
Le tasche vuote della cultura di stato e quelle piene di noi cittadini
Si sente dire che i fondi per la cultura scarseggiano. E però non c’è paese che non combini rassegne di vario genere in estate, e non c’è città importante che non si faccia la propria o le proprie fastosissime notti bianche lungo le quali colonne di cittadini occhieggiano manifestazioni di ogni genere. Oltre, naturalmente, ad altri festival, stagioni teatrali, rassegne di ogni genere eccetera. Non parlerei di povertà della offerta. È probabile che girino un po’ di soldi, come in altri campi, rispetto a dieci o vent’anni fa. Più seria semmai mi pare la situazione di musei e di sovraintendenze.
In ogni caso, la vera o presunta scarsità di fondi potrebbe indurre (il condizionale è d’obbligo) a selezionare meglio. Troppi concerti di canzonettari son stati spacciati per eventi culturali e troppi sghiribizzi d’assessore son diventati costosissimi affari. Forse si potrebbe guardarsi meglio intorno e vedere cosa si intende per cultura, che è cosa diversa dall’intrattenimento offerto dal Comune-Grande Fratello, e dal divertimento di Stato. Il quale è sempre un brutto sintomo.
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