Le scuole paritarie sopravviveranno alla crisi? Sì, se faranno come la Steiner-Waldorf di Conegliano

Di Laura Borselli
24 Marzo 2013
Storia della libera scuola “Novalis”, che grazie alle attività economiche collaterali all’insegnamento fa tornare i conti senza escludere nessun bambino

Fino a tre anni fa le famiglie che sceglievano scuole pubbliche non statali paritarie per i loro figli erano in aumento costante. La prima, lieve, inversione di tendenza nel 2010-2011, quando negli istituti non gestiti dallo Stato ma facenti parte del sistema di istruzione nazionale, si contavano circa 2.500 alunni in meno. I dati del ministero per l’anno 2011-2012 segnano un calo più vistoso: circa 30 mila iscritti in meno, con le maggiori sofferenze alle superiori. Una tendenza che per il prossimo anno scolastico non si può ancora confermare coi numeri (le iscrizioni si sono chiuse da poco), ma il cui aggravarsi è temuto dagli operatori del settore. Lo spiega in maniera cristallina a Tempi l’architetto Alfonso Corbella, presidente della Onlus Dedalo che gestisce due istituti, le Orsoline di Como e il Sant’Orsola di Roma, entrambi parificati e con un’offerta che va dalla scuola dell’infanzia alle superiori. «Notiamo che c’è una maggiore difficoltà delle famiglie. Una difficoltà che si traduce in un lieve calo delle iscrizioni, ma anche in richieste più frequenti di pagamenti dilazionati». La libertà di scelta appare dunque un bene per cui molte famiglie sono disposte a fare sacrifici. «La preoccupazione educativa da parte delle famiglie – riprende Corbella – è in grande aumento». Da un lato i soldi nelle case scarseggiano, dall’altro, tuttavia, le spinte di una società dove “liquida” è spesso sinonimo di “schizofrenica” e “smarrita” inducono i genitori a porsi con urgenza crescente il problema dell’educazione dei figli. Un fatto che però non interroga solo le famiglie, ma anche tutte quelle scuole paritarie che non accettano l’alternativa impietosa tra chiudere i battenti o rassegnarsi a diventare scuole per ricchi.

A Conegliano Veneto, nei primi anni Novanta, un gruppo di genitori e insegnanti si accingeva a fondare la scuola dei propri desideri proprio partendo da una domanda che oggi torna prepotentemente attuale: si può realizzare una scuola libera (la parità sarebbe arrivata dopo) senza farla diventare una scuola elitaria? La domanda è solo apparentemente gestionale e apre una questione pedagogica che si riflette nell’impostazione della scuola nella sua interezza: insegnare significa includere, introdurre al mondo, condurre i ragazzi nell’appassionata scoperta di sé e nell’avventuroso riconoscimento della realtà. È un gesto inclusivo per natura. Per questo dai tempi della sua fondazione, la libera scuola Steiner-Waldorf “Novalis” di Conegliano Veneto (oggi associata alla Foe, Federazione Opere educative legata alla Compagnia delle Opere) si sostiene con attività economiche collaterali all’insegnamento che servono a sostenere il bilancio della scuola per far sì che nessun bambino sia escluso dalla possibilità di essere educati con questa particolare offerta formativa.

Sabino Pavone è maestro e presidente alla Novalis e vicepresidente della Federazione delle scuole Steiner-Waldorf in Italia. Quando si avvicinò alla figura del fondatore dell’Antroposofia era un insegnante di scuola superiore professionale statale, con un orto e il sogno di far vivere la propria famiglia di ciò che era in grado di produrre. «Quando mi accorsi che i rapanelli crescevano molto più velocemente se seminati in giorni di radice anziché di foglie, come indicato nel calendario biodinamico elaborato sulle conoscenze di Steiner, capii che quest’uomo o era un pazzo visionario o era un veggente. Così mi resi conto che le conoscenze che aveva donato al mondo con i suoi saggi e le oltre cinquemila conferenze, contenevano molto di più dei princìpi per l’agricoltura biodinamica, dell’arte medica, del valore dell’arte, e offrivano un’antropologia e una didattica rispondenti ai bisogni pedagogico-educativi contemporanei». Comunemente le scuole Steiner-Waldorf sono conosciute come le scuole dove si dipinge, si recita, si canta, si balla, si fa l’orto, si intaglia il legno, si studiano due lingue straniere, si impara l’euritmia, l’arte del movimento proposta dallo stesso Steiner e obbligatoria in tutte le scuole che si rifanno alla sua pedagogia. Dietro questo percorso di studi atipico c’è l’idea che l’insegnamento debba rispettare le particolari fasi evolutive della vita del bambino, rivolgersi alla sua personalità nella sua interezza, con un’attenzione particolare all’apprendimento attraverso esperienze pratiche, slegando il sapere dall’obiettivo contingente dell’esame o del compito in classe, ma legandolo alla vita interiore dell’individuo, che dovrebbe poter continuare a vivere la gioia di conoscere in quanto possibilità di crescita personale e sociale.

Il tema della sostenibilità del compito educativo era caro già nel 1919 all’iniziatore della prima scuola di questo genere: il dottor Rudolph Steiner in persona, che in quel periodo a Stoccarda riceveva da Emil Molt, imprenditore proprietario della fabbrica produttrice di sigarette Waldorf-Astoria, l’incarico di creare una scuola per i figli degli operai della sua azienda. «La preoccupazione economica di questo tentativo educativo – spiega Pavone – è strettamente legata a uno dei lavori più significativi che Steiner ci ha lasciato: il tentativo di rimettere al loro posto quelle tre virtù portate all’attenzione del mondo dalla rivoluzione francese e a cui l’uomo anela da sempre. Libertà, fraternità e uguaglianza restano parole vuote se non sono tradotte nella libertà di pensiero che dalla sfera culturale fa discendere la uguaglianza nei diritti e la fratellanza economica». Secondo Pavone introdurre nella vita culturale l’idea della «cosiddetta Triarticolazione dell’organismo sociale è ciò che l’umanità dovrà cominciare a prendere in considerazione se si vorrà superare la china di questa drammatica situazione mondiale che vede in crisi tutti e tre i sistemi, politico, sociale ed economico. La scuola in questo ha un compito fondamentale».

Da questa cornice teorica discende la miriade di attività che girano intorno alla scuola Novalis e che vanno da una cooperazione attiva dei protagonisti della scuola per il suo sostentamento, fino a partecipazioni economiche in attività i cui proventi servono esclusivamente a fornire combustibile alle attività culturali che gravitano intorno all’istituto. Cuore di tutte le iniziative è la Libera Fondazione Antroposofica Rudolf Steiner che ha una base associativa di circa 30 persone che da anni si prodigano, per esempio, per l’agricoltura biologica e biodinamica. All’interno dell’Associazione pedagogica “La Cruna” (suggestivo richiamo biblico), una trentina di gruppi di lavoro nei campi più disparati inventano e organizzano attività per sostenere la realtà scolastica, evitando costi gestionali (pulizie ed altro) e raccogliendo fondi. Uno dei momenti più significativi è il bazar di Natale: un’attività in cui vengono venduti manufatti e giocattoli di legno di notevole fattura preparati durante tutto l’anno. In questi momenti i bambini e i ragazzi della scuola partecipano alle attività a seconda dell’età. I più grandi si improvvisano camerieri per un momento che apre la comunità al territorio. «I ragazzi – riprende Sabino Pavone – vivono un’esperienza sociale di che cosa significa sostenere la propria scuola. E questo è un aspetto educativo importante. Le attività che svolgono insieme in queste occasioni toccano l’epicentro dei loro sentimenti, in questa fase della vita così contrastanti e costituiscono per loro una delle tante perle che andrà ad arricchire il mondo delle esperienze, quelle che rimangono impresse perché hanno coinvolto l’uomo “intero”. I ragazzi o si sentono protagonisti della loro formazione oppure subiscono passivamente e apprendono solo in occasione di esami o prove per poi dimenticare tutto o quasi, subito dopo». Uno dei cardini nella pedagogia steineriana si traduce in una domanda molto semplice: «Servono più sei ore di educazione alla cittadinanza o l’invito a prendere pala e carriola e portare aiuto dopo il terremoto dell’Aquila?».

La parità e le Pagine gialle
Ogni anno dall’Ufficio scolastico regionale arrivano alla Novalis poco più di 40 mila euro. È uno dei lati positivi della parità, ma sbaglia chi pensa che così si mettano a posto i conti. La scuola, che oggi dall’infanzia alle medie accoglie circa 250 ragazzi, costa circa 1 milione e 200 mila euro l’anno. Tutto il resto sono rette (siamo intorno ai tremila-quattromila euro all’anno pro capite) e, per l’appunto, fondi da trovare, da inventarsi nella convinzione che farlo sia esso stesso un momento educativo e parte integrante della vita della scuola. In questo contesto si inserisce l’interessante partecipazione al progetto scuola dell’impresa Ecor-Naturasì, di cui la Libera Fondazione Antroposofica possiede numerose quote azionarie. «Quote che non hanno mai portato profitto agli uomini in quanto azionisti, ma, sommate a un prestito ottenuto da Banca Etica, sono servite a costruire l’edificio scolastico che abbiamo oggi». L’edificio è l’orgoglio della scuola, ultimato nel 2009 grazie al decennale lavoro di un gruppo composto da architetti, esperti di bioedilizia, insegnanti e soci della allora Libera Associazione Antroposofica Rudolf Steiner.

L’ultima idea sorta in ambito regionale (dalla scuola Steiner Waldorf di Treviso) sono le Pagine gialle. Intorno a una scuola si crea una comunità di competenze enormemente ampia. Ci sono figli di avvocati e professionisti, ma anche di netturbini, operai, meccanici, idraulici, badanti. Le competenze di questi adulti possono essere utili alla scuola stessa (gruppi di genitori si occupano di pulizie, giardinaggio e molto altro), ma anche all’esterno. «Imbiancare la casa ti costa mille euro? Io 50 euro li dono alla scuola. Si crea così una sorta di virtuosa economia chiusa, a fronte di una aperta economia in profonda crisi. L’attività scolastica, come tutto ciò che ha a che fare con la formazione e la cultura, abbisogna di denaro per realizzare il suo compito ed il livello di cosciente responsabilità di uno Stato si misura in quanto investe per il futuro che è prevalentemente occuparsi responsabilmente delle future generazioni, fare scuola», afferma Pavone.

Nel prossimo settembre la Novalis si appresta a dare vita a un liceo tutto particolare. Al momento lo chiamano Liceo Professionale, consapevoli e fieri che si tratta di una contraddizione in termini che mira a risolvere l’inghippo di un mondo del lavoro eccessivamente intellettualizzato, inadatto a rispondere alla crisi economica che stiamo vivendo. «La scuola che stiamo progettando mira a restituire, in termini di formazione dei giovani, tutto ciò che noi riceviamo dalla terra. Ci sarà una branca agricola e una più rivolta agli ambienti dell’artigianato, con particolare attenzione alla bio-edilizia. Vogliamo creare la figura di un imprenditore colto, una scuola che alza il livello culturale rispetto alle professionali e insieme riesce a rapportare le attività intellettuali all’esperienza pratica». Conclude Pavone: «Ciò che sosterrà i futuri adulti nei tempi di incertezze che verranno, saranno sempre più gli impulsi che colmavano l’animo degli educatori della loro infanzia e gioventù».

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