Lapsus Berlingueriani

Di Angela Pellicciari
28 Giugno 2001
Per l’ex ministro delle pubblica (Dis)truzione, Berlusconi sarebbe “un uomo della Controriforma”. Magari! Nemmeno un secolare pregiudizio storico potrà infatti cancellare quanto di buono accadde nel mondo dopo il Concilio di Trento. All’insegna della bellezza della fede

Un esempio di pregiudizi antinazionali, di provincialismo politico e di cultura fatta per slogan. Questo è stato l’intervento dell’ex ministro della pubblica istruzione Luigi Berlinguer al Senato della Repubblica, il giorno del dibattito parlamentare sulla fiducia. Berlinguer, per additare Berlusconi al pubblico disprezzo, non ha trovato di meglio che rivolgergli un’accusa considerata infamante: «Lei è l’uomo della Controriforma», ha ripetutamente affermato. Berlinguer ha operato un corto circuito. Sentendosi bene nei panni del riformatore illuminato si è identificato con Lutero e la sua Riforma mentre ha attribuito a Berlusconi il ruolo del cattolico oscurantista, superstizioso, rozzo e violento.

Un ripasso di storia per il prof. Berlinguer

Berlinguer può tranquillamente tacciare Berlusconi di controriformista, e considerare ciò un insulto, perché è scomparsa la consapevolezza di cosa sia stata e quali conseguenze abbia avuto la Riforma. L’autorevole esponente diessino incarna il paradosso tutto italiano del disprezzo ostentato per la tradizione e cultura nazionali, cattoliche, che pure hanno regalato – e tuttora regalano – all’Italia primati mondiali. In un modo o in un altro questo vezzo alla ripulsa dell’identità collettiva va avanti da quando, con l’unità d’Italia, i liberali al potere hanno voluto trapiantare sulla nostra pelle le tradizioni religiose, culturali, artistiche ed economiche delle nazioni protestanti e massoniche, seguendo il motto: «l’Italia è fatta, bisogna fare gli italiani». Per intendersi sui termini e sui significati delle parole, per capire come stiano davvero le cose, bisogna ricordare qualche fatto. Quando Lutero inizia la ribellione contro Roma la Germania è una nazione nel pieno dello sviluppo. Alla fine delle guerre di religione viceversa, la pace di Westfalia sanziona la distruzione economica, culturale e politica della nazione tedesca. La Germania esce dal periodo della Riforma letteralmente a pezzi – smembrata in più di trecento stati – mentre la Francia rimane l’unica e incontrastata potenza continentale. All’inizio del ‘500 la chiesa tedesca possiede circa un terzo della ricchezza nazionale. Tanto cospicue sono state nel corso dei secoli le donazioni in suo favore. Sostenendo che il sacerdozio ministeriale è un’invenzione dell’anticristo di Roma che si chiama Papa, affermando che il magistero non esiste e che gli ordini religiosi non hanno nessuna legittimità, Lutero dichiara senza padrone le ingenti ricchezze della chiesa tedesca. Sulle centinaia di migliaia di miliardi di oggi (lo ripeto, un terzo della ricchezza nazionale) che all’improvviso si rendono disponibili, si gettano come falchi i principi. In testa quell’Alberto di Hohenzollern che, gran maestro dei Cavalieri Teutonici, con i beni dell’ordine che presiede dà vita ad un nuovo Stato: la Prussia che tanto si distinguerà nel corso del tempo. Le rivolte sociali che si diffondono a macchia d’olio, prima quella dei cavalieri, poi quella dei contadini, non fanno che reclamare un minimo di giustizia nella spartizione del bottino: non è giusto che a far manbassa dei beni della chiesa siano solo i principi. Come se ciò non bastasse Lutero regala il potere spirituale alla grande aristocrazia: grazioso dono servito su un piatto d’argento. Dopo aver abolito i vescovi il riformatore tedesco non trova di meglio che far ricadere sui principi, eletti da Dio, la suprema responsabilità della chiesa. Lutero fornisce così una giustificazione religiosa – e quindi una legittimazione al massimo livello – all’eterno desiderio del potere temporale di trasformarsi in potere assoluto. Potere assoluto che la chiesa nel corso dei secoli ha sempre, e con ragione, combattuto. Insieme all’assolutismo, ed in apparente contrasto con questo, la soppressione del magistero provoca la prolificazione delle sette. In un crescendo di radicalismo e di violenza i riformatori direttamente illuminati dallo Spirito Santo introducono la poligamia, la coercizione al matrimonio, inedite forme di comunismo. Nelle città cadute preda dell’ingegneria religiosa riformata il terrore regna sovrano. La distruzione del patrimonio artistico e culturale fa seguito a quella sociale ed economica. L’iconoclastia devasta buona parte del patrimonio di bellezza della Germania cattolica. La calce regna sovrana e il fuoco fa giustizia di quadri, sculture, panche, cori, tutto il “superstizioso” arredo sacro. Come se ciò non bastasse, frantumata l’universalità della chiesa, Lutero dà vita ad un nuovo tipo di nazionalismo. Non è un caso che Hitler si affretti a ristampare tanti dei testi luterani, a partire da quello Contro gli Ebrei per continuare con l’allocuzione Ai principi cristiani della nazione tedesca, vero manuale del nazionalismo tedesco.

Controriforma: studio e bellezza

La chiesa cattolica reagisce alla devastazione provocata dalla Riforma con la riforma cattolica, passata alla storia col nome di Controriforma. Il concilio di Trento rimette in moto le forze religiose e culturali della società con raro senso di equilibrio. Fissato il numero dei sacramenti, ribadito il ruolo del magistero e l’importanza della tradizione, il concilio conferma la necessità delle opere in ordine alla salvezza. Non è sufficiente la fede: l’uomo è responsabile delle proprie azioni perché dotato di libero arbitrio. Lo slancio missionario riprende con straordinario vigore. Nascono ordini religiosi di tipo nuovo («contemplativi nell’azione» si dirà): si tratta di andare nuovamente in cerca del martirio nelle terre passate al protestantesimo. I seminari, appena introdotti, preparano quei presbiteri dotti e pii di cui c’è bisogno. La santità di vita però non basta. Per affrontare i protestanti e preservare quanti sono rimasti cattolici c’è bisogno dell’eccellenza della cultura. A questo pensano i gesuiti: i loro collegi non temono rivali. Ma la santità di vita e la cultura ancora non bastano. C’è bisogno della bellezza. Il barocco, splendida creazione della Controriforma, rende palpabile la forza dell’uomo redento e la potenza del suo spirito. «Lei è l’uomo della Controriforma», ripete Berlinguer che, con voce piena di fremito, si abbandona ad una citazione poetica: che Berlusconi non faccia gelare “i fiori che sbocciano in aprile”. I fiori d’aprile, nel gergo dell’ex ministro, sarebbero le riforme avviate dall’ulivo, a cominciare da quella della scuola. Speriamo davvero che Berlusconi sia l’uomo della Controriforma. Speriamo anche che la classe dirigente riacquisti consapevolezza dello straordinario patrimonio culturale della nostra tradizione.

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