L’assalto degli europrocuratori

Di Rodolfo Casadei
19 Luglio 2001
Israele al bordo della rottura diplomatica col Belgio per un’inchiesta dei giudici belgi su Sharon. Chirac sull’orlo dell’incriminazione per l’azione di un procuratore di cui bocciò la promozione. La strana coincidenza dei magistrati spagnoli critici di Aznar e aggressivi con Berlusconi: tutti affiliati all’equivalente locale di Magistratura Democratica

Chi è ancora convinto che le polemiche sulla politicizzazione dei magistrati, sulle esternazioni dei procuratori, sulla megalomania giudiziaria siano un fenomeno soprattutto italiano, legato alle vicende politiche nazionali dell’ultimo decennio, farebbe bene a dare un’occhiata fuori dall’uscio patrio. Scoprirebbe che, come dice il proverbio e come direbbe senz’altro il Tonino nazionale, ex magistrato ed ex deputato, «tutto il mondo è paese». Specie il mondo a noi più vicino, quello di certi stati che, come il nostro, fanno parte dell’Unione Europea (Ue). Un breve viaggio attraverso alcuni casi che riguardano Belgio, Francia e Spagna (ci atteniamo all’ordine alfabetico) lo dimostra chiaramente.

Belgio: i paradossi della giurisdizione universale

Bruxelles si è appena impantanata in una crisi diplomatica incresciosa: in occasione della sua prima missione in Europa il premier israeliano Ariel Sharon ha saltato intenzionalmente la tappa belga. Motivo del rifiuto: l’inchiesta aperta su di lui da un procuratore locale per complicità nelle stragi dei campi palestinesi di Sabra e Chatila presso Beirut nel 1982, materialmente compiuta da elementi della Falange libanese. Dallo scorso anno il Belgio si è dotato di una legge che ha attribuito alle sue corti di competenza universale per i crimini contro l’umanità: chiunque di qualunque parte del mondo può rivolgersi ai giudici belgi per denunciare il presunto autore di crimini contro l’umanità, e costoro attiveranno un procedimento giudiziario. Su questa base sono stati recentemente condannati quattro ruandesi (fra cui due suore) per complicità nel genocidio del 1994. Altri procedimenti sono stati avviati a carico del generale Pinochet, del presidente congolese Kabila (prima che fosse assassinato), dell’attuale presidente ruandese Paul Kagamé e di personaggi meno noti di Marocco, Guatemala, Cambogia, Iran, Costa D’Avorio, ecc. Di questo passo, il Belgio appare destinato a dover sospendere le relazioni diplomatiche con parecchi paesi del mondo: il numero dei ministri, capi di Stato e politici in genere che, venendo in Belgio, potrebbero essere arrestati, sta crescendo in misura esponenziale. L’autocompiacimento dei belgi per il proprio zelo ha già lasciato il posto all’imbarazzo: anziché difendere il magistrato che ha applicato una legge approvata dal parlamento belga, il ministro degli Esteri si è recato a Berlino per incontrarvi Sharon e il portavoce del ministero della Giustizia ha annunciato correzioni alla legge attualmente in vigore, per escludere dai suoi rigori capi di Stato, diplomatici e ministri stranieri in carica. D’ora in poi, insomma, la giustizia belga perseguirà gli autori di delitti contro l’umanità solo se “perdenti”. Un po’ come il Tribunale internazionale per l’ex Jugoslavia…

Francia: Chirac incastrato dal giudice che non promosse

In Francia si trova in difficoltà il presidente Jacques Chirac. Da tempo le attenzioni della magistratura sono concentrate su di lui per una questione di presunti fondi neri utilizzati da lui e dai suoi familiari durante la sua lunga permanenza alla carica di sindaco di Parigi. Si sta cercando da tempo di convocarlo come “testimone” del caso, ma l’intenzione di arrivare ad un’incriminazione è trasparente. Il procuratore semplice di Parigi Jean-Pierre Dinthillac ha redatto un parere favorevole circa la possibilità che i giudici istruttori convochino il presidente a testimoniare, perché ciò «non implica la sua responsabilità penale», che può essere trattata soltanto davanti all’Alta Corte di Giustizia, e perché lo statuto di “testimone assistito” (equivalente alla condizione di chi in Italia è raggiunto da un’avviso di garanzia) con cui Chirac sarebbe chiamato a deporre non equivale ad un’incriminazione, ma anzi permette di «fornire spiegazioni che permettono di scartare sospetti». Nessun giornale francese ha potuto fare a meno di notare che l’autore di queste perfide formule altri non è che il magistrato sulla cui nomina a Procuratore generale ad Aix-en-Provence nel 1997 pose il suo veto il capo dello Stato, a motivo dei suoi stretti legami col Partito socialista: nel 1990 Dinthillac era stato capo di gabinetto del ministro socialista della giustizia Henri Nallet.

Spagna: compagni Procuratori contro Aznar

Effetti pirotecnici anche in Spagna. Qui a fare i titoli dei giornali non è soltanto, come si crede all’estero, il procuratore-giustiziere planetario Baltazar Garzon: ci sono anche Carlos Jiménez Villarejo, capo della Procura anticorruzione, e Carlos Castresana Fernàndez, procuratore ed editorialista di El Pais. Queste tre personalità hanno qualcosa in comune: fanno tutte parte della Union progresista de fiscales, l’equivalente spagnolo di Magistratura Democratica. Nel suo congresso di Malaga del giugno scorso ha attaccato il governo Aznar su una lista infinita di argomenti: il patto di Stato fra governo e opposizione circa la riforma della giustizia, i provvedimenti in materia di immigrazione (accusati di essere incostituzionali), il mancato impegno del governo per la creazione della figura del Procuratore Europeo per la protezione degli interessi finanziari della Ue, ecc. È stata pure votata una mozione di solidarietà che «appoggia la professionalità dimostrata dai compagni membri della Procura anticorruzione Carlos Jiménez Villarejo e Carlos Castresana, condannando ancora una volta gli atteggiamenti e le dichiarazioni di alcuni imputati che intendono discreditare i due magistrati in questione ed eludere le proprie responsabilità penali». Castresana è il magistrato spagnolo che nel giugno scorso ha incontrato a Milano il Pm Greco per raccogliere notizie utili all’inchiesta su Telecinco, di competenza della Procura anticorruzione. Villarejo è la stessa persona che nel marzo scorso aveva lamentato che la rogatoria per la sospensione dell’immunità a Berlusconi come eurodeputato «poteva non servire a nulla», alludendo all’eventuale vittoria di Berlusconi nelle elezioni che stavano per svolgersi e alla sua nomina a capo del governo. Quando si dice il fair play.

Articoli correlati

0 commenti

Non ci sono ancora commenti.