Lettere al direttore

Lettere di abbonati che non arretrano di un millimetro

Di Emanuele Boffi
23 Dicembre 2023
"Caro direttore, per questo Natale ho deciso di regalarmi il rinnovo dell'abbonamento a Tempi. L'ho fatto perché...". Grazie a tutti e buon Natale
Vignetta di Guido Clericetti per il Natale 2023 di Tempi

Vignetta di Guido Clericetti per il Natale 2023 di Tempi

Caro direttore, per questo Natale ho deciso di regalarmi il rinnovo dell’abbonamento a Tempi. L’ho fatto innanzitutto per un debito di riconoscenza verso ciascuno di voi che ogni giorno, con impegno e determinazione, offrite a noi lettori un giudizio sulla realtà che non si trova su altre testate. È un momento difficile per l’Italia e per il mondo. Tante sfide incombono, a partire da quella educativa che mi sta particolarmente a cuore essendo un’insegnante. Conto sul vostro prezioso aiuto per continuare a vivere il mio lavoro con una speranza e una certezza di cui le persone che incontro hanno estremo bisogno. Vi chiedo soltanto di continuare a non arretrare di un millimetro su tutte le battaglie che portate avanti nella memoria grata e viva di amici come Luigi Amicone di cui tutti sentiamo non la mancanza ma una presenza ancora più forte e piena. A presto.

Pellegrino Giornale

Grazie per questa lettera. E, come diceva Gigi, avanti popolo!

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Gentile direttore, sono un insegnante di liceo scientifico. Ho sempre amato giocare con le costruzioni, con i mattoncini. Gran parte della mia infanzia e adolescenza le ho trascorse giocando con una miriade di costruzioni che avevo ereditato dai fratelli più grandi. Questa mattina, dopo tanto tempo, ci ho giocato nuovamente, insieme a mio figlio di 5 anni. Per il compleanno gliene hanno regalato due scatole e lui mi ha chiesto di aiutarlo per assemblare i mattoncini e realizzare le macchine raffigurate. Mi sono messo lì con lui e, dopo poco, mi sono accorto di un fatto: le costruzioni di oggi non sono come quelle con cui giocavo io. No, non prendetela come la solita frase del nostalgico “Ai miei tempi le cose erano diverse!”. Non è questo che voglio dire. Il fatto è che amavo tantissimo costruire con i mattoncini e mi ingegnavo, con i pezzi che avevo a disposizione, per riprodurre ciò che mi piaceva: macchine, treni, aerei, cose così. Il gioco era tutto lì, i mattoncini erano quelli, molto semplici: pezzi lunghi 2, 3, 4, sia alti (da 3) che bassi (da 1). Qualche base di diverse misure (una era spezzata, me la ricordo ancora, ma comunque poteva essere utilizzata) e poco altro. Con quei pezzi dovevo fare tutto, mi dovevo adoperare per poter realizzare ciò che avevo in mente. Quello che mi ha sorpreso invece oggi giocando con mio figlio, con le costruzioni appena ricevute, è che i pezzi di adesso sono completamente diversi. C’è un pezzo per ogni cosa. C’è il parafango, c’è il tetto con il vetro, c’è il cofano della macchina liscio e curvo. Già tutto fatto, precostituito. Sostanzialmente quello che tu devi fare è semplicemente mettere insieme i pezzi e stop. Tra le altre cose, sei molto vincolato, ogni pezzo può avere quella funzione, non c’è possibilità di errore o creatività. E mentre mi accorgevo di questo mi sono reso conto di due cose. Primo: che in fondo, in piccolo, è esattamente come oggi viene proposta la vita ai ragazzi. Pensando ai miei studenti, mi accorgo di questo. Hanno già tutto, è già tutto pronto. E se è tutto pronto, è come se in fondo loro non dovessero fare niente, non dovessero metterci niente di loro. Come se non fossero chiamati a dare il loro contributo al mondo, e quindi la loro vita sostanzialmente fosse inutile. Ed infatti tanti di loro sentono di essere al mondo inutilmente. Secondo: che se, nel caso delle costruzioni, ti viene dato tutto ed anche il libretto di istruzioni, a te non resta che mettere insieme le cose ed hai finito. Ma se, come accade a tanti nella vita, viene dato tutto ma non lo scopo, il senso (l’immagine finale da realizzare con le costruzioni), allora tutto ciò che ho in mano perde di valore perché privo di senso. Ed infatti ho davanti spesso dei giovani annoiati, perché non avendo il senso delle cose, della vita, piano piano tutto diventa noioso, privo di attrattiva. Le cose da fare, le relazioni, tutto viene usato e poi, appena finito il piacere immediato, si getta, perché tanto privo di senso. Come fare? Per le costruzioni temo non ci sia rimedio, e me ne rammarico. Per la vita mi spendo ogni giorno come professore, non tanto per spiegare un senso, ma per comunicare un gusto nelle cose, che possa fare scattare la curiosità ai miei studenti, la voglia di scoprire se anche per loro è possibile vivere veramente, prendere in mano la vita perché chiamati a qualcosa di grande.

Paolo Montanari

Infatti il punto mi pare proprio questo: i giovani sono annoiati perché hanno davanti a sé esempi di gente annoiata. Se trovano qualcuno di vivo, lo seguono. Perché ognuno di noi, giovane o vecchio che sia, questo vuole: non vivere inutilmente e superficialmente.

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Caro direttore, avendo fatto attività politica con Cl all’Università di Padova e Milano, capisco l’articolo su Mario Brusa e credo che la nostra scena politica, non da oggi, ha cancellato e spesso punito le voci più oneste della cultura in vari ambiti.. Difatti erano migliori i contributi di un segretario Dc di un paese di mille anime come me che non i tenebrosi ed avvilenti discorsi dei partiti oggi.

Anacleto Sabbadin

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Noto con rammarico che quando si parla di governo non si prendono quasi mai in considerazione i ministri in carico per pubblica istruzione e università… Ulteriore conferma di quanto poco si ritengano importanti questi ambiti?

Teresina Torre

Gentile Teresina, non so se lei si riferisca all’articolo uscito sul numero di dicembre del mensile e firmato da Lorenzo Castellani. Se sì, devo spezzare una lancia in favore di Lorenzo, cui abbiamo chiesto, in poche righe, di fare un “pagellone politico” del 2023. E Lorenzo, come sempre, lo ha fatto bene, ma – inevitabilmente – decidendo di parlare di qualcuno e non di tutti. Se, invece, lei intende un disinteresse generale della stampa italiana per scuola e università (più per la seconda che per la prima), non posso che darle ragione.

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