
Le utilità (e la spazzacorrotti) non sono uguali per tutti

Articolo tratto da “Lo stato della giustizia”, servizio di copertina del numero di Tempi di luglio 2019. Per leggere gli altri contenuti del servizio, clicca qui.
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La reazione della politica allo scandalo scoppiato nel sistema di autogoverno dei giudici è zero. Pare che in Italia nessun potere possa permettersi di modificare alcunché del sistema giudiziario senza rischiare la pelle e i politici per ora stanno tutti zitti. Forse in attesa di suggerimenti (della magistratura?).
Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede auspica che «da adesso sia premiato solo il merito». Che significa? Che fino a oggi il Csm faceva fare carriera solo a incompetenti senza che lui se ne accorgesse? Ho letto molti retroscena e spiegazioni “complicate” dello scandalo. A me sembra tutto più semplice: per la loro carriera i magistrati facevano come tutti, si univano per interessi propri (privati) in correnti per poi trattare i posti. Su questo si intrattenevano nelle riunioni notturne (già gravissimo indice di pericolosità sociale…): avanzamenti di carriere e di potere. Le poltrone apicali delle Procure di Roma, Milano, Bologna, Torino, Palermo, infatti, valgono molto più di qualsiasi ministero, tanto è vero che fa ridere l’ipotesi che tali cariche venissero barattate per qualche biglietto per lo stadio o un weekend in un albergo a quattro stelle.
Carriere, stipendi, poltrone, potere. Per usare un termine in voga di questi tempi sui giornali, non sono queste delle “utilità”? Se qualcuno, grazie alla sua appartenenza a una corrente, ottiene qualcosa che non sarebbe in grado di avere da solo, non ha forse ricevuto un’utilità? Che differenza c’è tra le utilità ottenute dai politici (per le quali alcuni di loro hanno pagato anche col carcere) e quelle ottenute dai magistrati? Che differenza c’è fra il sindaco che offre ad altri soggetti un posto in una municipalizzata in cambio di un accordo per essere votato al ballottaggio e la trattativa fra le correnti dei giudici per spartirsi i posti vacanti?
Se c’è utilità c’è corruzione, recitano costantemente le sentenze per i politici. Domanda: questa logica non vale anche per i magistrati?
Occorrerà chiarirsi bene sul punto. Oggi, a quanto pare, la corruzione non si manifesta solo, per esempio, nel pagamento di un albergo (quasi sempre risibile), ma anche nel prospettare amicizie di lungo corso che vanno poi nel tempo a definire incarichi (sia chiaro, parliamo di persone affidabili, colte, intelligenti e capaci). È la “corruzione di funzione” imputata a tanti politici. Allora viene da chiedere: nel caso dei magistrati non ci troviamo di fronte a corruzione di funzione (di tutto il Csm)? Mi sembra, infatti, che qui non ci siano stati atti necessariamente contrari alla legge, bensì un generale asservimento alle persone che hanno ceduto (o prospettato) le citate utilità.
Resta solo da decidere se queste amicizie correntizie non si configurino come il presupposto del reato associativo: così in effetti sono state considerate in tutte le sentenze che riguardano i politici (amicizie di partito o di altro genere).
Chi abbia seguito negli ultimi mesi le vicende lombarde, non potrà non chiedersi che differenza ci sia tra l’appartenenza alle varie correnti della magistratura e l’appartenenza, chessò, a un movimento ecclesiale che, secondo alcuni giudici, era il vero collante che teneva uniti alcuni imputati, poi condannati. Con la stessa logica, in nome della spazzacorrotti dovremmo applicare retroattivamente il ragionamento e indagare su tutte le nomine ottenute dai magistrati grazie alla propria appartenenza a una corrente? Per dire: dovremmo andare a verificare come si è giunti alla nomina a capo del tribunale di Milano?
Beninteso, mi pare una cosa assurda e spero che ciò non avvenga mai.
Quindi, che fare? I giudici saranno accusati degli stessi reati che i giudici usano per accusare i politici? Ho i miei dubbi. Il potere giudiziario è difficile da «rivoltare come un calzino». Forse l’unica possibilità è che un popolo assai stufo di questo andazzo costringa i pavidi governanti a prendere sul serio una volta per tutte una delle vere emergenze del nostro paese: il sistema giudiziario. Io, in mancanza d’altro, attendo fiducioso.
Foto Ansa
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