
Leader palestinese chiama per sbaglio Morsi come il dittatore Mubarak. Perché di un lapsus freudiano
È una di quelle gaffe che popolano gli incubi di qualunque persona, ma se sei il più importante leader della Palestina, la figuraccia è ancora più grave. Quando ieri Abu Mazen si è recato al Cairo per fare visita al presidente egiziano, invece che chiamarlo Mohamed Morsi, lo ha salutato così: «Presidente Mohamed Hosni». Qualche attimo di imbarazzo, poi l’autocorrezione: «Mohamed Morsi».
LAPSUS NON CASUALE. Che cosa ci può essere di peggio per un presidente eletto democraticamente dopo settimane di rivolta popolare in piazza che essere chiamato con il nome del dittatore deposto Hosni Mubarak? Abu Mazen, ad ogni modo, si è corretto e l’incontro è filato liscio. Resta una domanda: qual è il motivo del lapsus freudiano del leader palestinese? C’è qualcosa che accomuna il presidente dei Fratelli Musulmani Mohamed Morsi con il dittatore che ha governato per 30 anni l’Egitto Hosni Mubarak? Sì, a dire il vero.
DITTATORE A TEMPO. Lo scorso 22 novembre Morsi ha letto in diretta televisiva una dichiarazione costituzionale grazie alla quale le decisioni del presidente non potevano essere modificate da nessun potere giudiziario e diventavano legge senza bisogno di passare attraverso il Parlamento. Inoltre, «nessuna autorità giudiziaria avrà l’autorità di sciogliere la Shura (Camera alta del Parlamento) né l’Assemblea costituente», dominata a maggioranza dagli islamisti. Morsi, dunque, si è arrogato da un giorno all’altro poteri dittatoriali «più grandi di quelli di Mubarak» tanto che gli egiziani, subito scesi in massa in Piazza Tahrir per protestare, l’hanno definito il «nuovo Faraone».
COSTITUZIONE ISLAMISTA. Prima di deporre i poteri speciali, Morsi è riuscito in questo modo a fare approvare in fretta e furia, evitando che la Corte suprema sciogliesse l’Assemblea costituente perché illegale, una Costituzione definita dalla maggior parte della società «dittatoriale e islamica». Una volta rimessi i poteri nelle giuste mani, Morsi ha affermato di potere emanare altre dichiarazioni costituzionali in ogni momento. Non proprio un inno d’amore alla democrazia.
LIBERTÀ DI ESPRESSIONE. Non solo. Morsi si è dimostrato peggio di Mubarak se si considerano, dati alla mano, i casi di giornalisti o scrittori denunciati per avere insultato il presidente. Secondo il Network arabo per i diritti umani nei primi 200 giorni di governo di Morsi sono state denunciate ben 24 persone, nei 30 anni di dittatura di Mubarak ci sono stati “solo” quattro casi. La legge che condanna chi «insulta il re» è stata varata nel 1897: da allora al 2009, cioè in 112 anni, sono state denunciate 23 persone, mentre Morsi in soli 200 giorni ne ha fatte denunciare 24. In seconda posizione si colloca Re Farouk, l’ultimo re dell’Egitto prima della rivoluzione che restò al potere 16 anni e fece denunciare 7 persone.
POTERI ALL’ESERCITO. Infine, si può citare la mossa di Morsi e dei Fratelli Musulmani che hanno fatto approvare al Parlamento egiziano poteri speciali per l’esercito che potrà arrestare e processare i civili. La decisione, seguita agli scontri per il secondo anniversario della rivoluzione che hanno fatto oltre 50 morti, è quasi incredibile se si considera che questa è una delle misure che la gente odiava di più della dittatura di Mubarak. Inoltre tanti Fratelli Musulmani sono stati arrestati e condannati dall’esercito. «È un controsenso» commentava Kristen Chick, inviata del Christian Science Monitor, a tempi.it. «Ma la situazione sta sfuggendo di mano ai Fratelli Musulmani, ecco perché hanno chiesto l’aiuto dell’esercito».
DITTATURA ISLAMICA. Il governo di Mohamed Morsi, per ora, non è certo paragonabile a quello di Hosni Mubarak anche se le somiglianze elencate spaventano gli egiziani, che hanno combattuto per sfuggire alla padella della dittatura laica e non vorrebbero finire ora nella brace della dittatura islamica.
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