La verità di un cronistaccio

Di Emanuele Boffi
13 Novembre 2003
“Metto in crisi la cuccia ideologica in cui vi siete accomodati? Non comprate il mio libro”. A colloquio con Giampaolo Pansa, autore de “Il sangue dei vinti”

In un passo del libro-intervista a Vittorio Foa (Un dialogo), Carlo Ginzburg racconta che: «Quando uscì la traduzione del libro di Solzenicyn (Arcipelago Gulag, ndr) lo vidi in libreria, lo sfogliai e non lo comprai. Ricordo questo come un vero atto di viltà: c’era qualcosa che volevo tenere lontano, a tal punto che poi il libro non l’ho letto».

Pansa, il tuo Il sangue dei vinti ha suscitato grandi polemiche. Immagini che un ipotetico tuo lettore possa comportarsi allo stesso modo di Ginzburg?
Sì, può accadere. Quando il libro non era ancora uscito, Giorgio Bocca e Aldo Aniasi si erano già scagliati contro la mia opera sulla base delle anticipazioni.

E perché?
Perché in Italia quando c’è qualcosa che mette in crisi l’ordine stabilito nella cuccia ideologica in cui siamo accomodati, si dice: eh no, io questo aspetto non voglio conoscerlo. Come se volessimo sentirci raccontare soltanto quello che ci piace, quello che non introduce dubbi nelle nostre idee, quello che non sconvolge l’ordinato svilupparsi delle vicende che abbiamo deciso per noi stessi. Ma sai che penso di questi teorici non lettori? Come si dice a Roma, “non me ne pò frega’ de meno”. A loro io dico: non compratelo.
Un consiglio che non hanno ascoltato in molti. Siamo alla quarta ristampa. Ti aspettavi un successo del genere?
Siamo a quota 150mila copie. Quel che più mi sorprende sono le 20 o 30 lettere che ricevo ogni giorno con allegati brevi memoriali che mi fanno pensare che ci sono ancora tante storie rimaste negli ambiti famigliari. In parte, mi aspettavo un buon successo perché attendevo al varco le polemiche. Tanto che la protagonista del saggio-romanzo, Livia Bianchi, mi dice queste parole: «guardi che diranno che lei…».

Una facile profezia?
Se mi imbarco in un’opera del genere non è per ragioni commerciali, ma perché mi piace fare questo lavoro. Altrimenti, perché tanta fatica? Ho 68 anni, potrei andare a giocare a golf. Invece sono un antifascista che considera i partigiani i suoi antenati, ma non si accontenta di una sola faccia della medaglia.

Racconti di quando eri bambino e assistevi alle condanne dei fascisti. Scrivi: «da una parte c’erano i buoni, dall’altra c’erano i cattivi». Cosa rimproveri a questa visione del mondo?
Ho usato quest’espressione perché nel prologo cerco di raccontare che cosa si muoveva nella testa di un ragazzino. Ma non mi sognerei mai, in una guerra civile, di parlare di “buoni e cattivi”. Però, attenzione!, distinguo tra una causa e l’altra. La causa che ho sempre considerato e che considero giusta è quella della Resistenza, della libertà e della democrazia. Che non erano certo gli obiettivi di Hitler e di Mussolini. Tuttavia tra i fascisti c’erano molti volontari, ma anche gente costretta ad arruolarsi per paura di rappresaglie contro i famigliari. Io sono un antifascista, ho sempre votato a sinistra, ho amici sia partigiani sia fascisti. Devo scegliere le amicizie? Devo occuparmi dei rossi e non dei neri? L’Italia è un paese fazioso. Appena dici una parola ti iscrivono a questo o a quel gruppo sportivo.
Come spieghi questo paese fazioso?
Torniamo alla storia dei buoni e dei cattivi. Chi sta nell’Ulivo pensa che Berlusconi sia un diavolo. E i berlusconiani che i comunisti mangino i bambini. È un paese fazioso perché è un paese che non ha vissuto un periodo sufficiente di democrazia. Mia madre appese questo cartello sulla saracinesca del nostro negozio: «La signora Giovanna Pansa chiude per due ore il negozio perché va a votare per la prima volta. A 43 anni!». Anno: 1946. Si capisce?

Ma oggi?
Oggi non se ne può più di vedere i politici dei due fronti che si aggrediscono.

Che facciamo allora, andiamo a giocare a golf?
Ma no, ma no. Domani mattina mi alzerò di nuovo alle cinque del mattino per poter lavorare tre ore sui miei libri e poi mi dedicherò a fare quello che ho sempre fatto: il “cronistaccio”.

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