Terra di nessuno

La prima mattina di Maggio

Di Marina Corradi
18 Luglio 2011
L'invisibile battaglia nel cielo sopra Roma

Roma, 1 maggio. Dall’alto del colonnato del braccio Carlo Magno, dove stiamo
noi giornalisti, è più evidente
. All’orizzonte del cielo di piazza San Pietro gremita per Giovanni Paolo II beato si svolge una silenziosa inosservata battaglia. Qui splende un sole già caldo, ma alle spalle dei pellegrini, da sud ovest, una ampia cortina di nuvole sembra in marcia verso Roma. Bisogna essere quassù per vedere bene quel fronte oscuro, lontano ma non troppo: il cielo azzurro su San Pietro in festa, e quel semicerchio di nuvole gonfie, ribollenti, laggiù – come un esercito che attenda solo un ordine per attaccare. Non se ne accorgono, in piazza, i fedeli, che si riparano con cappellini e ombrelli dai raggi che cominciano a scottare – le guance chiare dei ragazzi polacchi già in fiamme. Però da qui in alto, mentre ascolti la Messa, non puoi non gettare lo sguardo ogni tanto verso la falange di nuvole bluastre, che all’orizzonte si alzano – si avvicinano, forse?

 

«Giovanni Paolo II è beato!», annuncia il Papa, e la piazza impazzisce, applaude, piange, sventola vorticosamente bandiere di tutti i colori e i paesi. Non è un istante, ma una lunga gioia, intensamente consumata. Karol Wojtyla, dice Benedetto XVI, ha aiutato i cristiani di tutto il mondo a non avere paura di dirsi cristiani. E c’è in effetti un orgoglio, una lieta fierezza nelle facce dei giovani in piazza; l’eco di una appartenenza riscoperta e felicemente confessata. È così lieta piazza San Pietro in questa prima mattina di maggio (tutto è di nuovo vero, tutto ricomincia da capo quando il volto di un uomo lascia intravedere il volto di Cristo). E come sono ben saldi sul loro baluardo i santi di pietra schierati sulla basilica e sul colonnato. Trionfanti, come soldati di un esercito antico: un altro beato si è aggregato alla loro compagnia.

 

 

Li guardi, giganteschi, da vicino: possibile che marcino proprio contro di loro le nuvole livide che si fanno e si disfano e si gonfiano all’orizzonte, quasi cercando nuovi schemi per l’attacco? Andiamo, via, è assurdo, ti dici, scacciando quel sospetto indegnamente irrazionale. Però continui a sorvegliare le nuvole, con la coda dell’occhio. Davvero strano, lo schieramento che si alza in torri, si allunga, si allarga, si sporge in avanti con una nuvola aguzza e battagliera – e però resta a distanza. Come se qualcosa o qualcuno non gli concedesse di avanzare. Il cielo sopra Roma in questo giorno di festa rimane splendido e chiaro. Quali invisibili difensori spingono indietro i cirrocumuli arroganti che premono, cupi, messaggeri del buio? E ora la Messa è finita, e l’esercito delle nuvole ha perduto la sua  battaglia. «Non praevalebunt», pensi, e sorridi. Via, è davvero impossibile, ti ripete severa la tua anima tardopositivista. Eppure: questa gran festa per Wojtyla il gigante, e quel fronte nero che premeva, ma non riusciva a sfondare. Segni cifrati forse attorno a noi, in terra e in cielo; e noi che abbiamo perduto la chiave dei segreti codici, noi distratti.

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