
Lacrime nella pioggia. Come una previsione (nera) del Fmi per chi già non arriva a fine mese

Pubblichiamo la rubrica di Pier Giacomo Ghirardini contenuta nel numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)
Il 6 ottobre il Fmi ha rilasciato l’ultimo World Economic Outlook e, in un accesso di lirismo, il direttore del dipartimento ricerca Obstfeld dixit: «Sei anni dopo che l’economia mondiale è emersa dalla più allargata e profonda recessione postbellica, il sacro Graal di un’espansione globale robusta e sincronizzata rimane sfuggente». Tradotto in cifre, una paginata di proiezioni di crescita per il biennio 2015-2016 riviste al ribasso per tutte le economie del mondo. Unica miracolata l’Eurozona che vedrebbe confermata all’1,5 per cento la crescita 2015 e ridotta solo di un decimo di punto (non si sa mai) quella 2016 (1,6 anziché 1,7 per cento) e, last but not least, l’Italia la cui crescita per l’anno in corso è stata rivista addirittura in rialzo (0,8 anziché 0,7 per cento), a una incollatura dall’ancor più rosea revisione (0,9 per cento) contenuta nella nota di aggiornamento al Def del 18 settembre.
Non si capisce per quale grazia speciale dello Spirito Santo ce la faremmo a sfangarla, dal momento che i downside risks enumerati nel medesimo rapporto del Fmi paiono la lista delle piaghe d’Egitto, ma tant’è. Deflazione nei prezzi delle materie prime e del greggio che, al di là degli effimeri vantaggi per i paesi importatori, inguaierà ancor più non pochi paesi esportatori (Russia, Venezuela, Nigeria eccetera). Rallentamento assai più brusco del previsto dell’economia cinese, dato che la transizione verso un modello di crescita basato sulla domanda interna si sta rivelando più arduo del previsto. Tassi di interesse statunitensi in crescita e un dollaro più forte in prospettiva, che renderanno più grave il peso e il servizio del debito per le economie emergenti (in dollari indebitate). Possibili mutamenti dirompenti nel valore degli asset e un aumento della volatilità dei mercati finanziari che potrebbero comportare, assieme ad altre mine tuttora vaganti (Grecia), vere e proprie inversioni di rotta nei movimenti di capitale. Accresciute tensioni (eufemismo) geopolitiche (Siria, Libia, Ucraina eccetera).
Per chi non arriva alla fine del mese, quando la crescita è zero virgola, le previsioni sono lacrime nella pioggia – se è concesso pure a noi un accesso di lirismo. Se, in Italia, gli investimenti fissi lordi continueranno a ristagnare e se, come tutto lascia prevedere, si divaricherà ulteriormente il gap fra i tassi di crescita di import ed export, nel terzo e quarto trimestre 2015 facciamo ancora a tempo mangiarci tutta o quasi la crescita acquisita al 30 giugno. E sarebbe un brutto viatico per il 2016.
Per chi invece non gli è mai andata così bene (e ce n’è), gli mettiamo su questo vinile – che non gli turbi i rinfreschi: di Ray Ventura (e i suoi Collégiens), Tout va très bien, Madame la Marquise!
Foto Ansa
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