La porta d’Oriente

Di Cwalinski Vladek
18 Ottobre 2007
Pragmatica custode dei propri interessi commerciali e baluardo della cristianità. Così Venezia si avvicinò al mondo islamico. Una storia millenaria e per niente buonista

Da una Madonna in trono col bambino che reca sul manto arabeschi tipici dell’arte islamica, fino agli ambasciatori della Repubblica immortalati nell’arrivo a Damasco da un anonimo veneziano. È correndo attraverso l’arte dei secoli con il respiro profondo della storia che la mostra Venezia e l’islam ha scelto di raccontare il rapporto millenario e pragmatico che lega la città lagunare all’Oriente.
La “Serenissima” diventò l’avamposto dell’Impero bizantino nell’Adriatico sin dall’828. Quell’anno due suoi mercanti, Bono da Malamocco e Rustico da Torcello, riuscirono a trafugare le spoglie di San Marco da una chiesa copta di Alessandria d’Egitto e a portarle in patria via mare al doge Giustiniano Partecipazio. Il suo successore, Giovanni, fece costruire, con l’aiuto di maestranze bizantine, la basilica palatina di San Marco, destinata ad ospitare le reliquie del santo. Venezia inizia così ad affermarsi sempre di più sugli altri centri urbani dediti al commercio, come Pisa e Genova. Con l’emissione della Crisobolla (1082) da parte dell’imperatore bizantino, la città si aggiudica i privilegi commerciali sulle rotte d’Oriente per aver combattuto i corsari saraceni nell’Adriatico. “Figlia prediletta” di Costantinopoli, capitale dell’Impero romano d’Oriente, Venezia ebbe una vocazione sostanziale, non teorica, al commercio in tutto l’Adriatico, il Mediterraneo, il Mar Nero, il Mar Caspio, l’Africa Settentrionale, il Golfo Persico, la Persia e seguendo la via della seta, l’India e la Cina. Così diventò la “porta d’Oriente”, capitale del nascente impero della Serenissima. Nel frattempo l’Oriente conosceva l’inizio dell’era musulmana, con l’egira di Maometto dalla Mecca a Medina (622). L’espansione islamica nel bacino del Mediterraneo fu aggressiva e fulminea, con la conquista, dal 638, della Terra Santa. A Oriente l’islam giunse fino ai confini dell’India, in Occidente, invase la Sicilia, conquistata nel 902.
È in questo momento della storia, con la prima crociata bandita nel 1095 e culminata con la presa di Gerusalemme nel 1099, che Venezia si ritrova a dover difendere allo stesso tempo la cristianità e i propri interessi commerciali. Un “conflitto di interessi” che in realtà segna in maniera feconda tutta la storia della vicinanza tra la città dei Dogi e il mondo musulmano. I rapporti tra Venezia e l’Oriente, infatti, non furono mai orientati allo scontro a priori, ma basati su una pragmatica abilità politica e sulla strenua difesa degli interessi commerciali. L’impero veneziano, infatti, almeno fino alla sua espansione in terraferma, dal 1404, fu prevalentemente costituito da fondaci, ossia edifici commerciali, disseminati in tutti i punti strategici del Mediterraneo fino in Estremo Oriente. Venezia, grazie a una diplomazia camaleontica e a un innato senso degli affari, diventò presto l’interlocutore più rispettato nell’Oriente islamico.
La Serenissima vantava una conoscenza diretta e profonda di costumi, religione, filosofia, scienza, tecniche e arti del mondo islamico. Inoltre, nel corso di quegli anni essa assunse sempre più l’aspetto d’una città orientale ma cristiana, nell’architettura e in alcune pratiche artistiche, come la lavorazione delle stoffe e del vetro, apprese direttamente dai musulmani. Questo ruolo di difesa dei cristiani nel Mediterraneo divenne decisivo dopo il 1453, quando Costantinopoli finì in mano ai turchi Ottomani che la chiamarono Instanbul. L’alleanza antiturca stipulata con la Persia e la successiva guerra dei Mamelucchi agli Ottomani fu un capolavoro politico della diplomazia veneziana. Ma non mancarono anche i momenti terribili come nel XVI secolo quando l’impero Ottomano arrivò nel cuore dell’Europa minacciando Vienna per venire poi sconfitto nella famosa battaglia di Lepanto (1571), che ridimensionò le pretese ottomane per più d’un secolo.
È questa storia millenaria di scambi commerciali e conoscenze che emerge attraverso le sfumature dei dipinti, i fregi delle miniature, le trame dei tessuti e dei tappeti che Venezia e l’Islam raduna nella cornice, non a caso orientale, di Palazzo Ducale (fino al 25 novembre). Tra le numerose opere esposte il Seggio di San Pietro ornato da versetti del Corano, donato dall’imperatore bizantino alla Serenissima per aver salvato la Sicilia dagli arabi, che la tradizione vuole fosse realmente quello di San Pietro. Vi sono anche dipinti come la Madonna in trono col Bambino (1369) che reca sul manto arabeschi dell’arte islamica, oppure scudi da parata, elmi e custodie con frecce risalenti all’epoca della battaglia di Lepanto. Suggestive sono anche le carte nautiche come il Portolano (1421) di Francesco de Cesanis che documenta quale fosse l’intricatissima rete dei possedimenti veneziani lungo le coste, e la profonda conoscenza delle rotte navali. Notevoli anche i numerosi tappeti, come quello con i draghi (1700 ca.) proveniente dalla Transcaucasia orientale o quello Mamelucco (1541 ca.) donato dagli arabi alla Scuola grande di San Rocco, importati a Venezia da tutto l’Oriente. I vetri smaltati, come i bicchieri (XIII-XIV sec.) erano ornati con grifoni, cammelli, o la lampada da Moschea (1329-1335 ca.) provenivano dal Cairo o la Coppa (IX-X sec.), con montatura bizantina (X-XI sec.), la cui tecnica di lavorazione fu appresa direttamente dal vicino Oriente e importata a Murano. Venezia, erede di Bisanzio, fu dunque una sorta di “membrana osmotica” tra la cristianità e l’islam: belligerante nei momenti di minaccia politica e tuttavia sempre aperta a ciò che di valido e interessante giungeva da Oriente.

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