
Leoncavallo. Il centro sociale di Milano incassa più di 1 milione di euro l’anno, ma non paga affitto e tasse
Mentre lo Stato alleggerisce il portafoglio dei lavoratori italiani, sempre più vessati dal Fisco e dalle istituzioni, il Leoncavallo, storico centro sociale di Milano, fa affari illegalmente e senza dare un euro alla comunità.
Dal bilancio 2012 dello storico centro sociale, ieri comunicato dai leoncavallini alla presenza di alcuni membri della giunta di Giuliano Pisapia (recentemente accusata voler tagliare i fondi agli asili nido paritari), si evince che gli abusivi non solo continuano a non pagare l’affitto dello stabile occupato in via Watteau, ma non sborsano neppure un euro per le tasse o per i diritti d’autore.
1 MILIONE DI RICAVI. Nonostante il tempo di crisi, gli affari di Leoncavallo Spa (nel senso di Spazio Pubblico Autogestito) vanno a gonfie vele, racconta oggi Il Giornale. «La florida attività solo nel 2012 ha registrato entrate per un milione e 190 mila euro», un «business da fare invidia a qualsiasi piccolo e medio imprenditore della zona».
«Il segreto degli incassi a sei zeri? Basta non pagare l’affitto e investire appena 42 mila euro (messi regolarmente a bilancio tra le uscite) per le spese processuali», spiega il Giornale. Per continuare a fare affari nell’illegalità, basta un «bravo avvocato che porti avanti il tira e molla con il Comune e che eviti all’infinito lo sfratto», come è puntualmente avvenuto oggi.
I dati positivi portano i leoncavallini a chiedere di essere regolarizzati, ovviamente a spese del Comune (cosa fino ad oggi scongiurata dall’opposizione in Consiglio). Gli affari potrebbero andare ancora meglio, spiegano gli abusivi. «La precarietà è un limite per le nostre attività. Basterebbe un atto del Comune a costo zero», spiegano. A sostenerli c’è Sel, che per bocca dell’avvocato Mirko Mazzali, chiede alla giunta Pisapia la regolarizzazione del Leoncavallo «come regalo di Natale».
QUASI IN ATTIVO. «Andando a vedere i bilanci del passato», nota il Giornale, «la situazione è pure migliorata: in media il Leonka fatturava 500 mila euro, di cui 80 mila reinvestiti in progetti vari». «Nel 2012 – prosegue il quotidiano – gli incassi sono raddoppiati e, da bravi “imprenditori”, i leoncavallini hanno anche aumentato gli investimenti: 515 mila euro per i progetti culturali, 7 mila per la comunicazione, 80.800 euro per la solidarietà, per un totale di uscite pari a 1,2 milioni». «Se non fosse stato per un furto dalle casse (40 mila euro) il bilancio avrebbe anche chiuso con segno più». Invece il rosso si attesta a 16.900 euro: «un passivo da nulla», spiega il Giornale, «che tanti imprenditori in questo momento cambierebbero volentieri con quello delle loro attività».
Articoli correlati
6 commenti
I commenti sono chiusi.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!
naturalmente gli stessi campioni della giustizia che vedono solo l’ici x la chiesa
Ma perché continuate a chiamarlo “Leoncavallo”? Ruggero Leoncavallo era una persona seria, oltre che un bravo compositore di musica lirica. In alternativa, potreste chiamarlo “Leonbeshtia”, come un suo altrettanto famoso collega, il mio concittadino (e “ziastro” del cognato di mia nonna) Giacomo Puccini, lo chiamava scherzosamente. Meglio ancora: visto che il capolavoro di Ruggero Leoncavallo è “I pagliacci”, non sarebbe più appropriato chiamarlo “Circolo dei pagliacci”?
Il Leoncavallo è il classico immobile da riconvertire in campo di lavoro forzato con la regola che chi non lavora non mangia (ovviamente impedendo l’uscita agli occupanti). La situazione italiana è quella che è, bisogna ricorrere al lavoro schiavistico laddove è possibile.
E la magistratura? Che fa?
verrà a bastonare te se ti azzardi a scrivere qualche parola di troppo. comune di merda abitato da cittadini di merda ( COLMENGA COMPRESO )