
Le (sinistre) manovre del nuovo antisemitismo
Doveva, giustamente, essere un’occasione di denuncia, e occasione di denuncia è stata. Non ha senso commemorare le vittime dell’Olocausto, una tragedia vecchia quasi sessant’anni, senza richiamare l’attenzione sul persistere del pregiudizio antisemita in diversi luoghi e ambienti sociali del mondo d’oggi. I casi preoccupanti non mancano: sinagoghe e scuole ebraiche devastate da attentati incendiari in Francia, studenti con la kipah vittime di aggressioni e intimidazioni nella patria dei Lumi, cimiteri profanati in Germania, l’incredibile facilità con cui si è diffusa la leggenda metropolitana dei 4mila impiegati ebrei che sarebbero sfuggiti al disastro delle Twin Towers perché avvertiti dal Mossad. Storici, giornalisti e intellettuali si sono ribellati e, animati da giusto sdegno verso gli antisemiti, hanno colto l’occasione della “giornata della memoria” per mettere alla gogna… i Papi della Chiesa cattolica! Domenica 20 gennaio il Corriere della Sera pubblica nella sua pagina culturale un pezzo dal titolo “I Papi contro gli ebrei. Io accuso” che è una recensione dell’omonimo libro dello storico David Kertzer appena tradotto in italiano. Giovedì 25 gennaio nella puntata di “Diario di guerra e di pace” su La7 Gad Lerner, il redattore del settimanale dehoniano Il Regno Alberto Melloni e Kertzer in persona martellano con assoluta intransigenza la loro tesi: la gerarchia cattolica è stata non solo teologicamente antigiudaica, ma antisemita tout court; la Chiesa è perciò moralmente responsabile dell’Olocausto; i nazisti hanno imitato le pratiche dei cristiani contro gli ebrei. Concetti simili erano apparsi un paio di settimane prima su New Republic, negli Usa, attraverso la penna di Daniel J. Goldhagen, l’autore de I volonterosi carnefici di Hitler.
Nel suo saggio si leggeva che la tradizione cattolica presenta «un’evidente relazione integrale con la genesi dell’Olocausto», che la Chiesa era «in grande sintonia con gli impulsi sterminatori dei tedeschi» e altre lepidezze del genere.
Silenzio sui deliri antisemiti del mondo arabo
Questa penosa vicenda ha un che di surreale. I personaggi sopra citati dedicano le loro energie migliori a imprimere un marchio di infamia sulla memoria di tanti ecclesiastici che, al di là dei pregiudizi di cui li si può rimproverare, hanno contribuito alla salvezza di migliaia di ebrei nel pieno della persecuzione nazista e rappresentano gli avi di una Chiesa che vuole dialogo e riconciliazione autentica con gli ebrei. Intanto centinaia di milioni di persone di una fascia geografica che va dal sub-continente indiano fino alle coste africane dell’Oceano Atlantico sono esposte senza difese (in mancanza di un sistema di informazione libero) alla propaganda antisemita più becera, che sta evidentemente gettando le basi di un futuro Olocausto. Hanno fatto scandalo, nel maggio dello scorso anno, le parole pronunciate dal presidente siriano Bashar Assad al cospetto del papa in visita alla principale moschea di Damasco. In quell’occasione il figlio e successore di Hafez el Assad, a capo di uno degli stati arabi più polizieschi, aveva affermato che gli ebrei «hanno cercato di uccidere i prìncipi di tutte le religioni con la stessa mentalità con cui hanno tradito Gesù Cristo e nello stesso modo in cui hanno cercato di tradire e uccidere il profeta Maometto». In realtà l’antigiudaismo primitivo di Assad junior non rappresenta che la punta di un iceberg costituito da leggende e falsificazioni antisemite vecchie e nuove, promosse presso l’opinione pubblica dei paesi arabi e a maggioranza musulmana dai loro stessi governi. È noto che fra i delegati della recente Conferenza Onu di Durban sul razzismo (settembre scorso) sono state diffuse molte copie de I protocolli dei savi di Sion, il falso storico architettato dalla polizia zarista ai primi del Novecento per fornire una giustificazione ideologica alla persecuzione anti-ebraica. In esso si denunciava una riunione dei più importanti rabbini d’Europa in un cimitero di Praga per mettere a punto un piano di conquista delle leve di potere nel mondo da parte degli ebrei. Il nazismo ha sfruttato questo documento per avvalorare le sue tesi sul “complotto giudaico” per il dominio del mondo. All’alba del XXI secolo, sono stati verosimilmente i delegati governativi dei paesi arabi a rilanciare un testo la cui totale inattendibilità è già stata definitivamente provata. Sia quelli “laici” che quelli “islamisti”. In Arabia Saudita i Protocolli dei Savi di Sion sono addirittura l’argomento di uno sceneggiato televisivo. Ma anche su Al-Hayat-Al-Jadeeda, il giornale ufficiale dell’Autorità palestinese, si trovano regolarmente riferimenti a quel testo falso. In uno di questi l’articolista proponeva la seguente conclusione: «Tutti questi segni dimostrano senza equivoci che il conflitto fra ebrei e musulmani è eterno, anche se può arrestarsi per brevi periodi… Questo conflitto assomiglia a quello fra l’uomo e Satana… Questo è il destino della nazione musulmana e di tutte le nazioni del mondo: di essere tormentati dalla nazione ebraica. Il destino del popolo palestinese è di lottare contro gli ebrei per conto dei popoli arabi, dei popoli islamici e di tutti i popoli del mondo».
Il pane azzimo impastato col sangue dei Gentili
Anche una delle più cupe leggende antisemite raccoglie oggi grandi consensi nel mondo arabo: quella del pane azzimo (matzah) impastato col sangue dei Gentili. Nel 1983 l’allora ministro della difesa siriano Mustafa Tlass scrisse il libro Le matzah di Sion, in cui si affermava che gli ebrei uccidevano bambini arabi per impastare col loro sangue il pane azzimo della Pasqua ebraica. Un delirio di vent’anni fa? Niente affatto. Lo scorso anno Al Ahram, il più diffuso quotidiano egiziano, ha scritto: «La bestiale inclinazione a impastare le matzah per la Pasqua col sangue di non ebrei è confermata dagli archivi della polizia palestinese, dove sono registrati molti casi di bambini arabi scomparsi e poi ritrovati morti e fatti a pezzi, completamente privi di sangue. La spiegazione più ragionevole è che il sangue sia stato prelevato per incorporarlo all’impasto con cui estremisti ebrei preparano le matzah da divorare a Pasqua». Sempre secondo Al Ahram sarebbe imminente la produzione di un film tratto dal libro di Tlass, Le matzah di Sion, concepito per «reagire a tutti i film sionisti distributi dall’industria cinematografica americana, che è supportata dall’apparato propagandistico sionista». Se questi sono i discorsi sulla stampa araba ufficiale e semi-ufficiale, non c’è da meravigliarsi se poi un sondaggio condotto per conto di Newsweek scopre che il 48 per cento dei pakistani è convinto che i responsabili degli attacchi al World Trade Center siano ebrei.
Probabilmente nei paesi arabi la percentuale sarebbe stata ancora più alta.
E a Nazareth Le Monde schierato con Hamas
La domanda, come diceva Antonio Lubrano, sorge spontanea: perché, mentre aggressioni e propaganda antisemite aumentano di intensità in Europa e nel mondo islamico, intellettuali e giornalisti americani ed europei preferiscono denunciare le presunte responsabilità cattoliche nell’Olocausto piuttosto che la minaccia anti-ebraica presente? La risposta sembra dover essere tutta politica: la sinistra, sia europea che nordamericana, vuole impedire a tutti i costi la riconciliazione fra Chiesa cattolica ed ebraismo su un piano di uguale dignità perché vede in essa una minaccia all’egemonia culturale e al monopolio del magistero della morale pubblica, nazionale e internazionale, che ha saputo così bene costruire e imporre negli ultimi cinquant’anni. E perché ritiene che la rivalutazione delle comuni radici giudaico-cristiane dell’Occidente andrebbe, politicamente parlando, a vantaggio dei liberal-conservatori: Bush e Fox nell’America del nord, Berlusconi, Aznar e Stoiber in Europa. Le prove di questa tesi? Stanno cominciando ad accumularsi, e noi le proporremo alla vostra attenzione volta per volta. Cominciamo dall’articolo con cui il 24 gennaio Le Monde, uno dei quotidiani francesi (di sinistra) che più si distinguono negli attacchi alla Chiesa cattolica sul tema dell’antisemitismo, ha commentato la recente decisione del governo israeliano di bloccare la costruzione di una moschea a Nazareth in faccia alla basilica dell’Annunciazione. Titolo: “Agitazione attorno al congelamento dei lavori per la moschea di Nazareth”. Occhiello: “Il governo di Ariel Sharon è accusato di attizzare la divisione fra cristiani e musulmani”. Sommario: “Perché mai rimettere in causa oggi questa costruzione, dal momento che sul posto la calma, se non addirittura la concordia, sono ristabilite?”.
Chi legge il servizio dell’inviata speciale Catherine Dupeyron ha l’impressione che i musulmani siano dalla parte della ragione, che i cristiani accettino oramai il fatto compiuto e che a intorbidire le acque sia il governo israeliano (le dichiarazioni di un giornalista di Ha’aretz, giornale filo-laburista, vengono portate a sostegno). Davvero curioso che il laico e illuminista Le Monde prenda le parti di un progetto voluto con tutte le forze da quegli intemerati fautori della tolleranza religiosa e razziale e del rispetto della vita umana che sono i militanti di Hamas. Curioso, ma spiegabile: l’arresto dei lavori della moschea a Nazareth è il segno più evidente del riavvicinamento fra il Vaticano e Gerusalemme, e in questo caso il gesto non viene da parte cattolica, ma da parte ebraica. Prospettiva inquietante per tutta la sinistra francese, da scongiurare anche al prezzo di stringere un patto col diavolo (islamista). Tanti anni fa si diceva: Parigi (appunto!) val bene una Messa. Oggi si può aggiungere: una Messa, oppure una preghiera del venerdì in moschea.
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