
Le confidenze di Tonino al console Semler nei dispacci top secret

Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – La scritta tutta in maiuscolo, “CONFIDENTIAL”, spicca sui sei dispacci inviati via telex tra il 27 luglio 1992 e il 21 aprile 1995. A spedirli a Washington sono Peter Semler, console statunitense a Milano nei primissimi anni Novanta, e l’ambasciatore Reginald Bartholomew. Frutto delle ricerche di Andrea Spiri, docente di Teoria e storia dei movimenti e dei partiti politici alla Luiss di Roma, che li ha recuperati al dipartimento di Stato americano dopo la loro declassificazione, i sei report inediti che Tempi ha potuto consultare sono una goccia nel mare dei resoconti che segretamente correvano tra le due sponde dell’oceano nell’era di Mani pulite, e raccontano quanto minuziosa fosse l’attenzione dei terminali statunitensi in Italia sull’artefice di quella stagione: Antonio Di Pietro.
Nel primo messaggio, inviato a Washington otto giorni dopo l’attentato del 19 luglio 1992 contro il magistrato siciliano Paolo Borsellino, Semler riassume uno dei suoi frequenti incontri con Di Pietro, avvenuto il 24 di quel mese. Il console dice che il pm gli ha rivelato che «il 16 luglio le autorità italiane avevano ricevuto da fonti molto attendibili la notizia che attentati alla sua vita e a quella di Borsellino sarebbero avvenuti nel periodo tra il 16 e il 26 luglio». Di Pietro ha spiegato al suo interlocutore di avere «inavvertitamente toccato gli interessi della mafia nelle sue indagini sulla corruzione». Il magistrato ha fatto anche il nome di un politico che si sarebbe prestato allo scambio tra riciclaggio di denaro sporco e voti, ma il suo nome anche dopo la declassificazione del documento resta coperto da bianchetto. Semler tituba: «Abbiamo i nostri dubbi sul fatto che la mafia abbia potuto reagire in questo modo all’arresto di uomini politici a lei vicini. Piuttosto, pensiamo che la pianificazione dell’omicidio dell’uomo che è diventato il simbolo di speranza per milioni di italiani (Di Pietro, ndr) sia inteso come un atto teso a destabilizzare il governo e un sistema politico che recentemente ha mostrato un impegno serio nella lotta alla mafia».
Interessante anche il documento datato 20 dicembre 1993. Semler riferisce sul trattamento stranamente «soft» riservato da Di Pietro in aula a Bettino Craxi, il segretario del Psi chiamato a testimoniare nel processo milanese sui finanziamenti illeciti versati a tutti i partiti per l’affaire Enimont. Il console sottolinea quanto gli italiani siano rimasti stupiti dalla «gentilezza» usata dal pm con il teste, cui ha riservato un trattamento ben diverso da quello con cui ha accolto il segretario della Dc Arnaldo Forlani. «I nostri contatti – aggiunge Semler – dicono che Di Pietro abbia l’intenzione di usare Craxi in un’indagine ad alto livello sui vertici del Pci-Pds: un’inchiesta che potrebbe avere seri effetti sulla campagna elettorale in cui il Pds avrà un ruolo guida». Conclude Semler: «Se ne ha le prove, siamo certi che Craxi non esiterà a distruggere i suoi vecchi alleati di sinistra».
Infine, il 21 aprile 1995 è Bartholomew a scrivere. L’ambasciatore analizza l’inchiesta aperta a Brescia contro Di Pietro, da quattro mesi uscito dalla magistratura. «Fino a tre settimane fa era un eroe nazionale e sembrava puntare alla leadership politica italiana. Ora l’inchiesta bresciana ha cambiato tutto (…) Tre settimane fa ha detto: “Mi stanno uccidendo con le polemiche”».
Foto Ansa
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