
Good Bye, Lenin!
La visita di Giovanni Paolo II in Polonia raccontata dai “rossi”
L’Istituto polacco per la memoria nazionale ha aperto un sito dedicato alla visita di Giovanni Paolo II in Polonia nel 1987, che presenta materiali d’archivio, audio, foto e video raccolti dalla sicurezza di Stato (SB). Furono giorni intensissimi e memorabili quelli passati in patria dall’8 al 14 giugno, ultimo pellegrinaggio prima del dissolvimento del regime comunista, durante i quali il papa zigzagò visitando l’intero paese: Varsavia, Lublino, Tarnów, Cracovia, Stettino, le città sul Baltico, Częstochowa, Łódź.
Da un lato – scrive Marek Dąbrowski, coordinatore del portale, – la visita era attesa dal governo Jaruzelski con la speranza che avrebbe potuto placare le tensioni socio-politiche e far fare «bella figura» a livello internazionale nonostante la crisi economica; dall’altro c’era però il timore che si svolgessero manifestazioni antigovernative «in diretta». Il programma prevedeva infatti tappe a rischio dal punto di vista del regime: la visita alle «Tre città» sul Baltico, culla di Solidarność, il momento di preghiera sulla tomba di padre Popiełuszko a Varsavia, e la canonizzazione di Karolina Kózka, la «Maria Goretti polacca» uccisa da un soldato russo.
Il problema delle autorità comuniste non era solo (o tanto) quello di garantire la sicurezza del papa, quanto di neutralizzare eventuali «elementi ostili». Inoltre, da un documento del marzo 1987, troviamo espressa la preoccupazione del Partito di perdere il ruolo guida, dato che le iniziative della Chiesa avrebbero potuto «rafforzarla» trasformandola nella «forza politico-sociale dominante», tanto peggio se appoggiata da elementi antisocialisti.
I materiali consultabili sul sito si possono dividere cronologicamente in tre gruppi: i documenti preparatori (contatti tra il ministero degli interni e le autorità religiose, declassificati recentemente), la documentazione raccolta durante la visita (la mole di materiali dell’operazione denominata «Zorza II», che doveva garantire la sicurezza dell’ospite e al contempo svolgere opera di prevenzione contro elementi «ostili»), e infine le analisi del viaggio compilate dalle varie istituzioni statali coinvolte in «Zorza II». Le foto e i video dell’SB, più che riprendere il Papa, servivano a registrare i «contenuti illegali» degli striscioni e ad immortalare i pellegrini «sospetti» per poterli identificare.
Prendiamo ad esempio il video registrato dall’SB a Częstochowa; è un fiorire di manifesti che inneggiano al sindacato Solidarność, impastati di dottrina sociale «alla polacca»: «O Maria, conduci noi e i nostri figli attraverso il “mar Rosso” dell’ipocrisia, della menzogna, dell’ateismo».
A Danzica non poteva certo mancare una vera e propria manifestazione, altrimenti che figura ci facevano? Gliel’aveva detto anche il papa: «Qui, sulla riva del Baltico, anch’io pronuncio questa parola, questo nome solidarietà, perché essa appartiene al costante messaggio della dottrina sociale della Chiesa». Così abbiamo le riprese della messa celebrata a Danzica-Zaspa il 12 giugno e soprattutto la manifestazione pacifica di Solidarność (dal 30′ minuto) al termine della messa e aperta da uno striscione gigantesco.
In uno dei filmati registrati a Cracovia invece troviamo un fatto interessante che richiama episodi simili quanto accaduti durante il Majdan ucraino: accompagnato dai commenti cinici degli operatori dell’SB, si vede (dal terzo minuto) il maldestro tentativo di un gruppo di poliziotti che in mezzo alla gente cercano di fermare un giovanotto, e solo l’intervento di due sacerdoti risolve una situazione che avrebbe potuto degenerare.
Ma il video più toccante è sicuramente quello della preghiera del papa a Danzica, inginocchiato nel silenzio della piazza, davanti alle tre croci che ricordano gli operai morti durante gli scontri del 1970. Dobbiamo ringraziare gli agenti dell’SB per le riprese: qualcosa è sfuggito di mano all’operatore o chissà, forse era uno di quei comunisti polacchi «simili ai rapanelli, rossi fuori ma bianchi dentro», come diceva Wałęsa…
Tra le riproduzioni dei documenti cartacei c’è la nota inviata dal Comitato centrale del Partito comunista sovietico al ministro degli interni polacco, generale Kiszczak, in cui Mosca si lamentava perché il papa avrebbe canonizzato la summenzionata Karolina Kózka. Alla nota fu allegato il testo dell’omelia del pontefice – privilegio concesso non a tutti i fedeli – e una breve scheda biografica della nuova santa, morta a 17 anni nell’ottobre 1914 «difendendo il proprio onore» contro l’esercito… zarista, non sovietico!
L’SB di Varsavia ci ha lasciato qualche dato sul bilancio dell’operazione: veniamo a sapere che negli ultimi due giorni del pellegrinaggio papale furono impegnati 25.300 uomini. Al contempo le autorità, che ufficialmente dovevano essere se non atee almeno indifferenti, erano seriamente preoccupate per «un’antica consuetudine della Chiesa: la preghiera di un papa presso la tomba di un defunto ne autorizzerebbe automaticamente la beatificazione». Lo sconforto socialista era comprensibile: si erano sbarazzati del vescovo Wojtyła inviandolo a Roma, ma era diventato papa. Avevano eliminato padre Popiełuszko, ma ora rischiava di diventare ipso facto un martire per la fede…
Foto Ansa
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