«La federazione mi impose di stare zitta: “Non puoi criticare il trans”»

Di Leone Grotti
09 Luglio 2021
L'incredibile rivelazione di Tracey Lambrechs, atleta olimpica del sollevamento pesi femminile, a cui il trans Laurel Hubbard rubò il posto: «Se protesti, ti cacciamo dalla nazionale»
Il trans Laurel Hubbard parteciperà alle Olimpiadi di Tokyo

Vi abbiamo già parlato di Laurel Hubbard, che parteciperà alle Olimpiadi di Tokyo nel sollevamento pesi femminile per la Nuova Zelanda. L’atleta, nato Gavin, è il primo trans a competere ai Giochi. Prima della transizione di sesso non aveva neanche mai gareggiato a livello internazionale, ma da quando si chiama Laurel ha avuto vita più facile arrivando a conquistare l’oro nel 2018 ai Giochi del Commonwealth.

Il primo atleta trans alle Olimpiadi

La sua partecipazione alle Olimpiadi ha destato molte polemiche, dal momento che uno studio pubblicato sul British Journal of Sports Medicine ha dimostrato che anche due anni dopo la transizione il vantaggio dei trans è ancora considerevole sulle donne, nonostante il calo del livello di testosterone.

Ad alimentare il polverone ci ha pensato un’intervista rilasciata alla National Review americana da Tracey Lambrechs, rinomata atleta nel sollevamento pesi femminile della Nuova Zelanda. Lambrechs partecipò anche alle Olimpiadi di Rio e proprio l’ingresso di Hubbard nella sua squadra e nella sua categoria di peso, racconta, le creò molti problemi.

«C’è Hubbard, cambia o ritirati»

Nel 2017, quando iniziò la preparazione per i Giochi del Commonwealth del 2018, dove Hubbard infine trionfò, proprio l’ingresso in squadra del trans costrinse Lambrechs a cambiare categoria di peso. «Mi venne detto che se volevo gareggiare ai Giochi avrei dovuto perdere 18 chili in tre mesi oppure ritirarmi», rivela l’atleta oggi in pensione. «Perdere tutto quel peso in così poco tempo non è stato ideale per la mia salute: ho sofferto di emicrania e svenivo spesso».

Quando disse ai dirigenti della nazionale che era preoccupata per l’ingresso di Hubbard in squadra, le fu risposto che doveva mostrarsi «resiliente»: «Parlando da un punto di vista psicologico è stato molto stressante e anche irritante». Ma al di là dei danni sportivi, Lambrechs fa una dichiarazione incredibile alla rivista.

«Stai zitta o fuori dalla nazionale»

E cioè che, davanti alle lamentele su base sportiva sue e delle altre atlete per l’ingresso di una trans in squadra, la federazione ha imposto loro di «stare zitte»:

«Ci dissero che non dovevamo parlare ai media e ci avvertirono che se avessimo danneggiato la reputazione dello sport, avrebbero potuto buttarci fuori dalla nazionale o dalle selezioni. La federazione non sapeva come gestire la situazione e così come riflesso pensarono che il silenzio sarebbe stata la cosa migliore».

Il precedente di Chelsea Mitchell

Un silenzio imposto umiliante per le donne che non solo si sono trovate davanti alla competizione sleale di Hubbard, che è stato maschio per 32 anni e ha potuto di conseguenza allenarsi più duramente e sviluppare una muscolatura completamente differente rispetto a quella delle atlete femminili. Ma che addirittura si sono trovate nell’impossibilità di protestare, pena la cacciata dalla nazionale. Un esempio perfetto di come, al di là dei problemi di merito e competitività sportivi, l’ingresso dei trans nel mondo dello sport femminile danneggi le donne.

E non si tratta del resto del primo caso di censura. Emblematico in questo senso quanto accaduto a Chelsea Mitchell, la ragazza più veloce del Connecticut, almeno prima che nel suo Stato cominciassero a gareggiare due uomini che si identificano come donne, soffiandole tutti i più importanti trofei grazie alla loro corporatura maschile.

I diritti Lgbt sono “esclusivi”

Mitchell, esasperata dalla situazione che si trascina da anni, ha scritto a fine maggio una tribuna su Usa Today denunciando che «gli atleti maschi hanno enormi vantaggi fisici». La lettera pubblicata il 22 maggio è stata censurata e modificata dal giornale, senza chiederle il consenso, «per riflettere gli standard e le linee guida di stile di Usa Today». E che cosa ha censurato il giornale? Che i due corridori sono maschi, un elemento non indifferente considerato l’oggetto del contendere.

Le atlete si ritrovano così cornute e mazziate. Non solo devono rinunciare a una competizione leale, non solo nella maggior parte dei casi devono rinunciare a vincere, ma devono anche stare zitte e buone. Altrimenti vengono cacciate. I diritti Lgbt sono inclusivi, senza dubbio, ma anche “esclusivi”: includono i trans ed escludono le donne.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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