
«La “scuola per tutti” è la prima battaglia di libertà»

«Il comunicato del 7 febbraio è solo l’ultimo di una lunga serie, è da ottobre che chiediamo un confronto col ministro dell’istruzione, Fioramonti prima e Azzolina adesso, e ancora non siamo riusciti a parlare con nessuno. Anche se non ci sarebbe nulla su cui confrontarci: ancora una volta dobbiamo alzare la voce per ricordare al Miur di rispettare la legge». Virginia Kaladich, battagliera presidente nazionale di Fidae, federazione di scuole cattoliche primarie e secondarie, commenta a tempi.it le ultime cronache “lunari” dal pianeta parità scolastica: nei giorni scorsi il ministro Lucia Azzolina ha annunciato che i prossimi concorsi porteranno in cattedra 70 mila nuovi docenti. Ma secondo gli schemi inviati dal ministero, si tratterà solo di docenti statali: manca lo schema relativo alla procedura straordinaria, prevista dal decreto legge 126/2019, per l’abilitazione dei docenti precari delle scuole secondarie paritarie.
NUOVE CATTEDRE, MA SOLO NELLO STATO
Non è la prima volta: già in prima bozza il cosiddetto decreto “salva precari” aveva tagliato fuori i docenti in carica in queste scuole dai bandi, «peccato che la legge sulla parità preveda onori e oneri: per insegnare in una paritaria ci vuole l’abilitazione, per l’abilitazione ci vuole un ministero che avvii percorsi abilitanti. Percorsi previsti dalle norme e che da anni attendiamo vengano avviati dal ministero. Il quale ministero invece di avviarli, e permetterci di onorare la legge, ci ricorda che senza un numero adeguato di docenti abilitati ci toglie la parità. È successo l’anno scorso, comunicazione ricevuta da alcune nostre scuole».
«I NOSTRI DOCENTI NON SONO EXTRATERRESTRI»
Non solo a certe latitudini ministeriali quanto deciso dal legislatore per far funzionare un sistema pubblico integrato, formato da scuole statali e scuole paritarie accreditate, conta da vent’anni come il due di picche; ma quando si tratta di applicare le norme, il fabbisogno delle paritarie diventa invisibile, alla faccia della dignità garantita sulla carta ad ogni scuola e dei docenti che vi lavorano: «I nostri insegnanti non sono extraterrestri, hanno studiato e acquisito i titoli nelle stesse università degli altri e contribuiscono alla lunga storia di servizi di alta qualità delle scuole in cui insegnano: perché non riconoscere loro pari dignità e trattarli come docenti di serie b? Perché trattare le nostre scuole come scuole di serie b?».
VENT’ANNI DI PARITÀ DISATTESA
Kaladich ricorda che la resistenza alle paritarie, lo abbiamo scritto più volte, va contro ogni logica di diritto, di economia e di buon senso. E che a vent’anni dalla legge sulla parità scolastica, a fare le spese dell’ottusità di Stato (e della retorica trita e ritrita dei giornali che giocano sul cliché ideologico della identificazione della scuola paritaria con quella privata e, va da sé, con la scuola dei ricchi o dei preti) è la famiglia: «La Costituzione denuncia una libertà che non è garantita: oggi in Italia un genitore non è libero di fare una scelta educativa. Di scegliere liberamente una scuola per i propri figli. A marzo cosa celebreremo, vent’anni di parità disattesa? Una legge incompiuta? Uno Stato che discrimina?».
INSEGNANTI E ALUNNI DISABILI DI SERIE B
Oltre alla cartina tornasole della questione precari, considerati ormai alla stregua di un cataclisma intrinseco al sistema scolastico, c’è quella del sostegno. Anche qui, la discriminazione è evidentissima, ventimila euro l’anno circa le risorse stanziate per un alunno disabile iscritto alla scuola statale, duemila circa se iscritto alla paritaria (dove tra l’altro aumentano le iscrizioni di questi bambini): «Quanti stipendi di insegnanti di sostegno possiamo permetterci stante l’entità (e i tempi di erogazione) del contributo? Aiutare le scuole ad aiutare le famiglie non è una battaglia di retroguardia: quella per la libertà di educazione, la scuola per tutti, è “la” battaglia di libertà del 2020».
NON MANCA UNA LEGGE, MANCA LA LIBERTÀ
E nessuno è esente: «Non so fino a che punto le famiglie percepiscano l’urgenza di questa battaglia. So che quelle che fanno i salti mortali per mandare i figli nelle nostre scuole hanno chiaro che onorare stipendi e qualità dell’insegnamento, e soprattutto offrire un certo tipo di percorso educativo non è un fatto di business né di semplice servizio». Secondo Kaladich in Italia non mancano le leggi, in Italia manca una cultura della parità scolastica e un’informazione corretta «e quando parlo di informazione corretta non mi riferisco solo alle questioni tecniche e finanziarie, ma al senso della parità stessa, i suoi contenuti. Cosa significa garantire la libertà di scelta, cosa significa “educazione” per i genitori e “educare” per i docenti? Se una scuola non viene scelta dalla famiglia in base al cuore della sua offerta educativa è giusto che chiuda. Quello che non è giusto è che la famiglia non sia messa nelle condizioni di poterla scegliere. E per fare questo io non credo servono altre norme, serve un’interpretazione onesta e corretta di una legge che già c’è. E che al centro di un dibattito, che sui giornali trova posto solo alla voce “rivendicazione di soldi e diritti”, torni a trovare posto ciò che veramente è in gioco oggi come ieri in Italia: l’emergenza educazione».
Foto Ansa
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