
Le convenzioni sulla corruzione? I dati dicono che, nel migliore dei casi, sono inutili
Dopo le ratifiche delle convenzioni di Strasburgo sulla corruzione, il governo cerca di far approvare in breve tempo il ddl che ne darebbe attuazione. Il Pdl ha evidenziato molte lacune nel decreto legislativo proposto dall’ex ministro della giustizia Angelino Alfano e modificato dall’attuale governo, ma il presidente del consiglio Mario Monti ha definito l’atteggiamento del partito di maggioranza un’«inerzia non scusabile». Il decreto si rifà alle due Convenzioni sulla corruzione penale e civile di Strasburgo stipulate nel 1999. I trattati sono stati ratificati da quarantatré paesi, ai quali di recente si è aggiunta anche l’Italia. In sei delle nazioni che hanno firmato il trattato nel 1999, fra cui Austria e Germania, i trattati non sono ancora entrati in vigore.
I RISULTATI DELLE CONVENZIONI. Per quanto riguarda la lotta alla corruzione, il governo ha sempre ribadito che i trattati di Strasburgo fossero un essenziale punto di partenza. Ma è davvero così? Abbiamo analizzato i dati sulla corruzione forniti da Banca Mondiale (control of corruption index – CCI – e rank percentile) e quelli di Trasparency International (indice di corruzione percepita – CPI – e relativa classifica) riguardanti i paesi dell’Unione Europea a 15 (i più simili all’Italia), nei quali i trattati sono entrati in vigore fra il 2002 e il 2011. I dati di Banca Mondiale e Tasparency International quando non sorprendono negativamente, pongono più di qualche dubbio sulla loro utilità. Fra il 2000 e il 2011, in paesi come Portogallo, Grecia, Finlandia e Regno Unito, la corruzione non si è arginata, anzi. E anche gli altri presentano variazioni minime, negative o poco rassicuranti.
L’INDICE SUL CONTROLLO DELLA CORRUZIONE. CCI. L’indice adottato dalla Banca Mondiale misura il controllo sulla corruzione: i limiti dell’indice sono posti a -2.5 (prestazioni pessime) e a + 2.5 (prestazioni eccellenti). Gli unici dati positivi, fra 2000 e il 2011, riguardano Lussemburgo, Belgio, Francia e Irlanda. Un terzo dei paesi analizzati. A parte il caso del Lussemburgo, stando ai dati della Banca Mondiale, la relazione fra l’entrata in vigore dei trattati e il miglioramento del controllo della corruzione non è affatto correlato. Il Belgio, anzi, ha toccato il minimo storico nell’indice proprio due anni dopo la ratifica (2006), salvo poi risalire a fine decennio. L’Irlanda era già in miglioramento prima della ratifica, e a fine decennio, dopo la ratifica, ha compiuto una parabola discendente. La Francia ha ugualmente migliorato la sua situazione ben prima di ratificare i trattati. E anzi, l’anno dopo la ratifica, l’indice CCI delinea una situazione in peggioramento. Dei dodici fra i quindici Stati che nel 2000 aderivano all’Unione Europea e che in questi anni hanno ratificato la convenzione, soltanto la Finlandia ha registrato un lievissimo rialzo dopo la ratifica, benché dalla fine degli anni Novanta a oggi è complessivamente scesa nell’indice.
L’INDICE SULLA CORRUZIONE PERCEPITA. CPI. L’indice più conosciuto per misurare la corruzione è proposto dall’organizzazione internazionale Trasparency International. Secondo l’organizzazione, dall’entrata in vigore dei trattati nei 12 paesi Ue analizzati, si è verificata una diminuzione di 2.6 punti complessivi nell’indice e una perdita complessiva di 42 posizioni nella classifica finale. Rispetto alla corruzione percepita nell’anno di ratifica del trattato (fra il 2002 e il 2010), i dati positivi riguardano soltanto Lussemburgo, Olanda e Spagna. Delle altre nazioni, dopo la ratifica dei trattati, sette sono in discesa (Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Grecia, Portogallo, Regno Unito) e due si mantengono agli stessi livelli (Svezia, Irlanda).
IL RANK PERCENTILE PEGGIORA DOPO LE RATIFICHE. Tornando ai dati della Banca Mondiale, a parte Spagna e Francia, tutti i minimi del rank percentile che misura il controllo sulla corruzione (da 0 a 100), si fanno registrare dopo le ratifiche dei trattati. L’Olanda ratifica nel 2002 e tre anni dopo ha perso 2 punti (da 100 a 98). La Danimarca anch’essa nel 2002 e nel 2005 raggiunge i minimi nell’indice della Banca Mondiale e perde un punto nel rank (passa da 100 a 99). Il portogallo cinque anni dopo ne ha persi cinque (da 85 a 80). I trattati entrano in vigore in Svezia e l’anno dopo il paese ne perde due (da 99 a 97). Il Belgio ratifica e dopo due anni ne ha persi sette (da 92 a 85). L’Irlanda? Nello stesso anno delle ratifiche ne perde tre (da 91 a 88). La Francia passa da 91 a 89 e il Lussemburgo da 94 a 93. Il Regno Unito ne perde uno all’anno fino al 2011 (da 95 a 90). La Grecia da 65 punti precipita a 56 nel 2010.
REGNO UNITO, FRANCIA E SPAGNA. Nel 2000, il Regno Unito aveva un CCI a 2,24 e un CPI a 8,7. Più indietro in classifica, c’erano Francia (1,36/6,7) e Spagna (1,33/7). In un decennio il Regno Unito ha registrato diminuzioni in entrambi gli indici (- 0,7 CCI e – 0,9 CPI) attestandosi a 1.54 / 7.8. Stessa sorte per la Spagna (- 0,27 CCI e – 0,7 CPI) che si attesta a 1.06/ 6.2. Dei tre casi analizzati solo la Francia registra un lieve miglioramento nel decennio in entrambi gli indici, +0.15 e +0,3, miglioramento che però aveva già avuto l’anno prima della ratifica dei trattati (1.44/7.3) e che diminuisce e si stabilizza negli anni a seguito dell’entrata in vigore (1.38/7), per poi nel 2011 registrare il maggior aumento nell’indice della Banca Mondiale (1,51), benché il record nell’indice di Trasparency l’avesse ottenuto l’anno prima dell’entrata in vigore (7,3). In sintesi, i trattati non hanno arginato la caduta degli indici del Regno Unito, non hanno determinato il lieve miglioramento francese e, in Spagna, che pure li ha ratificati da poco, non producono gli stessi miglioramenti delle politiche adottate dai governi Aznar fino al 2004 e poi andate a perdersi con i governi di Zapatero.
A CHE SERVONO LE CONVENZIONI? Domanda lecita e doverosa. Sulla base di quale convinzione e di quali risultati si ritiene che avendo ratificato questo trattati che “ci chiede l’Europa” e dandone attuazione attraverso le disposizioni del ddl anti-corruzione, l’Italia porrà un argine al fenomeno, visti i dati negativi che riguardano le democrazie più simili alla nostra, le quali, pur avendo già ratificato i trattati, hanno evidenziato performance negative rispetto a quelle registrate fino all’inizio millennio?
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