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Lavoro/ Smart working, i dubbi sulla sicurezza
Non ci saranno tagli agli stipendi né modifiche di tipo contributivo e sarà garantito il diritto alla “disconnessione”. Sono i due capisaldi della nuova normativa sullo smart working introdotta nell’ambito del Ddl sul lavoro autonomo e flessibile approvato il 9 marzo alla Camera in seconda lettura. Il disegno di legge, per diventare definitivo, dovrà tornare al Senato per l’ultima approvazione.
Viene sdoganato a tutti gli effetti lo smart working che già comincia a essere molto diffuso in Italia anche se finora è rimasto di quasi esclusivo appannaggio delle grandi aziende del settore privato. Tale modello è anche da sempre – e per forza di cose – molto diffuso nell’universo dei collaboratori, consulenti, free lance, co.co e così via, categorie alle quali il Ddl nel suo complesso estende più tutele per maternità, malattie e infortuni ma non ricomprende nelle nuove norme sul lavoro a distanza.
La parte del provvedimento sullo smart working, infatti, non introduce una nuova figura contrattuale, bensì una modalità di esecuzione all’interno del rapporto di lavoro subordinato e disciplina sostanzialmente la sua evoluzione verso forme più flessibili spinta dalle nuove tecnologie. Viene chiarito che il trattamento economico del lavoratore agile non dovrà essere inferiore a quello applicato ai dipendenti che svolgono le stesse mansioni in azienda. Previsto anche il cosiddetto diritto alla disconnessione, che altro non è che il classico giorno di riposo per chi si reca in ufficio ogni mattina.
Il testo di legge offre, dunque, per la prima volta, un quadro normativo di riferimento per il lavoro smart anche se si presenta come una “soft regulation” in quanto rimanda alla libera contrattazione tra aziende e dipendenti quasi tutti gli aspetti operativi, come per esempio quanti giorni alla settimana si può lavorare da remoto, gli orari, la durata, gli strumenti di lavoro e così via. Un tema importante resta quello della salute e della sicurezza. Sono state previste alcune misure specifiche anche se non mancano le zone di incertezza. Il datore di lavoro deve consegnare al dipendente e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa sui rischi generali e specifici connessi alla modalità di lavoro, e il dipendente deve cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore.
La tradizionale tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali – chiarisce l’articolo 20 del Ddl – si applica anche in favore del lavoratore agile per i rischi connessi alla prestazione resa nei locali aziendali. Inoltre, viene estesa la nozione di “infortunio in itinere” agli eventi che possono accadere durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali. La copertura si applica a condizione che la scelta del luogo della prestazione sia ragionevole e, comunque, dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa o dalla necessità di conciliare le esigenze di vita e quelle lavorative.
Secondo gli esperti della materia, resta da chiarire se e quando il lavoratore in smart working debba essere risarcito se subisce un infortunio nello svolgimento delle sue mansioni ma in uno spazio non concordato (esempio classico, lavoro al pc o allo smartphone al bar oppure al parco oppure a casa di mia madre malata). È molto probabile quindi che si andrà incontro a una fase di sperimentazione in cui troveranno spazi accordi per la copertura assicurativa sottoscritti tra le parti.
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Foto smart working tratta da Shutterstock
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