
La scelta di Safiya
Il paese più schizofrenico del mondo si chiama Nigeria. Un posto dove una giovane donna di nome Agbani Darego può permettersi di partecipare e vincere concorsi di bellezza in serie, fino ad essere eletta miss Mondo, diventando un’eroina nazionale. Mentre un’altra donna, di nome Safiya Hussaini Tungar-Tudu, lotta per salvare se stessa da una sentenza di morte comminatale da un tribunale locale per aver avuto rapporti sessuali fuori dal matrimonio, nella sostanziale indifferenza della stessa nazione che si è esaltata per il successo di Agbani. Solo alcune organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno protestato per la sentenza, ma questo è bastato per far nascere una campagna di sensibilizzazione e protesta internazionale che ha già ottenuto un primo risultato: il 23 novembre la Corte d’Appello ha sospeso la sentenza di morte emessa il 17 ottobre.
La sfortuna di nascere a Sokoto
Possono due donne vivere destini tanto diversi in uno stesso paese? Sì, se il paese è la Nigeria e se le due donne sono nate una nel sud, nel delta del fiume Niger, e l’altra nel nord, nello storico sultanato di Sokoto. La prima è figlia di una terra guadagnata al cristianesimo al prezzo del sacrificio dei missionari irlandesi, tedeschi, ecc. che nel secolo scorso furono falciati a centinaia dalla febbre gialla ma evangelizzarono quasi al 100 per cento gli ibo e le altre etnie della Nigeria sud-orientale. La seconda è figlia della regione da cui partì l’ultimo jihad in terra africana che si ricordi, quello guidato dal capo fulani Dan Fodjo che nel 1817 avviò l’islamizzazione della Nigeria settentrionale e centrale armi alla mano. Agbani Darego è una 18enne che frequenta le passerelle delle sfilate di moda e studia matematica e informatica presso l’università di Port Harcourt, non si separa mai dalla sua Bibbia e di se stessa dice: «I’m a strong christian. In fact I’m a born-again». Safiya, invece, è una 35enne divorziata che afferma di essere stata costretta a subire per tre volte gli assalti sessuali di un cugino 60enne che l’ha messa incinta, e che non riesce a capacitarsi di come costui abbia potuto giurare il falso sul Corano, dichiarandosi estraneo ai fatti. Ma soprattutto Safiya è una donna musulmana che vive in uno dei dieci stati della federazione nigeriana in cui vige la sharia, la legislazione penale derivata direttamente dal Corano. Che prevede, per le adultere, la pena della lapidazione: sepolte nella terra fino al collo, attendono di essere uccise dalla folla a colpi di pietre. Agbani è la prima nigeriana che ha vinto il concorso per miss Mondo, Safiya potrebbe diventare la prima nigeriana lapidata dopo l’introduzione della sharia.
Stato che vai, sharia che trovi
Il tormentone della sharia in Nigeria è cominciato due anni fa: nell’ottobre del 1999 è stata introdotta nello stato di Zamfara, dopodiché altri nove stati settentrionali l’hanno fatta propria, l’ultimo dei quali è lo stato di Gombe, il 26 novembre scorso. Le legislazioni, in realtà, differiscono fra loro in misura non irrilevante: nello Zamfara la sharia comporta anche la segregazione sessuale nelle scuole e sui mezzi pubblici oltre che l’applicazione delle pene corporali (frustate e mutilazioni varie) ai colpevoli, invece nello stato di Kaduna, dove vive una forte minoranza cristiana, tali pene sono escluse dal vigente codice coranico. Nello stato di Bauchi la sharia comprende divieti piuttosto frivoli, come quello di inneggiare a qualcuno col canto (è dunque vietato cantare le grazie di una sposa o i successi di una squadra di calcio), di giocare a calcio, di “fare comunella con iene (!) e scimmie” e di danzare maneggiando serpenti. Le sentenze emesse dalle corti incaricate di applicarla variano ancora più ampiamente da stato a stato, con l’unica costante che la bilancia della giustizia pare essere vistosamente sbilanciata a sfavore del sesso femminile. La stessa corte che ha condannato a morte Safiya ha assolto il suo presunto partner “per mancanza di prove”. Costui (che comunque non rischiava la pena di morte) ha ritrattato la confessione di responsabilità resa davanti a tre poliziotti e l’ha passata liscia, perché il giudice ha considerato la confessione comunque non influente: secondo il Corano, i testimoni dovevano essere almeno quattro. Nel gennaio di quest’anno una corte dello Zamfara ad una adolescente colpevole dello stesso reato di Safiya aveva “solo” comminato 100 frustate. Nello stato di Gusau, invece, un uomo trascinato in tribunale dalla quinta moglie è stato punito con due mesi di carcere e 40 frustate per aver sposato una donna in più di quante il Corano ne permette. Discrepanze fortissime anche in materia di stupri: un uomo che ha abusato di una bambina di 7 anni è stato condannato a 5 mesi di prigione e 20 frustate nello stato di Sokoto, invece nello stato di Kebbi un 35enne accusato di sodomia su di un ragazzino di 7 anni è stato condannato alla lapidazione. Alcuni ladri hanno già avuto una mano amputata in vari stati. Tutto questo accade senza alcun intervento da parte dello stato centrale, nonostante il presidente e il ministro della giustizia non siano affatto musulmani. Circa la condanna di Safiya, per esempio, il presidente del Senato nigeriano si è limitato a protestare per il fatto che il presunto partner della donna non era stato giudicato con la stessa severità. La linea comune di tutti i politici nazionali nigeriani, sia cristiani che musulmani, è quella di prendere le distanze dalle sentenze di condanna, ma senza mettere in discussione il diritto degli stati del nord ad applicare la sharia, purché essa riguardi solo i musulmani. Tale approccio non è affatto condiviso dai non musulmani che vivono nel nord e da gran parte dell’opinione pubblica del sud. Molti infatti vedono nell’ossessione per l’applicazione della sharia un progetto politico inquietante: quello di trasformare tutti i musulmani nigeriani in militanti islamici radicali. In molte località sono state create squadre di vigilantes per segnalare alle corti islamiche le infrazioni di legge, e la stessa Safiya è stata denunciata dai suoi vicini. Cose del genere una volta succedevano in Cina e in altri paesi comunisti. Cambia il colore, dal rosso al verde, e la storia si ripete.
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