
La strage di Bucha «non è un genocidio»

«Zelensky e i suoi dovrebbero maneggiare con maggiore cautela la definizione degli atti criminali di cui attualmente sono vittima». Con un editoriale sulla prima pagina del Corriere della Sera, Paolo Mieli critica il presidente ucraino dopo il discorso all’Assemblea delle Nazioni Unite durante il quale ha alzato nuovamente il livello della retorica chiedendo che i russi subiscano «un processo come quello che si è tenuto a Norimberga per i criminali nazisti dopo la Seconda guerra mondiale».
Zelensky sbaglia a parlare di «genocidio»
Secondo Mieli l’evocazione esplicita o implicita del «genocidio», come avvenuto durante il discorso alla Knesset, in Israele, quando fece un azzardato paragone con la Shoah, è impropria. Nessuno mette in dubbio che «l’uccisione di civili inermi a Bucha» o la devastazione di Mariupol «siano crimini orribili», ma simili atrocità devono essere considerate «crimini di guerra». «Che bisogno c’è di ricorrere ad una comparazione ad ogni evidenza impropria?».
Provenendo dal mondo dello spettacolo, ed essendosi rivelato abilissimo a utilizzare i media, Zelensky sa quanto l’evocazione emotiva di tragedie immani possa cambiare il corso della guerra e spingere i paesi europei o gli Stati Uniti a fornire più aiuti all’Ucraina e a coinvolgersi ancora più direttamente nel conflitto con la Russia, anche se questo esporrebbe il mondo al rischio di un conflitto nucleare.
La critica del Corriere
Secondo Mieli, il ricorso a paragoni con le più grandi tragedie del ventesimo secolo è comunque un errore: «Non ce n’è alcun bisogno», scrive. «Va detto infine che non può essere esclusa una terribile eventualità: prima o poi i russi potrebbero adottare tecniche genocide nei confronti delle popolazioni non russofone che abitano nelle regioni sotto il controllo dell’esercito con la Z. A quel punto potremmo pentirci di aver sprecato quella parola [genocidio, ndr] per descrivere la tragedia di Bucha, Mariupol e di molte, troppe, altre città. Orribili misfatti sì, ma non catalogabili con il termine genocidio».
Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, Zelensky ha fatto di tutto per difendere il suo paese, arringando i Parlamenti dei principali paesi europei e occidentali per ottenere più aiuti militari per fronteggiare la Russia. Ha saputo anche dimostrarsi realista, quando ha ammesso che l’Ucraina «non può entrare nella Nato» aprendo la porta a un compromesso con Mosca.
Zelensky rifiutò il compromesso con Mosca
Proprio su questo tema, prima dell’inizio del conflitto, ha forse commesso però un errore di valutazione stando all’indiscrezione pubblicata pochi giorni fa dal Wall Street Journal. Secondo il quotidiano americano, che cita fonti interne al governo tedesco, il presidente ucraino si rifiutò di intavolare una trattativa preventiva per evitare la guerra a cinque giorni dall’invasione. Rivela il Wsj all’interno di un lungo articolo sulla pericolosità dei progetti neoimperiali di Putin e sugli errori dell’Occidente:
«Olaf Scholz fece un ultimo tentativo di risolvere i problemi tra Mosca e Kiev. Disse a Zelensky a Monaco il 19 febbraio di rinunciare alle sue aspirazioni di entrare nella Nato e di dichiarare la neutralità dell’Ucraina come parte di un più ampio accordo europeo sulla sicurezza tra Occidente e Russia. Il patto avrebbe dovuto essere firmato da Putin e Biden, i quali avrebbero garantito insieme la sicurezza dell’Ucraina. Zelensky rispose che non ci si poteva fidare di Putin e che la maggior parte degli ucraini desiderava entrare nella Nato. La sua risposta preoccupò i funzionari tedeschi, i quali capirono che le possibilità della pace stavano svanendo».
Foto Ansa
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