La preghiera del mattino

Le relazioni pericolose tra Putin e Prigozhin spiegate da Machiavelli

Di Lodovico Festa
01 Settembre 2023
Rassegna ragionata dal web su: perché la vicenda del capo della Wagner ricorda il nostro Rinascimento, il parallelo del presidente russo con la Rivoluzione d’ottobre, la citazione “zarista” del Papa
Selfie con la sagoma in cartone di Vladimir Putin, Mosca, 28 giugno 2023 (foto Ansa)
Selfie con la sagoma in cartone di Vladimir Putin, Mosca, 28 giugno 2023 (foto Ansa)

Su Huffington Post Italia si scrive: «La Russia paragonata a un aereo che rischia di disintegrarsi in volo: la metafora usata da Yevgeny Prigozhin in un’intervista qualche mese fa, e riproposta ora da un canale Telegram vicino alla sua Wagner, scatena le reazioni e le teorie del complotto tra i suoi sostenitori. Prima fra tutte quella, già circolata nei giorni scorsi, che Prigozhin in realtà non sia morto e che si appresti a ricomparire al momento opportuno. “Non mentirò, devo dire onestamente che la Russia è sull’orlo del disastro, e se le viti non saranno strette adeguatamente, l’aereo si sgretolerà in volo”, dice il capo della Wagner in un’intervista diffusa il 29 aprile e un cui spezzone è stato postato ora dal canale Grey Zone. “Oggi abbiamo raggiunto il punto di ebollizione”, aggiunge Prigozhin, affermando che è pronto ad essere “ucciso” piuttosto che mentire e richiamando le denunce di incompetenza più volte espresse contro i vertici militari nei mesi che hanno preceduto la tentata rivolta della sua compagnia militare privata il 24 giugno».

La vicenda Prigozhin per diversi tratti ricorda la nostra storia rinascimentale e Niccolò Machiavelli, il suo insuperabile interprete. Così la difficoltà della formazione di un nostro Stato nazionale, come quello che veniva delineandosi in Francia, Spagna, Gran Bretagna. Così la funzione del “principe” e l’uso terribile della forza per la costruzione dello Stato nazionale.

Quando leggo di Prigozhin mi viene in particolare in mente un passo machiavelliano: «Remirro de Orco uomo crudele ed espidito. E perché conosceva le rigorosità passate averli generato qualche odio, per purgare gli animi di quelli populi e guadagnarseli in tutto, volle mostrare che, se crudeltà alcuna era seguita, non era nata da lui, ma dalla acerba natura del ministro. E presa sopr’a questo occasione, lo fece a Cesena, una mattina, mettere in dua pezzi in sulla piazza, con uno pezzo di legno e uno coltello sanguinoso a canto. La ferocità del quale spettaculo fece quelli populi in uno tempo rimanere satisfatti e stupidi». Così il Duca Valentino prima usò Remirro per rimettere ordine in Romagna e poi lo liquidò per rafforzare il proprio consenso.

Comprendere le logiche russe non vuol dire giustificarle né rinunciare a contrastare le atrocità moscovite inaccettabili per la moralità contemporanea di uomini liberi. Però, comunque, non fare i conti con la realtà effettuale delle cose non consente poi scelte concrete efficaci.

* * *

Sulla Zuppa di Porro si scrive: «Il parallelo con la Rivoluzione d’ottobre del 1917? L’ha evocato Putin nel suo discorso alla nazione, dicendo che quella di Prigozhin è una coltellata alle spalle della Russia, come quella che le è stata inferta nel 1917, “quando il paese stava combattendo nella Prima Guerra mondiale”. Nel 1917, in piena guerra, il cambio di regime partì dalla piazza. A febbraio, scesero in piazza gli operai per protestare contro le condizioni in cui versavano dopo anni di guerra e una carestia. Le proteste si ampliarono e si trasformarono in una rivoluzione, quando lo zar ordinò di sparare sulla folla a Pietroburgo. I manifestanti attaccarono le caserme ma i soldati, anziché respingerli, si unirono a loro. Il 27 febbraio si costituì Soviet, un’assemblea dei lavoratori».

Un altro elemento di cui tener conto per comprendere la realtà della Russia putiniana è la dialettica tra sensazione di essere assediati, ben radicata nell’anima popolare, e aggressività imperialistica connessa a questa sensazione di essere di assediati. Con una considerazione: quando in Russia prevale la sensazione di essere assediati (tartari, cavalieri teutonici, Napoleone, Hitler), Mosca riesce a mobilitare il proprio popolo. Quando si afferma lo spirito imperialistico (guerra al Giappone, Prima Guerra mondiale, Afghanistan), il popolo si rivolta contro i propri governanti.

* * *

Su Linkiesta Christian Rocca scrive: «Insomma, ha ricordato il giornalista Yaroslav Trofimov del Wall Street Journal, è come se il Papa avesse suggerito ai belgi di celebrare la grande missione umanitaria e illuminata di re Leopoldo in Congo, visto che Pietro e Caterina di Russia hanno schiavizzato l’Ucraina in nome di quell’imperialismo della Grande Madre Russia che continua fino ai giorni nostri, fino ai nostri confini, fino ai nostri talk show».

Oggi è in corso una guerra contro un’aggressione imperialistica russa e questa non va indebolita. Affermata questa primaria esigenza, poi, però, la lettura della storia russa andrebbe forse esaminata con più precisione. Al contrario del Congo che non aveva mai aggredito il Belgio, svedesi, polacchi, lituani hanno per lunghi periodi colonizzato la Russia. E così l’Orda d’oro (che qualche erede ha lasciato anche in Ucraina) in quanto a crudeltà e oppressione non ha avuto niente da invidiare agli zar. Detto questo, d’altro verso lodare in questo periodo zar che hanno puntato molto sull’imperialismo grande russo può creare spiacevoli equivoci. Naturalmente tutto ciò non inficia la religiosa missione di pace di Francesco, che se sarà sconfitta l’aggressione russa all’Ucraina, diventerà fondamentale per ricostruire un ordine globale più solido.

* * *

Sul Sussidiario Giulio Sapelli scrive: «Pensare di trovare una situazione di pace nei Balcani senza un impegno della Russia – qualsivoglia Russia intendiamoci bene – è impossibile. La Serbia non è un volo di angeli, ma un costrutto storico concreto che non trova pace ogni volta che si sente minacciato nei valori fondanti di un secolo che non è mai finito ed è stato tutt’altro che breve, tutt’altro che scomparso ma che è ancora qui tra noi. Un secolo di guerre ogni qualvolta che s’intravede un sistema di relazioni internazionali non vestfaliano ma moralistico, ideologico, dei puri contro gli impuri, dei democratici contro gli autoritari, dei bianchi contro i neri, si scatena inevitabilmente».

Il richiamo alla realtà effettuale delle cose (e tra queste la concreta realtà della storia russa nel caso esaminata nei suoi rapporti con la Serbia) di Sapelli, senza mai confondere aggrediti e aggressori, è prezioso per chi non si occupa solo di propaganda ma cerca di aiutare anche a costruire un nuovo ordine globale non segnato né da servitù né da guerre né da cecità sullo stato concreto delle cose.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.