L'eroe del giorno

Laura e Nadia Maso, le sorelle che ci hanno insegnato il perdono

Laura e Nadia Maso l’altro ieri erano alle porte del carcere di Opera per accogliere Pietro, un uomo di 42 anni che usciva di prigione. Era l’uomo che aveva ucciso i loro genitori. Di quei genitori era figlio anche lui, il loro fratello perso e poi ritrovato: perso in quella dannata notte del 17 aprile 1991, ritrovato qualche anno fa, con il perdono.

La giustizia è un ideale straordinario. Fa vivere, lottare, accende il cuore. Ma il perdono, forse, è qualcosa di più (da leggere, sul tema, il bel post di Luisella Saro). All’origine c’è una storia di amicizia e cristianesimo. È  quella tra il parroco, don Guido Todeschini, che è andato a incontrare Piero in carcere. Lo ha stimato e guardato come uomo, prima che come assassino. E così, nel tempo, ha invitato le sorelle a fare lo stesso, costringendole a decidere se quello sguardo sul fratello perduto fosse quello più umano. All’inizio lo sforzo, le perplessità («potrebbe approfittarsene»), poi il sincero abbandono, a fronte della sua, altrettanto sincera, conversione (qui il racconto della storia dalle parole di una delle due sorelle).

Così l’altro ieri, tra la folla dei giornalisti che lo inseguivano come un mostro, c’erano anche loro. Lo hanno chiamato così, i media italiani, “Il Mostro”. I figli di quelle due donne, invece, da qualche tempo lo chiamano “zio”. E i suoi genitori? Mi piace pensare che da lassù, come ogni madre e padre, nel vedere la famiglia riunita, nel vedere quel figlio riaccolto, stiano sorridendo. C’è forse una giustizia più grande di questa?

@PinoSuriano

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6 commenti

  1. Una

    non giudico le signore nadia e laura maso, ognuno fa ciò che si sente e quindi ogni scelta va rispettata ma mi permetto di fare un’osservazione, avendo letto il libro di pietro maso e leggendo le dichiarazioni del suo avvocato (non ricordo il nome) che su un giornale diceva che a parer suo, non si era mai pentito.
    Non sono religiosa e quindi non riesco a parlare seguendo i dogmi della chiesa o le parole estratte dai testi sacri, ecc. sono pragmatica e penso che se qualcuno avesse ucciso i miei genitori, per quanto giovane (19 anni non sei proprio un bambino) o tutte le attenuanti che si vogliano trovare, non sarei riuscita a perdonarlo, per me sarebbe morto come fratello o parente. Non e’ una questione di odio ma come fai ad amare qualcuno che ti ha privato delle tue stesse (e sue) radici e origini? Ci vuole uno sforzo immenso e se siete riuscite a farlo, contenta per voi, ma non credo che una persona possa cambiare totalmente quindi se fossi in voi i vostri figli, mariti ecc. li tutelerei, non andrei cosi’ fiera di far trascorrere del tempo ai miei figli con un “fratello” (faccio fatica a concepirlo gia’ come nome) che ha ammazzato in modo tanto ignobile, cattivo, bestiale per futile motivo poi..i miei genitori. Certe cose non si possono dimenticare, accantonare…io non ci riuscirei. Alla moglie di maso dico solo che o l’amore e’ cieco o lei e’ una sprovveduta…il fascino del male ha sempre attratto le donne (o un certo tipo, fragile, insicuro) ma foss in lei non dormirei sonni lieti…non potrei mai totalmente fidarmi di una persona che ha fatto un abominio simile e francamente 22 anni sono pochi, meritava l’ergastolo o perlomeno 30 anni, senza sconti, premi, ecc. Aggiungo che nel libro emergono i tratti di maso, ironico, ilare, poco convincente alla redenzione cristiana francamente…non era sotto effetto di droghe, ha agito con efferratezza, lucidita’, questo non vuol dire nulla? Nordest

  2. sandro

    Grazie per questo bell’articolo.
    Credo davvero che oggi tutti abbiamo bisogno di perdono.
    saluti

    1. Pino Suriano

      Grazie mille Sandro, lo credo anch’io.

  3. mauro

    Sig. Suriano, non giochi col perdono, che è cosa grossa che non va dispensata con tanta leggerezza. E’ un percorso terribile e impegnativo, io non lo so se i genitori guardano sorridenti, davvero non lo so; lo lasci dire a loro ed al mistero della morte, perchè quello sono quei due poveri genitori, morti. E non faccia sentire cattivo o disumano chi non riesce a perdonare, i conti col dolore si fanno davvero solo quando tocca a noi.

    1. Pino Suriano

      Per carità, mi rendo conto di quello che dice, signor Mario, e mi spiace di essere apparso troppo leggero nel giudizio. L’ipotesi con cui concludo altro non è se non ciò che ha detto la loro figlia Laura Maso. Ecco le sue parole: “Alle volte andiamo alle tombe dei nostri genitori e li sentiamo in paradiso e che ci sono vicini e approvano il cammino che i loro figli stanno facendo”. Concesso il rispetto per chi non riesce a perdonare, conceda la stima, ancor più profonda, per chi ci riesce. Saluti e grazie.

      1. Mauro

        Grazie mille per la sua risposta Sig. Pino,
        è che a volte il perdono è una montagna così alta da scalare che inizia proprio con il perdonare se stessi; è un percorso così duro e doloroso che si fa fatica a guardare in faccia uno come Maso.
        Grazie davvero.
        Mauro

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