
Lancet fa “woke washing”. Via le donne, compaiono i «corpi con la vagina»

«Corpi con la vagina». Se ne parla ovunque: la bibbia medico-scientifica Lancet ha deciso di fare “woke washing” d’importazione americana e conformarsi alla narrazione militante, woke appunto, guidata dai temi Lgbtq+, dalla identity politics e dalla promozione delle diversità. Il risultato però, lo diciamo subito, ricorda a suo modo la nemesi di L’Oreal quando, usando il barbatrucco sciovinista in ossequio ai Black Lives Matter («abbiamo deciso di ritirare le parole bianco/sbiancante»!), è incappata nel più commesso e imperdonabile dei peccati: quello di ipocrisia razziale.
La scienza dalla parte giusta della storia
Ebbene, questa volta si parla di genere e stare dalla parte giusta della storia è complicato anche per una delle riviste più prestigiose al mondo. Per chi non vivesse su Twitter: il 24 settembre Lancet ha deciso di pubblicare, in esergo a una presentazione della mostra sulla “storia delle mestruazioni” al Vagina Museum di Londra, questa imprescindibile affermazione: «Storicamente, l’anatomia e la fisiologia dei corpi con le vagine sono state trascurate».
https://twitter.com/TheLancet/status/1441372277786951681
“Bodies with vaginas”, sì. Nell’articolo, firmato Sophia Davies, non solo si scopre che la vagina è stata bistrattata nei secoli fino all’arrivo del grande e potente Vagina Museum, ma anche che si parla di donne; tuttavia non sono le donne bensì la ridefinizione – una sola in tutto il pezzo – di “corpo con la vagina” a meritare la cover da lanciare in pasto a Twitter.
Lancet «sessista e imperdonabile»
E così, come nelle migliori shitstorm e come se il social media manager di Lancet fosse quello del serial killer Wayne Adam Ford (la suggestione è dello Spectator, il riferimento è al camionista americano per cui le donne erano solo “corpi con il seno” da mutilare e smembrare), la rivista ha avuto il suo momento “topic”: non c’è giornale o portale che non abbia passato in rassegna i migliaia di commenti firmati da collaboratori e revisori che si sono smarcati o dimessi pubblicamente in polemica con un «linguaggio assolutamente imperdonabile per riferirsi a donne e ragazze» (così lo psichiatra David Curtis, professore onorario di genetica presso l’University College di Londra chiedendo la rimozione dall’elenco dei revisori e la cancellazione del suo abbonamento); «come osi disumanizzarci con una dichiarazione come questa?» (Madeleine Ní Dhálaigh, medico di famiglia); «non credo che la decisione di utilizzare “corpi con vagine” sia un tentativo di linguaggio inclusivo» (Katie Paddock, docente di psicologia dell’educazione alla Manchester Metropolitan University).
«E i corpi con il pene?»
Scontato e sacrosanto il “dagli al sessista” – titolo facile, valga per tutti la risposta della femminista Claire Heuchan: «La misoginia medica… esiste – e il rifiuto di riconoscere le donne la perpetua. Fino a quando [Lancet] non inizierà a scrivere di “corpi con peni” (…) chiamerò questa cancellazione per quello che è: sessismo» –, un po’ meno quello a Lancet trans-escludente: «C’è assolutamente un dibattito da aprire sul linguaggio trans-inclusivo, ma “corpi con vagine” non fa alcun favore alle donne, agli uomini trans o alle persone non binarie. Dobbiamo essere precisi e specifici su chi e di cosa stiamo parlando. Se stiamo parlando di mestruazioni, le vagine NON sono nemmeno la caratteristica rilevante, e ti aspetteresti che Lancet lo sappia», ha tuonato Sarah Graham, giornalista “che si occupa di pregiudizi medici”. «È possibile essere inclusivi, precisi e riconoscere la misoginia medica (e la transfobia) al contempo, senza ridurre nessuno alla propria anatomia».
In pratica dopo aver “cancellato” le donne dal verbo scientifico in nome dell’inclusività, amputazione lessicale che pare non si sognino di fare con gli uomini e il pene, Lancet non renderebbe un buon servizio nemmeno ai transgender per i quali la vagina è del tutto accessoria al fine di sentirsi donna, avere il ciclo o subire la transfobia dei medici. E dall’inclusione alla recriminazione (“e allora i corpi con i peni?”) alla discriminazione (“e chi non ha la vagina?”) il passo è stato brevissimo.
Cervice, menstruator eccetera
Eppure la strada per il biomercato e il capitalismo etico era ben segnata. La Cancer Research Uk, associazione inglese per la ricerca sul cancro, non aveva già eliminato la parola “donne” dalla campagna per il pap test, screening importante «per ogni persona con la cervice tra i 25 e i 64 anni»? La Bloody Good Period, nata per rifornire di assorbenti chi non può permetterseli, non aveva già sdoganato in luogo di “donne” il termine “menstruator”? L’amministrazione di Brighton e Hoven non aveva già introdotto anche gli studenti più piccoli al concetto che le mestruazioni non riguardano le “donne” ma “all genders”? La grande e potente British Medical Association non aveva forse già indicato a tutti i suoi 160 mila membri che lavorano in privato e negli ospedali del Regno Unito di non chiamare mai più una donna incinta “futura mamma” perché «ci sono alcuni uomini intersex e uomini trans che possono essere gravidi. È possibile includere gli uomini intersex e gli uomini trans che possono essere gravidi chiamandoli “persone incinte”»?
I corpi con la vagina di Lancet
Ancora, l’università di Manchester non aveva già abolito le parole “madre” e “padre” e ufficializzato l’immancabile codice per rimpiazzare i pronomi “he/him/his/she/her/hers” con un generico plurale “they/them/theirs”? Al Brighton and Sussex University Hospitals NHS Trust le ostetriche non avevano già sostituito l’espressione «allattamento al seno» con «allattamento al petto» per includere anche i trans, il “latte materno” con “latte umano”, la “madre” o il “padre” con “genitore che partorisce” o “genitore biologico”?
In altre parole, il mondo (o gli utenti di Twitter) non era pronto per parlare finalmente di corpi e non di persone, brandizzare i genitali, superare i ruoli “imposti” dal corpo di nascita rendendo insignificante il corpo stesso, mercificare l’umano, disumanizzare l’umano? Dio salvi la regina e tutti i collaboratori che al delirante tentativo di woke washing di una rivista medico-scientifica hanno risposto con un secco “no”. Basterà a rimettere la scienza al suo posto, scienza a cui è bastato un solo tweet e un bisturi dalla parte del manico per sedersi dalla parte giusta della storia?
Foto di AdamCohn, licenza CC BY-NC-ND 2.0
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!