La Russia mette un piede in Mali e scatena una crisi con la Francia

Di Rodolfo Casadei
16 Novembre 2021
Il paese africano ha chiesto aiuto alla compagnia militare privata russa Wagner a fronte della riduzione del contingente francese. Per Parigi si tratta di un'«aggressione» in piena regola
Manifestazione in Mali contro la Francia e a favore della Russia
Manifestazione in Mali contro la Francia e a favore della Russia (foto Ansa)

Continua, sempre più minaccioso, il pressing della Francia sul Mali perché la sua giunta golpista rinunci a firmare un contratto con la compagnia militare privata russa Wagner, e continua la provocatoria ostentazione da parte del governo maliano di rapporti di cooperazione militare sempre più stretta fra Bamako e Mosca.

«Inaccettabile la Wagner in Mali»

Venerdì scorso al termine di un incontro a quattro a Parigi fra i ministri degli Esteri e della Difesa francese Jean-Yves Le Drian e Florence Parly e i loro omologhi russi Sergej Lavrov e Sergej Shoigu, i primi due hanno rilasciato un duro comunicato dove si legge che

«i ministri francesi hanno espresso il carattere inaccettabile che rivestirebbe il dispiegamento di mercenari della Wagner nell’area sahelo-sahariana. Hanno ribadito i loro messaggi di fermezza per quanto riguarda i rischi di destabilizzazione regionale e di danni agli interessi della Francia e dei suoi partner impegnati nella lotta contro il terrorismo nel Sahel».

Il colpo di Stato e il parziale ritiro francese

Il giorno prima i due ministri russi si erano incontrati a Mosca con il ministro degli Esteri maliano Abdoulaye Diop per perfezionare la cooperazione militare fra i due paesi; al termine dell’incontro il ministro aveva dichiarato: «Sin dai giorni dell’indipendenza, ogni volta che il Mali si è trovato in situazioni difficili, la Russia è sempre stata con noi. Oggi ci troviamo ancora in una situazione difficile e ci rivolgiamo ancora a questo amico perché possa aiutarci a venirne fuori». Il ministro aveva poi smentito che fosse stato firmato un contratto fra il governo maliano e la Wagner o altre compagnie militari private.

I rapporti di cooperazione fra il Mali e la Francia, antica potenza coloniale del paese, si sono degradati a partire dal maggio scorso, quando il colonnello Assimi Goita ha messo in atto il secondo colpo di Stato nel giro di nove mesi, deponendo il presidente e il primo ministro di transizione nominati, dopo il golpe del 18 agosto 2020, per portare il paese alle elezioni del 27 febbraio 2022. Goita si è issato alla carica di capo dello Stato transitorio, e ha rinviato a data da destinarsi le elezioni. Nel successivo mese di giugno il presidente Macron ha annunciato che entro il 2023 la Francia avrebbe ridimensionato il suo dispositivo militare in Mali, riducendo le truppe presenti dalle 5.100 unità attuali a 2.500-3.000, e spostandole dal turbolento confine settentrionale alle località meridionali di Gao e Menaka, prossime alle frontiere rispettivamente di Niger e Burkina Faso.

Il doppio gioco della Russia

La Francia è presente in Mali con le sue forze armate dal gennaio 2013, prima con l’operazione Serval per combattere le organizzazioni terroristiche jihadiste che avevano occupato il nord del paese (Ansar Dine, Movimento per l’unicità e il jihad nell’Africa occidentale e Al Qaeda nel Maghreb islamico) e poi con l’operazione multinazionale Barkhane, che ha basi anche in altri paesi del Sahel e combatte le varie formazioni jihadiste che li tormentano (oltre alle precedenti al-Murabitun, il Gruppo di sostegno all’islam e ai musulmani, lo Stato Islamico nel Grande Sahara e Ansarul Islam). Nelle due operazioni finora la Francia ha perso 56 uomini.

Il 25 settembre scorso di fronte all’assemblea delle Nazioni Unite il primo ministro maliano Choguel Kokalla Maiga accusava la Francia di aver deciso unilateralmente di abbandonare il paese, e ammoniva che il Mali avrebbe cercato altri alleati. Immediatamente la Francia rispondeva definendo «indecenti» e «inaccettabili» le parole del primo ministro. A gettare benzina sul fuoco era il ministro degli Esteri russo Lavrov, che ai giornalisti presenti a New York diceva di essere certo che il governo maliano avesse contattato la Wagner. Era subito circolato il numero di 1.000 paramilitari che dalla Russia sarebbero scesi in Africa.

Parigi è ancora in vantaggio in Mali

La Francia era immediatamente partita in pressing: nello stesso mese di settembre il capo del dipartimento degli Affari africani del ministero degli Esteri francese in visita a Mosca aveva manifestato il malumore di Parigi; nel corso del mese di ottobre Macron in persona al telefono con Putin aveva ribadito che la Francia avrebbe considerato alla stregua di una “deliberata aggressione” una presenza militare russa in Mali, concetto confermato qualche giorno dopo da una delegazione del ministero della Difesa francese in visita a Mosca. In tutte queste occasioni i russi hanno replicato con la consueta presa di distanza dalla Wagner, che sarebbe un’entità imprenditoriale indipendente dal governo: giustificazione che nessun paese occidentale ha mai accettato.

Effettivamente contatti fra la compagnia militare privata e il governo maliano ci sono stati, ma finora le richieste economiche della prima avrebbero dissuaso il secondo dalla firma di un contratto. Il gruppo avrebbe inizialmente richiesto una somma di 9,1 milioni di dollari al mese, pari a quasi 120 milioni in un anno, per prestare i propri servizi. In alternativa al pagamento, ha proposto che gli sia affidato lo sfruttamento di tre miniere (secondo uno schema già adottato dalla compagnia in Centrafrica), ma tutte le miniere del Mali sono già date in concessione a società straniere o nazionali. Se la cifra iniziale non verrà significativamente scontata, il governo maliano non concluderà nessun accordo. In Libia, dove gli operativi della Wagner al fianco del generale Khalifa Haftar sarebbero un migliaio, la compagnia lucrerebbe 200 milioni di dollari all’anno per le sue attività.

L’arma economica

La reazione francese alle trattative maliano-russe non si è limitata ai moniti: Parigi ha sospeso la sua sovvenzione di bilancio al Mali, pari a 40 milioni di euro annui; anche i 70 milioni di euro di aiuti dell’Unione Europea sarebbero in stand-by dopo l’annuncio che le elezioni del febbraio 2022 sono già fin d’ora rinviate. Invece la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale (Cedeao), composta da 15 Stati africani fra i quali la Nigeria, ha solo deliberato sanzioni individuali contro gli esponenti di spicco del governo golpista e i loro familiari: non potranno viaggiare e le loro eventuali proprietà nei paesi della Cedeao saranno congelate.

@RodolfoCasadei

Foto Ansa

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