del 17,3 per cento delle richieste di eutanasia nel 2019, una diagnosi di tumore ha motivato invece il 62,5 per cento. E le altre? Il rapporto registra un dato inquietante: lo scorso anno hanno ricevuto l’eutanasia 50 persone che soffrivano di disturbi mentali e comportamentali (malattie psichiatriche come il disturbo della personalità o invalidanti sul piano cognitivo come l’Alzehimer). Per la Commissione si tratta di richieste «marginali», tuttavia sono abbastanza per porsi qualche domanda su quanto la legge protegga davvero la tanto sbandierata autodeterminazione e libera scelta. Le stesse che sorgono leggendo della registrazione nel 2019 di una richiesta di eutanasia da parte di un minore. Fino all’anno precedente erano tre i bambini, di 9, 11 e 17 anni, ad aver ricevuto l’iniezione letale (il bambino di 11 anni aveva la fibrosi cistica, che in media oggi garantisce una speranza di vita fino a 43 anni).

ANZIANI IN CASE DI RIPOSO

In media le persone con più di 70 anni rappresentano da sole il 67,8 per cento dei pazienti eutanasizzati, ed è in costante aumento il numero di eutanasie eseguite nelle case di cura: è qui che sono avvenuti il 15,9 per cento dei decessi (43,8 per cento in casa, 38,2 per cento in ospedale). Nell’1 per cento dei casi la «buona morte» è stata data a pazienti incoscienti, sulla scorta di dichiarazioni anticipate.

DIECI ANNI DOPO LA MORTE DI TINE NYS

Nessun segno di arresto, nessun segno di una imminente e futura inversione di rotta delle richieste di eutanasia nonostante il Belgio abbia appena affrontato il caso più controverso dalla sua legalizzazione. Dieci anni dopo la morte di Tine Nys, la ragazza cui venne diagnosticato un finto autismo per autorizzarne la morte, in centinaia hanno applaudito all’assoluzione dei medici che seppur in «circostanze dubbie» e «in modo inappropriato» (parole del giudice) già dieci anni fa avevano portato a termine il loro compito: normalizzare una pratica barbara, banalizzare l’omicidio «compassionevole» di quelle che sarebbero diventate oltre sette persone al giorno.

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