L’ABC dell’economia di mercato

Di Rodolfo Casadei
19 Luglio 2001
Perdonate l’uso un po’ professorale che di questa rubrica faremo stavolta, ma l’accusa di «zelanti neofiti del Gran Mercato» piovuta sulla testa del sottoscritto e degli altri firmatari del manifesto sulla globalizzazione “Non conformatevi” ci costringe a ripartire dall’abc della questione, che purtroppo nelle scuole italiane non viene insegnato ma anzi mistificato

Perdonate l’uso un po’ professorale che di questa rubrica faremo stavolta, ma l’accusa di «zelanti neofiti del Gran Mercato» piovuta sulla testa del sottoscritto e degli altri firmatari del manifesto sulla globalizzazione “Non conformatevi” ci costringe a ripartire dall’abc della questione, che purtroppo nelle scuole italiane non viene insegnato ma anzi mistificato. Discutete un po’ con uno studente o con un insegnante dell’ultimo anno di liceo, magari impegnati in parrocchia, e scoprirete che le parole “profitto”, “mercato”, “proprietà privata” , “competitività” vengono da loro immediatamente associate a concetti negativi quali egoismo, sfruttamento, sopraffazione, visione materialista della vita, ecc. Per loro, insomma, il sistema dell’economia di mercato altro non è che una variante dello stato di natura descritto da Thomas Hobbes come una guerra di tutti contro tutti all’insegna del principio homo homini lupus. Nessuno gli ha spiegato che le cose stanno esattamente al contrario, che il sistema dell’economia di mercato e le istituzioni e tradizioni morali su cui esso si regge sono il più sofisticato prodotto di civiltà della storia umana. Lungi dall’essere espressione di darwinismo sociale, la competizione è un’altissima forma di collaborazione umana, perché permette di attivare le conoscenze e le abilità sparse fra milioni di persone, un risultato che l’economia a pianificazione centrale è strutturalmente incapace di conseguire. Competizione e ricerca del profitto conducono a produrre le merci più adatte alla domanda e ai prezzi più convenienti: in ciò consiste la loro funzione sociale, che né la pianificazione economica socialista, né l’altruismo sono in grado di sostituire a livello di organizzazione generale della società. Ai tanti che hanno aderito in buona fede (e in perfetta ignoranza) alle tesi delle “Sentinelle del mattino” e alla cultura che le ispira, vogliamo dedicare questo brano, tratto da La presunzione fatale – Gli errori del socialismo di Friedrich von Hayek: «Tutti i sistemi di morale raccomandano naturalmente un’azione altruistica, ma la questione è come realizzarla. Le buone intenzioni non sono sufficienti –noi tutti sappiamo quale strada esse lastricano… La morale del mercato ci porta ad avvantaggiare gli altri, non attraverso le nostre intenzioni, ma facendoci agire in un modo tale che, in ogni caso, avrà proprio tale effetto. L’ordine esteso ha la meglio sull’ignoranza individuale… in un modo che le buone intenzioni non possono fare, e perciò rende altruistici i nostri sforzi nei loro effetti». Naturalmente l’economia di mercato non è solo un’istituzione vantaggiosa per la società, ma, grazie al presupposto del diritto alla proprietà privata su cui si basa, anche un presidio della libertà dell’individuo. «Chi detiene tutti i mezzi, stabilisce tutti i fini», ha scritto Karl Popper a proposito dello Stato socialista. In quel sistema l’individuo perde ogni libertà materiale, politica e soprattutto morale. Un particolare da non dimenticare.

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