
La vita cristiana fiorisce anche nel paese più secolarizzato d’Europa

Articolo tratto dal numero di ottobre 2020 di Tempi. Questo contenuto è riservato agli abbonati: grazie al tuo abbonamento puoi scegliere se sfogliare la versione digitale del mensile o accedere online ai singoli contenuti del numero.
Otto anni dopo l’Intervista su Dio con Camillo Ruini, Andrea Galli ci propone un approfondito colloquio con un altro cardinale. Si tratta di Willem Jakobus Eijk, arcivescovo di Utrecht e primate d’Olanda, noto per l’irriducibile ortodossia sui temi bioetici e per essere dal 2008 il capo della Chiesa cattolica dell’Europa occidentale che più rapidamente (da prima che lui ne divenisse il primate) si sta apparentemente estinguendo: i cattolici erano il 39,5 per cento della popolazione nel 1980, oggi sono poco più del 21 per cento.
Ma il libro-intervista non alimenta la malsana curiosità per il tracollo di numeri e di fede di quella che fu una delle più attive realtà cattoliche nazionali dell’Otto-Novecento (nel 1960 l’11 per cento di tutti i missionari cattolici nel mondo era olandese) o per il masochismo di un arcivescovo cardinale costretto a chiudere centinaia di chiese per mancanza di fedeli e di risorse economiche. Racconta invece che Dio vive in Olanda oggi come ieri, e della sua persistenza è testimonianza vivente proprio il cardinale: con la sua biografia, le sue decisioni, le sue parole mai separate dagli atti, il suo spirito battagliero e pacato.

Galli chiede come sia stata possibile la progressione inarrestabile del secolarismo in Olanda, e il cardinale spiega che «la crescita dell’economia nella prima parte degli anni ’60 contribuì all’affermarsi di una cultura iper-individualista, che divenne secolarizzazione e accettazione di un’etica dell’autonomia, in base alla quale l’uomo ha il pieno diritto di disporre anche della propria vita»; cerca aneddoti sull’autodistruzione cattolica, e si sente raccontare quello del sacerdote Eijk che fatica a imporsi come catechista di una scuola elementare cattolica perché «il team di insegnanti voleva che io usassi un metodo per la catechesi in cui Dio non veniva menzionato nemmeno una volta»; scopre l’ipocrisia liberal che ammette l’obiezione di coscienza per aborto ed eutanasia, ma facilita il licenziamento del personale medico eventualmente obiettore.
Ma Eijk racconta anche l’Olanda delle 500 conversioni al cattolicesimo all’anno, degli immigrati cristiani che sono tanti quanti i musulmani, della nuova generazione di giovani che accetta l’insegnamento morale della Chiesa, del cristianesimo minoritario ma intenso, non più meramente sociologico come quello di cinquant’anni fa, che si nutre di preghiera e adorazione eucaristica. Una narrazione a tratti disarmante, come la risposta alla domanda sulla sua vocazione: «Io sono diventato sacerdote per celebrare l’Eucaristia (…) Non mi dà una gioia emotiva, ma una gioia spirituale».
Foto Ansa
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