La politica non salva l’uomo

Di Giorgio Vittadini
19 Febbraio 2004
C’è un pericolo ricorrente per i cattolici che guardano la vita sociale.

C’è un pericolo ricorrente per i cattolici che guardano la vita sociale. Si può sintetizzare in questo slogan di vecchia memoria: «La politica non salva l’uomo». è quello che si ripeteva anni fa a chi pensava al comunismo come la possibile liberazione dai mali sociali, dall’ingiustizia e dallo sfruttamento. Si diceva, fin negli oratori: non è cambiando le strutture dello Stato e chi comanda, che cambierà la vita della gente se non cambia il loro cuore; si riprodurrà la stessa violenza e lo stesso sfruttamento. Le vicende del mondo, sino alla caduta del Muro e oltre, lo hanno dimostrato e lo dimostrano drammaticamente. Tuttavia, proprio i cattolici, non paghi di tali evidenze storiche, ritornano a proporre la stessa utopia. Infatti tutte le forme di teologia della liberazione, il cattocomunismo, il pauperismo, pur rinunciando all’ideologia comunista, contengono in nuce lo stesso vizio: cercano di credere all’inganno della società dei puri, delle mani pulite, contro quella degli impuri, in cui una parte della società senza peccato originale giudica l’altra. Questo mito può andare bene solo a certi giornali che si dicono indipendenti ma sono espressione di qualche potente. Tuttavia lo stesso pericolo può essere presente anche a destra. Vi sono cattolici che, denunciando il vizio presente a sinistra, si comportano in modo analogo: non parlano che del cambiamento portato da un partito, da uno schieramento, da un nuovo demiurgo. Anche loro, quando parlano di società magnificano solo la capacità dei governi. Certo, sono mossi anche da una sincera e a volte commovente devozione, testimoniata con coraggio e coerenza. Ma sembra che per molti di loro non esista nulla oltre alla devozione e alla politica. Che il desiderio dell’uomo, che la fede del credente, costruiscano opere, è irrilevante. Che la tradizione dei cattolici si manifesti, prima che nei partiti, nella costruzione dal basso di tentativi di vita nuova, in una sussidiarietà capace di sviluppo e carità, è tutt’al più un esempio di buon comportamento, lodevole ma ininfluente.
Il problema non è solo di identità, è anche di realismo. Cosa deve fare chi tra i cattolici non si accontenta di approcci ideologici e “televisivi” alla politica e all’economia? Cosa deve fare chi di fronte all’incontrovertibile crescita 0 del Pil non vuole lasciarsi ipnotizzare né dalle ideologie degli uni, né dalle parzialità e forzature degli altri? Come ci si può accontentare di dati superficiali in cui l’occupazione temporanea è equiparata a quella stabile, lo stato delle piccole e medie imprese è ignorato, l’esistenza o meno di un investimento in tecnologia è trascurato? Per qualunque schieramento, soprattutto per quelli che si ispirano alla libertà, è molto più utile un cattolico libero e critico, non ridotto ad un’appartenenza politica. è molto più utile un’amicizia che aiuta a cambiare che tanti soldatini inamidati. La politica non salva l’uomo…
*Presidente Fondazione per la Sussidiarietà

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